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Con la sentenza 28416/2022 , la Sesta sezione della Cassazione Penale ha statuito un principio di diritto che senza alcun dubbio rappresenta un fondamentale strumento interpretativo della norma di cui all’art. 316-bis c.p.

La Suprema Corte, infatti, ha stabilito che in tema di legislazione emergenziale volta al sostegno delle imprese colpite dalla pandemia da Covid-19, è configurabile il reato di cui all’art. 316- bis c.p. nel caso in cui, successivamente all’erogazione (da parte di un istituto di credito) di un finanziamento assistito dalla garanzia rilasciata dal Fondo per le Pmi (ai sensi dell’art. 13 lett. m, D.L. 23/2020 , c.d. “decreto liquidità” – convertito con modificazioni nella L. 40/2020), gli importi erogati non vengano destinati alle finalità cui detto finanziamento è destinato per legge.

La norma codicistica in questione recita:

“Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, destinati alla realizzazione di una o più finalità, non li destina alle finalità previste, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni“.

La sentenza in esame trae origine dal ricorso dell’indagato (avverso il sequestro preventivo) che ha utilizzato i fondi erogati per spese personali, non afferenti alle esigenze di liquidità della propria azienda.

Il Tribunale del riesame adito, infatti, ha accolto la richiesta presentata dall’indagato avverso il sequestro disposto, in quanto le somme percepite non erano erogate dall’ente pubblico, bensì dall’Istituto di credito (privato): le risorse quindi avrebbero carattere privatistico, trasferite in conseguenza del mutuo contratto (assistito da garanzia statale).

Venivano infatti dal medesimo Tribunale individuati due rapporti distinti: quello principale di mutuo, privatistico, e quello accessorio di garanzia (che vede coinvolto lo Stato). In tal senso, il coinvolgimento dello Stato è meramente eventuale.

Tale impostazione non viene condivisa dal Pubblico Ministero, che ha quindi proposto ricorso in Cassazione avverso tale ordinanza, sulla base della circostanza che l’Istituto di Credito non avesse operato (nella erogazione del mutuo) secondo parametri di mercato e imprenditoriali consueti di mercato, bensì l’erogazione fosse avvenuta in ragione della garanzia offerta dallo Stato.

Il Procuratore Generale presso la Cassazione ha mantenuto questa linea di pensiero, in quanto il Fondo centrale di garanzia (Fondo PMI) è una articolazione del Ministero per lo Sviluppo Economico e tale modalità di finanziamento rappresenta un aiuto pubblico concesso alle imprese.

Va rilevato in primis che la Suprema Corte ha evidenziato con chiarezza che mancano specifiche fattispecie di reato per le condotte fraudolente commesse per l’erogazione del credito garantito sulla base del c.d. “decreto liquidità”; occorrerà, pertanto, applicare il sistema del Codice Penale per la sanzione delle frodi nella concessione degli incentivi pubblici.

Si esplica quindi appieno (con la presente sentenza) la funzione nomofilattica della Cassazione, nel senso che la Suprema Corte fornisce un indirizzo interpretativo “uniforme” per mantenere, nei limiti del possibile, l’unità dell’ordinamento giuridico, attraverso una sostanziale uniformazione della giurisprudenza nella applicazione del diritto.

La sezione Sesta ha fondamentalmente accolto l’orientamento della Procura Generale sopra descritto, con alcune fondamentali precisazioni. La garanzia pubblica ha infatti rappresentato uno strumento che consente alle banche di erogare finanziamenti garantiti; in particolare, i finanziamenti minimi (inferiori a € 30.000, come nel caso di specie) necessitano solo di un’autocertificazione. La garanzia del Fondo copre in tal caso il 100% del finanziamento.

In altri termini: il rilascio della garanzia è automatico e la verifica da parte dell’istituto di credito è meramente formale.

A nulla vale l’osservazione difensiva (che trovava appiglio in precedente sentenza, la 22119/2021, rimasta peraltro isolata) che il denaro erogato sia privato e manchi quindi la DIRETTA erogazione da parte dello Stato. In altri termini: la garanzia concessa dal Fondo Centrale di Garanzia è configurata come una vera e propria EROGAZIONE, di talché è una vera e propria forma di AIUTO PUBBLICO nella forma di agevolazione di accesso al credito.

La ragione risiede non tanto e non solo nella sussistenza della garanzia pubblica, ma anche in ragione del fatto che il finanziamento erogato dalla Banca è normato in maniera cogente: è lo Stato a stabilire le condizioni e le modalità di erogazione (che quindi si collocano al di fuori della contrattazione privatistica usuale bancaria).

Per tale ragione – chiosa la sentenza de quo – l’ausilio economico deve ritenersi ottenuto dallo Stato nel perseguimento di specifiche finalità di pubblico interesse.Senza la garanzia prestata dallo Stato e senza la normativa prevista, il prestito infatti non sarebbe stato concesso o sarebbe stato concesso con modalità differenti. In particolare, la garanzia pubblica viene ricondotta al concetto di “contributi, sovvenzioni o finanziamenti” indicati all’art. 316-bis c.p.

In tal senso, la norma rappresenta una prescrizione parallela all’art. 640-bis c.p., operante però in fase diversa (esecutiva e non percettiva, come invece nella truffa in danno dello Stato di cui al 640-bis c.p.). La locuzione sopra indicata (contributi, finanziamenti o sovvenzioni) non restringe affatto l’ambito operativo della norma, ma ne rappresenta l’intera elencazione delle erogazioni pubbliche: la dottrina ha infatti sempre sottolineato che tale elencazione esaurisce appieno le forme di erogazione.

Conclusivamente, pertanto, nella condotta di colui che percepisce un finanziamento destinato ad attività di interesse pubblico, e lo destina ad altre finalità, si rileva il reato ex art. 316-bis c.p. sotto un duplice profilo: a) le modalità di erogazione del finanziamento (ancorché privato) che è cogentemente normato e su cui pertanto non si applicano le condizioni di mercato usuali dell’Istituto di Credito; b) la garanzia pubblica fornita in sede di erogazione, che costituisce una forma di AIUTO PUBBLICO.

*a cura dell’avv. Antonino La Lumia (Founding Partner – Lexalent) e dell’avv. Silvia Castellari (Partner Accolla e Associati)

 

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