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La mediazione in Italia non è ancora così diffusa – nel 2023, secondo il ministero della Giustizia, sono state registrate poco più di 172.000 iscrizioni – ma la recente riforma della Giustizia Cartabia ha introdotto delle novità per rendere questo strumento più appetibile. Ecco come funziona.

La strada della mediazione esiste da anni, in realtà. «Detto in parole semplici è un tentativo di trovare un accordo tra le parti, con l’aiuto di un mediatore che opera all’interno di un Organismo di mediazione iscritto nel Registro del ministero della Giustizia. Lo strumento permette di chiudere le questioni in tempi brevi, a costi contenuti», spiega Orsola Arianna, mediatrice, conciliatrice e presidente di Eimi-Associazione mediatori del conflitto. «Dal 2023, la riforma Cartabia ha incrementato le agevolazioni fiscali per chi accede a questo Istituto, che coprono così gran parte dei costi».

Come funziona

Oggi il ricorso alla mediazione è obbligatorio per alcune materie. Tra queste quelle condominiali, la successione, i patti di famiglia, le locazioni, l’affitto di azienda e i contratti assicurativi, bancari finanziari, per citare i più comuni. Prima di rivolgersi al giudice il cittadino è quindi tenuto a tentare la strada della conciliazione. «Se il ricorso alla mediazione è obbligatorio, bisogna rivolgersi a un avvocato, perché è richiesta l’assistenza legale. Negli altri casi, invece, si può agire in autonomia. È poi il professionista o il cittadino, se non è assistito, a scegliere un organismo di mediazione e depositare la domanda» spiega Arianna.

A quel punto, entrambe le parti vengono convocate per vedersi (anche da remoto) alla presenza di un mediatore. Se la parte invitata non accetta, la procedura si conclude con un verbale di mancato accordo per mancata partecipazione. «La parte che ha promosso la mediazione potrà poi rivolgersi al giudice. Il giudice comunque terrà presente in fase di giudizio della mancata partecipazione alla mediazione senza giustificato motivo». Una volta arrivate all’appuntamento, le due parti cercheranno un punto di incontro. Il mediatore – va chiarito – non potrà imporre decisioni, ma farà da facilitatore, e nel corso dell’incontro si adopererà per arrivare a un’intesa. Se il tentativo fallisce, si rinvierà all’incontro successivo, o si verbalizzerà il mancato accordo. Se invece si arriverà a una soluzione condivisa, gli avvocati redigeranno un verbale di conciliazione. «È importante sottolineare che questo documento ha lo stesso valore della sentenza di un giudice, è un titolo immediatamente esecutivo» sottolinea Arianna.

Quanto costa

Per la mediazione sono previste delle spese di avvio per la procedura e delle spese di mediazione, che entrambe le parti dovranno sostenere per partecipare al primo incontro. «Gli importi sono definiti dal Decreto ministeriale 150/2023, e sono suddivisi in base al valore della controversia in fasce: fino a 1.000 euro, da 1.000,01 a 50.000 euro, e sopra i 50.000, e per i valori indeterminabili» spiega l’esperta. La spesa poi varia a seconda che l’accordo non si concluda, oppure si chiuda al primo o al secondo. «Ad esempio, per una mediazione obbligatoria di valore fino a 10.000 euro, con accordo al primo incontro, in un Organismo pubblico come la Camera Arbitrale di Milano si spenderanno meno di 450 euro, più le spese per l’assistenza legale. I costi sono dimezzati se il valore della lite è sotto i 1.000 euro». Chiunque può verificare i tariffari dei diversi organismi di mediazione, e fare due calcoli.

Perché conviene

Il caso “tipico” è quello del proprietario di un immobile il cui inquilino non paga l’affitto da alcuni mesi, ma chiede tempo. Prima di percorrere la strada dello sfratto, i due, con l’aiuto del mediatore potrebbero trovare un compromesso e decidere, per esempio, che il locatario paghi una parte del debito e lasci subito il locale, o che saldi la somma a rate. L’accordo avrebbe valore di sentenza, di conseguenza, se l’inquilino non dovesse adempiere ai suoi obblighi, la controparte potrebbe procedere con l’esecuzione forzata delle somme che gli spettano. Lo stesso iter potrebbe essere seguito in caso di liti condominiali, anche per questioni di valore più basso, per esempio per reclamare il diritto di garanzia su un prodotto “difettato”, che il commerciante non vuole riconoscere. In questo caso, essendo la mediazione volontaria e non obbligatoria, non ci sarebbe necessità di farsi assistere da un avvocato. Resterebbero da pagare solo i costi del procedimento, che tra l’altro verrebbero abbattuti da agevolazioni e crediti fiscali.

Il credito d’imposta: così si sconta il costo della mediazione

Dal 2023 è stato istituito infatti un credito d’imposta, che in caso di controversie di piccolo valore, anche di poche centinaia di euro, va a coprire quasi interamente le spese di mediazione. Grazie al “bonus”, la mediazione diventa una buona soluzione anche per questioni di poche centinaia di euro. Inoltre, quando la mediazione non è obbligatoria non serve l’avvocato. Me veniamo alle agevolazioni fiscali. «Non sono dovute imposta di bollo, spese, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura e, per le controversie fino al valore di 100.000 euro. Non si paga l’imposta di registro sul verbale di conciliazione» spiega Orsola Arianna.

In caso di accordo, è previsto poi un credito d’imposta fino a 600 euro sulle spese di mediazione pagate. Nel caso di mediazione obbligatoria, un ulteriore credito di imposta sino a 600 euro sul compenso corrisposto all’avvocato. «I crediti si sommano fino a un massimo di 600 euro complessivi per procedura, in caso di mancato accordo si dimezzano». Tornando all’esempio di sopra, i 450 euro spesi per una lite fino a 10.000 euro, sarebbero completamente assorbiti dal credito d’imposta, e resterebbero 150 euro per coprire in parte le spese legali. «Infine, se alla mediazione si ricorre su impulso del giudice, con l’accordo e l’estinzione del giudizio, si ottiene un ulteriore credito d’imposta commisurato al contributo unificato versato, fino a 518 euro».

La riforma Cartabia prevede anche che la mediazione sia gratuita per chi ha diritto al gratuito patrocinio. In questi casi nessun costo è dovuto all’Organismo, bisogna però rivolgersi a un avvocato iscritto nell’elenco degli avvocati abilitati al gratuito patrocinio, che si trova presso il proprio ordine provinciale.



 

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