I prestiti alle imprese in Italia decrescono, mentre negli altri principali Paesi europei aumentano.
Alla fine di maggio in Italia il credito alle imprese è sceso su base annua del 2,3%, mentre in Germania è cresciuto del 7,7% e in Francia del 6,2%. La media dell’Eurozona ha fatto registrare un aumento del 4% su base annua e tra i principali Paesi europei solo la Spagna, anche se in misura minore rispetto all’Italia, è risultata in calo (-1,4%). Sono questi i dati, contrastanti rispetto all’andamento del Pil, che emergono da un rapporto dell’investment bank Jefferies sulla base degli ultimi dati della Bce aggiornati a fine maggio.
Stretta monetaria e finanziamenti
La Banca Centrale europea, nel suo ultimo bollettino mensile, non ha offerto spiegazioni sul diverso andamento dei prestiti nei vari Paesi europei limitandosi a osservare che in generale «l’orientamento restrittivo della politica monetaria si sta trasmettendo alle condizioni di finanziamento bancario, con l’aumento dei tassi sui prestiti e l’inasprimento dei criteri per la concessione del credito». Il rallentamento dei finanziamenti bancari alle imprese, sempre secondo il bollettino Bce che fa riferimento ai dati di fine aprile, è da attribuire «a una domanda di prestiti più debole e all’inasprimento dei criteri di concessione del credito».
La divaricazione con il Pil
Se questo trend è valido per l’Europa in generale, perché l’Italia è il Paese che registra il miglior dato sulla crescita del Pil ma anche il peggiore sull’offerta di prestiti alle imprese? I motivi principali, secondo gli analisti interpellati da IlSole24Ore, sarebbero tre. Il primo riguarda le condizioni disomogenee dei settori dell’economia nei vari servizi. «Il comparto manifatturiero continua a indebolirsi, anche a causa della minore domanda mondiale e delle condizioni di finanziamento più restrittive nell’area dell’euro – scrive Bce nel suo bollettino – mentre i servizi continuano a mostrare capacità di tenuta». Poichè il comparto manifatturiero origina maggior domanda di credito rispetto a quello dei servizi, da questa disomogeneità dei settori origina una prima spiegazione dell’anomalia italiana nel divario tra andamento del credito e del Pil.
C’è poi una seconda spiegazione più legata ai bilanci bancari che riguarda nello specifico l’Italia. Negli ultimi due-tre mesi le banche europee si sono preparate al maxi-rimborso di fine giugno dei prestiti Tltro concessi negli scorsi anni da Bce. Il rapporto sulla stabilità finanziaria di Bankitalia aveva evidenziato che circa metà degli intermediari italiani, probabilmente tra le banche medio-piccole, non avevano liquidità sufficiente al rimborso dei prestiti e che dunque avrebbero dovuto attingere a nuove e più onerose forme di finanziamento o ridurre l’esposizione creditizia. È possibile dunque che in Italia sia in corso non solo una contrazione della domanda di credito ma anche dell’offerta (che stando agli ultimi dati disponibili, però, non riguarderebbe le banche più grandi). Il terzo motivo riguarda l’andamento della remunerazione sui depositi bancari, che in Italia è tra i più bassi in Europa. Molte aziende, nel periodo della pandemia, avevano accumulato ingenti stock di depositi bancari che ora si stanno rapidamente riducendo, anche perché autofinanziare la crescita dell’azienda – per chi ha disponibilità di liquidità – è più conveniente del ricorso all’oneroso debito bancario.
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