diAndrea Galli
L’inchiesta a Como su droga e usura gestite dalla ’ndrangheta. Tutte le strategie dei criminali per avere dalle banche centinaia di migliaia di euro
Pura imprenditoria criminale. Che prende soldi in qualsiasi modo: con lo strozzo – e le minacce di morte e i pestaggi – oppure entrando nelle banche in giacca e cravatta, da clienti. Altamente fregandosene dei rischi di venire scoperti. Al massimo, com’è successo nel caso della recente inchiesta della Questura di Como su droga e usura gestite dalla ’ndrangheta, un’inchiesta culminata nei trenta arresti di martedì 28 giugno, arriva qualche anno di galera. Che nell’esistenza d’un uomo legato alle cosche, prima o poi, ci sta, dov’è il problema? Gli inquirenti che comandano le indagini, quelli della Direzione distrettuale antimafia di Milano, non hanno al momento isolato responsabilità dei dipendenti e della dirigenza dell’istituto di credito che andiamo a introdurre.
Le due società
Dal punto di vista penale, è uno in particolare, come evidenziato dal gip, l’imputato coinvolto in questa storia: trattasi di Marco Bono, 49enne nato a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, e residente a Cadorago, nella bassa provincia lariana. Personaggio operativo è stato però Ricky Vincenzo Favale, milanese 41enne, domiciliato nell’Alessandrino, uno dei prestanome di due aziende, la Forom e la G.R. Energy. La Forom è una società a responsabilità limitata con socio unico, ha sede legale a Firenze e un capitale sociale di un milione e 200mila euro; la G.R. Energy è una società in nome collettivo, parimenti con sede a Firenze, anzi col medesimo indirizzo della precedente (in viale Belfiore 10); entrambe le ditte si occupano di commercio all’ingrosso di gomme, ricambi e accessori per macchine e mezzi agricoli.
Ebbene, attraverso un corposo e composito elenco di azioni – formazioni fittizie di capitali sociali, falsi in bilancio, emissioni di fatture per operazioni inesistenti, truffe, appropriazioni indebite –, e altresì attraverso l’aiuto di notai collusi, i balordi sono riusciti a conseguire «ingenti finanziamenti da istituti bancari e intermediari finanziari sotto forma di mutui o operazioni di factoring». (Il factoring è un contratto che permette di cedere i propri crediti per ottenerne subito il valore nominale).
L’istituto di credito
Rivolgendosi alla Banca Progetto, in queste indagini totalmente estranea a ogni addebito, conviene rimarcarlo, in riferimento alla Forom gli ’ndranghetisti hanno beneficiato della concessione di un importo complessivo di 690mila euro da rimborsare in 72 rate mensili. Nel rilevare che «la Banca non ha alcun obbligo di verificare l’effettiva destinazione delle somme mutuate», il gip riporta alcuni passaggi dell’esame del medesimo istituto di credito sulla Forom: «Il progetto è quello di dotarsi di attrezzature per il cambio gomme e manutenzione al fine di offrire un servizio ai numerosi clienti (padroncini che lavorano per Amazon) che lasciano i mezzi presso i loro capannoni… È prevista una quota di liquidità che è necessaria per dotarsi di un piccolo magazzino di pneumatici e materiale di consumo per le manutenzioni veloci… Si evidenzia che nell’analisi del bilancio viene sottolineato come la dotazione patrimoniale della società sia consistente e in continuo miglioramento… L’analisi finale del progetto, basata in estrema sintesi sui dati di bilancio e sulle prospettive future della società, fornisce parere favorevole al rilascio del finanziamento…». Soldi chiesti, soldi ricevuti. In agio. Anche troppo. Forse.
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