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TRENTO. Latte Trento esce dal Concast. La Pec, con cui il più grande caseificio del Trentino comunica l’addio al Consorzio, è stata inviata ancora giovedì. Due pagine firmate dal presidente Renato Costa in cui vengono riassunti anni di contrapposizioni sulla gestione del settore lattiero caseario e polemiche culminate l’anno scorso in un vivace confronto sul prezzo di remunerazione del Trentingrana all’assemblea di Concast.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso riguarda l’ipotesi che sarebbe emersa in uno degli ultimi consigli di amministrazione di Concast, ovvero la decisione di acquistare latte dall’Alto Adige per produrre formaggio, «facendo concorrenza alle cooperative socie» come accusa Latte Trento.

Al di là dei recenti episodi la ruggine tra il caseificio del direttore Sergio Paoli e il Consorzio va avanti da anni. È lo stesso Costa a metterlo per iscritto parlando di «rapporti peggiorati soprattutto con la gestione dell’ultima divisiva presidenza, per lo più appena rieletta con metodi poco trasparenti». Frasi decisamente non tenere, nei confronti del presidente Stefano Albasini.

«Assistiamo a investimenti non condivisi, alla completa assenza della filosofia sulla qualità, alla gestione fallimentare con risultati insufficienti sulla remunerazione dei prodotti» scrive Costa, sottolineando come questo abbia portato negli anni al calo dei conferimenti di grana, siero (da 720mila ettolitri a 702mila in un anno), burro (1.375 tonnellate nel 2023 contro le 1.496 del 2022 e le 1.609 del 2021) e panna.

L’addio di Latte Trento – che raccoglie poco meno del 40 per cento del latte prodotto in Trentino (140mila tonnellate annue) – comporterà per il Consorzio la perdita di circa 10mila forme di grana sulle 94mila conferite nell’ultimo anno (già stimate in discesa a 85mila nel 2024).

Latte Trento ha deciso di forzare la mano, forte di un bilancio record, con fatturato oltre 65 milioni, in crescita del 5 per cento rispetto al 2022, un utile di 110mila euro e una remunerazione media ai soci di 76 centesimi al litro di latte.

Dall’altra parte il Concast si trova in un momento interlocutorio, al termine di un’annata che ha visto il valore della produzione scendere di quasi il 6 per cento, da 67,3 a 63,4 milioni. Determinante il calo della materia prima latte.

Il Consorzio – anche grazie agli aiuti del Pnrr – ha investito nella nuova sala di confezionamento e nella «grattuggia del grana» ma i risultati economici si potranno vedere solo da qui a qualche anno.

Nella sua lettera Costa contesta anche la ripartizione dei costi per servizi e marketing decisa dal Concast, in particolare la decisione di addebitarne il 94 per cento alla linea Trentingrana, «abbassando in maniera forzata quella dei formaggi tradizionali».

Latte Trento critica pure il contributo associativo previsto per il grana «per 50 milioni di litri di latte alimentare che ci gestiamo in piena autonomia senza pesare sull’organizzazione: non richiediamo da anni consulenza alcuna sui caseifici e abbiamo risolto da solo i problemi qualitativi».

Il presidente Costa nella lettera di recesso sostiene di aver proposto idee e soluzioni per implementare sinergie e migliorare la cooperazione, ma aggiunge anche che «esse non sono state né accolte né attentamente valutate». E giustifica così la sua insistenza: «In una realtà aziendale come la nostra, dove la marginalità è direttamente influenzata dal rapporto tra spese e ricavi, è impensabile sostenere costi che non sono gestiti ottimamente e che sono imputabili a fattori o scelte contrarie agli interessi della cooperativa».

Nel lungo elenco di doglianze c’è anche un riferimento alla politica sul personale. Costa parla infatti di «scelte non rispettose di criteri meritocratici e foriere di problematiche di gestione».

Secondo la versione di Latte Trento, dentro il Consorzio in questi anni sarebbe mancata la volontà di confronto e di dialogo.

Da qui la decisione di togliersi dal Concast dopo 73 anni. Il recesso, secondo lo Statuto, sarà effettivo dal prossimo 28 luglio 2026 per rispettare i termini che prevedono la possibilità di uscita dal Consorzio ogni 5 anni.

Nelle ultime righe Costa lascia comunque uno spiraglio aperto. Da un lato scrive che «è giunta l’ora di dividere le nostre strade senza creare ulteriori dissapori cercando di trovare un minimo di collaborazione per evitare danni o contrapposizioni», ma dall’altro aggiunge che si è voluto dare comunicazione del recesso con grande anticipo «per permettere al consorzio di fare le dovute scelte, evitando la di programmare la gestione futura dei volumi di Latte Trento».

Suona però come un ultimatum ai vertici del Concast per evitare lo strappo definitivo.I tempi per provare a trovare una ricomposizione ci sono, ma serve una mediazione. I “peacekeeper” della Federazione della Cooperazione e lo stesso assessore provinciale Mario Tonina saranno chiamati ad un lavoro impegnativo e dall’esito non scontato.

 

 



 

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