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Un altro schiaffo ai giovani. Agli studenti under 36 che solo pochi mesi fa protestavano piazzando le tende fuori gli atenei e che forse sognavano, un giorno, di poter acquistare casa anche per liberarsi del caro affitti, la manovra riserva un regalo sgradito per il 2024. La legge di Bilancio appena approvata dalla maggioranza che sostiene il Governo di Giorgia Meloni non ha infatti prorogato le agevolazioni per l’acquisto della prima casa riservate agli under 36, o quantomeno quelle più sostanziose, gli sgravi fiscali e la riduzione degli oneri notarili. L’unica misura che ha trovato conferma nella finanziaria è la proroga della garanzia statale sui mutui al 50%, che per i giovani sale fino all’80% dell’importo mutuato. Fermo restando un punto: che in caso di morosità, sarà lo Stato al posto della banca erogatrice a riscuotere comunque tutto il dovuto. 

Dall’anno prossimo quindi i giovani che vorranno comprare la loro abitazione dove stabilire la residenza potranno godere della copertura dello Stato, attraverso Consap, la Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Secondo i dati più recenti diffusi dalla società, dal 1° gennaio al 31 agosto 2023 sono pervenute quasi 50mila domande di accesso al Fondo prima casa. Il fondo prevende una garanzia pubblica al 50% per importi fino a 250mila euro per l’acquisto di una prima abitazione. La legge, in particolare il Decreto Sostegni Bis, ha poi allargato la garanzia fino all’80% per alcune categorie di cittadini, ma in particolari a giovani con un Isee inferiore ai 40mila euro. Tra le domande di accesso al fondo nel primo semestre 2023, il 63% è riconducibile a richieste per la garanzia all’80%, tipologia utilizzata quasi esclusivamente da giovani under 36, ha rilevato Consap.

Questa misura dedicata alle fasce giovanili è stata rinnovata dalla legge di Bilancio appena approvata dai due rami del Parlamento, e sarà quindi a disposizione per tutto il prossimo anno. Si tratta tuttavia di un timido sostegno in un contesto finanziario particolarmente difficile per il mercato immobiliare, zavorrato dall’incremento dei tassi di interesse che ha fatto lievitare i costi di finanziamento e crollare le richieste di mutuo. Le compravendite sono crollate: secondo i dati del Consiglio Nazionale del Notariato, nei primi sei mesi del 2023 si è registrato in Italia un calo dell’8,7% delle compravendite di abitazioni (da 303.375 a 277.052) rispetto allo stesso periodo del 2022. Il numero delle transazioni è diminuito progressivamente nel corso dei mesi, avendo registrato un segnale negativo del 2,7% nel primo bimestre 2023, del 4,8% nel primo trimestre 2023 e del 12% nel secondo trimestre 2023. E in attesa di nuovi dati disponibili, si presume che il trend sia proseguito anche nella seconda metà dell’anno, quello in cui i tassi di interesse hanno raggiunto il picco. 

Perché il collasso delle vendite è trainato naturalmente da quello dei mutui: per l’acquisto della casa nei primi sei mesi del 2023 sono diminuiti del 29,5% rispetto allo stesso periodo del 2022. Nel primo trimestre 2023 la diminuzione dei prestiti bancari è stata pari al 25,9% per accentuarsi nel secondo trimestre con una diminuzione del 32,6%. il trend di riduzione a doppia cifra dei mutui concessi (-29,5%) rispetto al calo delle compravendite (-8,7%) evidenzia quindi “come l’aumento dei tassi di interesse abbia portato le persone ad utilizzare maggiormente i propri capitali rispetto a forme di finanziamento”.

Quanto ai giovani, la fascia d’età tra i 18 e i 35 anni che copre più di un terzo dei finanziamenti concessi (38,6%), vedono ridurre nei primi sei mesi 2023 il numero di mutui concessi del 28,1%, un dato leggermente inferiore alla riduzione media del numero dei mutui concessi nel semestre ma comunque piuttosto marcato. Chi invece non ha risentito dell’effetto tassi è il mercato delle seconde case tra i privati, al quale la politica monetaria adottata dalla Bce non ha fatto nemmeno un graffio, restando stabile rispetto al primo semestre 2022. 

Come sempre, chi paga maggiormente le conseguenze delle politiche restrittive sono le fasce deboli. Come i giovani, alle prese già con il caro affitti delle città dove studiano fuori sede, ai quali fino a quest’anno era tuttavia riservata un’altra agevolazione, se di età inferiore ai 36 anni e con un Isee inferiore ai 40mila euro: lo sgravio fiscale delle imposte per l’acquisto della prima casa. In particolare l’imposta catastale e l’imposta ipotecaria, ma soprattutto l’imposta di registro che per la prima casa ammonta al 2% del valore dell’immobile. Si tratta, quest’ultima, della spesa maggiore da sopportare nell’elenco dei costi annessi alla compravendita di un immobile tra privati. 

Invece, nel caso di acquisto da soggetto Iva, ad esempio di un appartamento di nuova costruzione direttamente dal costruttore, l’agevolazione under 36 prevedeva il riconoscimento anche un credito d’imposta di ammontare pari al tributo corrisposto in relazione all’acquisto, pari al 4%. Non solo: in caso di acquisto con mutuo, ai giovani under 36 veniva inoltre azzerato il versamento dell’imposta sostitutiva, che per la prima casa ammonta allo 0,25% dell’importo mutuato. Infine, il sostegno dello Stato dedicato ai giovani prevedeva anche una riduzione degli oneri notarili da versare al Notaio rogante. 

Insomma, un bel sostegno che è venuto a mancare ai giovani proprio nel momento in cui sono stretti nella morsa immobiliare: da un lato gli affitti sempre più alti, con prezzi stellari anche per stanze minuscole nelle aree universitarie delle grandi città, per i quali la manovra stanzia solo sei milioni nel Fondo affitti studenti fuori sede; dall’altro la quasi impossibilità senza le dovute garanzie dei genitori ad accedere a mutui sempre più costosi, con tassi che solo ora si inizia a sperare possano scendere sotto il 4%, una soglia che nell’ultimo anno ha praticamente piantato il mercato delle compravendite. 

Il capitolo casa della manovra è piuttosto scarno di risorse e prevede misure che alimenteranno le pressioni al rialzo sui prezzi: sale infatti la cedolare sugli affitti brevi (al 26%, escluso però il primo immobile in locazione) mentre viene allargata la priorità nell’accesso al Fondo mutui per la prima abitazione per le famiglie numerose. Viene inoltre dato più tempo (fino al 15 gennaio 2024) ai Comuni ritardatari per fissare le aliquote Imu. Se la giovane coppia che vuole mettere su famiglia in una nuova casa, poi, si allargherà con l’arrivo di figli dovrà tenere conto anche dell’aumento Iva dal 5 al 10% sui prodotti dell’infanzia, latte artificiale e pannolini, e sui prodotti intimi femminili.

Di buono nella legge di Bilancio c’è la maxi deduzione per le assunzioni a tempo indeterminato, che sale ulteriormente per mamme o donne disoccupate, giovani ed ex beneficiari del Reddito di cittadinanza, fino a toccare il 130%. Ma è destinata ai datori. E c’è il mese aggiuntivo di congedo parentale all’80% dello stipendio, rispetto al 30%, finanziato solo per il 2024. Ma salvo qualche piccola misura, per i giovani il Governo Meloni ha stanziato ben poco. Una manovra segnata dall’austerità, che mal si concilia con la retorica sovranista che vorrebbe combattere il calo demografico con l’incremento delle nascite. 

 

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