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Le percentuali di invalidità civile sono un parametro cruciale per determinare la riduzione della capacità lavorativa di una persona e, di conseguenza, l’accesso a vari bonus e agevolazioni. Questo articolo esplora come vengono assegnate queste percentuali e quali benefici possono derivarne.

Che cos’è l’Invalidità?

L’invalidità civile si riferisce alla riduzione della capacità lavorativa dovuta a una menomazione fisica o psichica. Per le persone non in età lavorativa (minorenni e over 65), l’invalidità è valutata in base alla capacità di svolgere i compiti e le funzioni appropriate per l’età.

Il processo di valutazione

L’assegnazione delle percentuali di invalidità avviene tramite una visita di controllo presso la Commissione medica dell’ASL, su disposizione dell’INPS. La commissione deve seguire le linee guida stabilite dal decreto del Ministero della Sanità del 5 febbraio 1992, che specifica le percentuali di invalidità in base a diverse minorazioni e malattie invalidanti.

Soglia minima per il riconoscimento dell’Invalidità

Per essere riconosciuto come invalido civile, la capacità lavorativa deve essere ridotta di almeno un terzo, quindi superiore al 33%. Tuttavia, questa percentuale minima garantisce solo tutele limitate, con i benefici che aumentano in relazione all’aggravarsi dell’invalidità.

Invalidità e agevolazioni

A seconda della percentuale di invalidità riconosciuta, cambiano i diritti e le agevolazioni. Vediamo nel dettaglio cosa spetta alle diverse categorie di invalidità.

Invalidità paro o superiore al 33%

Chi ha un’invalidità riconosciuta pari o superiore al 33% ha diritto a protesi e ausili correlati alla patologia riconosciuta e, indipendentemente dalla percentuale, può ottenere il contrassegno per parcheggi per disabili.

Invalidità superiore al 45%

Chi possiede un’invalidità superiore al 45% può beneficiare del collocamento mirato previsto dalla legge n. 68/99. Questa legge offre accesso a servizi di sostegno e di collocamento specificamente dedicati ai disabili.

In particolare, hanno diritto all’iscrizione nelle categorie protette:

  • Le persone in età lavorativa con minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e coloro che hanno un handicap intellettivo, con un’invalidità (riduzione della capacità lavorativa) superiore al 45%.
  • Gli invalidi del lavoro con un’invalidità accertata dall’Inail superiore al 33%.
  • I ciechi assoluti o coloro con un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi.
  • I sordomuti, ossia le persone colpite da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della parola.
  • Le persone che ricevono un assegno d’invalidità civile, in seguito all’accertamento da parte dell’Inps di una riduzione permanente della capacità lavorativa a meno di 1/3.
  • Gli invalidi di guerra, gli invalidi civili di guerra e gli invalidi per servizio con minorazioni ascritte dalla 1° all’8° categoria.

Inoltre, i lavoratori con invalidità civile superiore al 45% possono essere inclusi nelle quote di riserva relative alla legge sul collocamento obbligatorio, a condizione che siano assunti con un contratto part-time di almeno il 50% più un’ora (ad esempio, con un orario ordinario di 40 ore settimanali, sono sufficienti 21 ore settimanali).

Invalidità superiore al 50%

I lavoratori dipendenti con un’invalidità riconosciuta superiore al 50% possono usufruire di un congedo per cure relative alla loro infermità, per un massimo di 30 giorni all’anno. Questo congedo è retribuito come le assenze per malattia, ma non viene conteggiato nel periodo di comporto, ovvero il periodo massimo di conservazione del posto di lavoro. Tuttavia, i costi sono a carico dell’azienda, quindi la possibilità di ottenere questo permesso dipende dal contratto collettivo di riferimento.

Invalidità superiore al 60%

Per un’invalidità superiore al 60%, i lavoratori dipendenti possono essere inclusi nella quota di riserva dell’azienda presso cui sono assunti, indipendentemente dall’orario del contratto. Questo beneficio non è riconosciuto se l’invalidità è stata causata da un inadempimento del datore di lavoro.

Invalidità superiore ai 2/3 (67%)

Chi possiede un’invalidità superiore ai 2/3 (pari ad almeno il 67%) ha diritto all’esenzione totale dal ticket per le prestazioni specialistiche e per la diagnostica strumentale. Inoltre, può beneficiare di agevolazioni per il pagamento dei medicinali prescritti con ricetta medica.

I dipendenti pubblici con un’invalidità superiore ai 2/3 hanno diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili.

Sebbene un’invalidità civile del 67% non consenta l’anticipo della pensione, esiste una misura che supporta l’invalido fino al pensionamento senza richiedere la cessazione dell’attività lavorativa: l’assegno ordinario di invalidità. Per ottenere questo assegno, è necessaria una riduzione della capacità lavorativa superiore ai due terzi, oltre ad altri requisiti, tra cui almeno 5 anni di contributi, di cui almeno 3 versati nei 5 anni precedenti la domanda.

