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Dal 2016, anno dell’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi e il 2021, le principali banche mondiali hanno concesso al settore dei combustibili fossili prestiti per 4.600 miliardi di dollari. È quanto rivela l’edizione 2022 di Banking on Climate Chaos, a cura di Rainforest Action Network, BankTrack, Indigenous Environmental Network, Oil Change International, Reclaim Finance, Sierra Club e urgewald.

Tra le banche menzionate troviamo anche alcuni grandi gruppi italiani. Intesa Sanpaolo e UniCredit, le due principali istituzioni finanziarie del nostro Paese, continuano in maniera ostinata a supportare l’espansione del settore dei combustibili fossili, responsabile dell’aggravarsi della crisi climatica, dell’inquinamento che minaccia la salute delle persone, di disuguaglianze sociali e migrazioni forzate. L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa ha inoltre mostrato, ancora una volta, quanto questo business sia correlato all’industria bellica e ai conflitti armati, esacerbando situazioni di instabilità sociopolitica e finanziando l’attività degli eserciti.

Intesa San Paolo high street branches are shut down by Greenpeace activists in protest against the bank’s continued multi-billion dollar support for fossil fuels.

Intesa Sanpaolo, al 26esimo posto tra le banche mondiali per asset totali e “banca di sistema” italiana, fra il 2016 e il 2021 ha stanziato 18 miliardi di dollari all’industria dei combustibili fossili, in gran parte a società che stanno espandendo il loro business nel comparto oil&gas come ENI, Cheniere Energy e Gazprom. Attraverso le proprie attività esplorative, di produzione o trasporto di idrocarburiqueste aziende stanno devastando ecosistemi già fragili per la crisi climatica in corso.

È il caso, ad esempio, dell’Artico: nel 2021 Intesa è stata tra le prime tre banche al mondo a finanziare operazioni di sfruttamento dei combustibili fossili in questa regione, insieme a JPMorgan Chase e SMBC Group. Operazioni che rischiano di causare fuoriuscite di petrolio e metano, nonché di accelerare il sempre più rapido scongelamento del permafrost sulla terraferma.

L’esposizione di Intesa desta particolare preoccupazione per l’assenza di impegni concreti contro l’espansione del settore oil&gas: senza chiudere il rubinetto dei finanziamenti alle società coinvolte nella nuova corsa al petrolio e al gas che si è aperta in seguito alla guerra in Ucraina, i vaghi proclami di avere emissioni nette pari a zero entro il 2050 si riveleranno essere solo vuoti slogan.

UniCredit non fa molto meglio: nonostante si sia impegnata di recente a interrompere ogni finanziamento per progetti di esplorazione di nuove riserve di petrolio, la nuova policy non viene applicata ai finanziamenti generici alle società fossili, permettendo quindi di continuare a finanziare direttamente quelle aziende che stanno espandendo il proprio business nel settore. Negli ultimi sei anni, la banca di Piazza Gae Aulenti ha accordato 8 miliardi di dollari a società che espandono il loro business fossile, tra cui spiccano Total, Repsol e nuovamente ENI.

A livello globale, le prime quattro posizioni sono occupate da banche statunitensi: JPMorgan, Citi, Wells Fargo e Bank of America. Con un totale di 382 miliardi di dollari, JP Morgan guarda dall’alto tutte le altre istituzioni finanziarie, insediata solo recentemente da Citi.



Basta investire su petrolio, gas e carbone!

Alluvioni, incendi, siccità: mentre la vita sul Pianeta è sconvolta da eventi estremi causati dai cambiamenti climatici, i principali istituti finanziari, di credito e assicurativi continuano a investire nel settore dei combustibili fossili e a finanziare chi inquina, gettando benzina sul fuoco della crisi climatica.
Se vogliamo limitare le conseguenze dei cambiamenti climatici e salvare 1 milione di specie a rischio dobbiamo ascoltare la scienza e tagliare subito i finanziamenti all’espansione di gas, petrolio e carbone.
Chiedi alle banche e alle compagnie di fare la loro parte nella lotta all’emergenza climatica: basta finanziamenti che distruggono il Pianeta!


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