L’assegno ordinario di invalidità è accessibile sia ai lavoratori autonomi che ai dipendenti del settore privato, ma non è disponibile per i dipendenti pubblici, che hanno a disposizione altre misure per l’inabilità lavorativa.

Invalidità pari o superiore al 74%

Chi possiede un’invalidità riconosciuta pari o superiore al 74% ha diritto a un assegno di assistenza fino all’età pensionabile di vecchiaia (67 anni nel 2023). L’importo dell’assegno è di 333,33 euro mensili, con un limite di reddito annuo di 5.725,46 euro (valori del 2024).

Per ottenere la pensione d’invalidità civile è necessario essere disoccupati, ma non è richiesto il pagamento di un minimo di contributi all’Inps, a differenza dell’assegno d’invalidità ordinario. Questa prestazione è incompatibile con qualsiasi pensione diretta d’invalidità dell’assicurazione generale obbligatoria, così come con tutte le prestazioni pensionistiche d’invalidità per cause di guerra, lavoro o servizio, comprese le rendite Inail. In tali casi, l’interessato può comunque scegliere il trattamento più favorevole.

Oltre alla pensione d’invalidità civile, chi ha un’invalidità di almeno il 74% può accedere a due importanti benefici pensionistici:

  • Ape sociale: un anticipo pensionistico a carico dello Stato che permette di uscire dal lavoro già a 63 anni. Per l’Ape sociale sono richiesti almeno 30 anni di contributi, con una riduzione contributiva per le donne di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni.
  • Pensione anticipata per i lavoratori precoci: consente di andare in pensione con 41 anni di contributi, purché si abbiano almeno 12 mesi di contribuzione effettiva versati prima del compimento dei 19 anni. Tuttavia, questa agevolazione non si applica a chi, al 31 dicembre 1995, non aveva ancora maturato contributi.

Invalidità pari o superiore al 75%

Per chi possiede un’invalidità riconosciuta pari o superiore al 75% sono previsti benefici pensionistici specifici: per ogni anno lavorato vengono accreditati due mesi di contributi in più, fino a un massimo di cinque anni. Questa maggiorazione contributiva si applica a partire dalla data di riconoscimento dell’invalidità pari o superiore al 75%.

Inoltre, se nel nucleo familiare è presente almeno una persona con invalidità superiore al 74%, è possibile richiedere l’Assegno di inclusione, un sostegno economico che ha sostituito il Reddito di cittadinanza per le famiglie in difficoltà economica. È sufficiente anche un’invalidità superiore al 45%, ma in questo caso è necessaria la presa in carico da parte dei servizi socio-sanitari territoriali.

Invalidità pari o superiore all’80%

Per chi ha un’invalidità pari o superiore all’80%, il decreto Amato (D.lgs. 503/92) prevede l’accesso anticipato alla pensione di vecchiaia: le donne possono andare in pensione a 56 anni, mentre gli uomini a 61 anni. È richiesta una finestra mobile di 12 mesi a partire dalla data di maturazione dei requisiti. Questo beneficio è riservato ai dipendenti del settore privato e richiede uno specifico riconoscimento da parte dell’Inps, oltre all’invalidità civile.

Invalidità del 100%

Chi è invalido al 100%, o inabile, può usufruire dei seguenti benefici:

  • Pensione per invalidi civili totali (pensione d’inabilità civile): concessa a chi ha un reddito annuo fino a 19.461,12 euro (valore riferito al 2024). Questa prestazione è compatibile, entro il limite di reddito, con l’assegno ordinario d’invalidità. L’importo della pensione è lo stesso della pensione d’invalidità civile, ovvero 333,33 euro mensili per il 2023. Non è richiesto lo stato di disoccupazione per ottenere questo trattamento.
  • Pensione d’inabilità: oltre all’invalidità del 100%, è necessario il riconoscimento dell’inabilità permanente e assoluta a qualsiasi attività lavorativa. Sono richiesti almeno 5 anni di contributi, di cui 3 accreditati nell’ultimo quinquennio. Il trattamento è calcolato come una pensione, ma con una maggiorazione contributiva.
  • Pensione d’inabilità per i dipendenti pubblici: riconosciuta senza maggiorazione ai dipendenti pubblici considerati inabili alle mansioni o al proficuo lavoro (capacità di prestare servizio in maniera continuativa ed efficace). Sono richiesti un minimo di 15 o 20 anni di contributi, a seconda della categoria di appartenenza e del tipo d’inabilità.
  • Assegno d’accompagnamento: gli invalidi al 100% non autosufficienti, che non possono compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza o che non possono deambulare senza l’aiuto di un’altra persona, hanno diritto all’indennità di accompagnamento, pari a 531,76 euro mensili (importo adeguato annualmente). L’assegno è riconosciuto senza limiti di reddito.

Conclusioni

La valutazione dell’invalidità civile è un processo rigoroso e strutturato che determina l’accesso a una vasta gamma di benefici e agevolazioni. Conoscere esattamente a quali benefici si ha diritto può aiutare le persone invalide a ottenere il supporto necessario per migliorare la loro qualità di vita.

 

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