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Lorenzo Quinzi, capo del dipartimento per gli affari generali e la digitalizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, indagato nell’inchiesta milanese su appalti truccati e che ha portato ai domiciliari per corruzione anche un generale dei carabinieri, avrebbe «interessato “una ditta che conosco”», ossia quella dell’imprenditore Ennio De Vellis, anche lui da oggi ai domiciliari, per la «messa in sicurezza» per il «pericolo di caduta» di calcinacci dai balconi della sede del Ministero. Lo si legge nell’ordinanza firmata dal gip di Milano Domenico Santoro, che riporta anche colloqui intercettati tra Quinzi e lo stesso De Vellis. Parlando con un uomo «non identificato», lo scorso novembre, Quinzi diceva, riguardo al pericolo di caduta dei calcinacci, che avrebbe interessato «una ditta che conosco e gli faccio fare subito questa cosa». E invitava «l’interlocutore», spiega il gip, «ad avvisare il Ministro dell’accaduto». Diceva: «Tu avvisa il ministro, io sto cercando di parlare anche col capo dipartimento». Per De Vellis ci sarebbe stato un «affidamento diretto» dei lavori con procedura di «somma urgenza». Nell’ordinanza anche un capitolo sull’affidamento «diretto del servizio di ripristino e restauro dell’orologio del Mit», altro episodio, scrive il gip, «indagato nell’ambito dei rapporti De Vellis, Quinzi, Adriani (Stefano, ndr)», quest’ultimo funzionario del Ministero delle Infrastrutture, «in riferimento alla gestione degli appalti del Ministero». E poi, sempre negli atti, i rapporti, nel 2023, tra De Vellis e Stefano Adriani anche in relazione ad un «servizio di disinfestazione vespe» e uno «di facchinaggio».

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Perquisizioni anche al Mit 

Nell’inchiesta milanese su presunti appalti truccati, corruzione e traffico di influenze illecite, nella quale sono stati arrestati stamani un imprenditore e un generale dei carabinieri, sono anche in corso perquisizioni del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano a carico di 22 persone e di uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del Centro Alti Studi Difesa, del Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per il Lazio, Abruzzo e Sardegna. 

Le perquisizioni riguardano anche sette «persone giuridiche». Le indagini, come si è appreso da fonti investigative, vedono al centro anche i reati di traffico di influenze illecite e turbata libertà di scelta del contraente «per predeterminare il contenuto di un avviso di ricerca di un immobile nella città di Roma da adibire ad uffici per il personale di un Ministero», l’illecito «affidamento di appalti pubblici» e la «irregolare concessione di un contributo pubblico erogato in favore di una società privata». La Gdf sta notificando anche ordini di esibizione di atti e documenti presso diverse «amministrazioni centrali dello Stato».

Il sistema per accaparrarsi le commesse del Mit 

Si parla della «esistenza di un meccanismo» sulla base del quale l’imprenditore Ennio De Vellis – che si occupa soprattutto di logistica e oggi finito ai domiciliari così come il generale dei carabinieri Oreste Liporace – «si accaparra le commesse» del Ministero delle Infrastrutture. Lo si legge nell’ordinanza del gip Domenico Santoro, eseguita nell’inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e del pm di Milano Paolo Storari. Sarebbe stato lo stesso Lorenzo Quinzi, indagato e dirigente del ministero, ad «esternare» con le sue parole intercettate la «esistenza» di questo meccanismo. In un’intercettazione del gennaio scorso diceva: «Su quella ditta, gli abbiamo già dato un sacco di roba! No? C’abbiamo la somma urgenza di là, la somma urgenza di qua, il capo è sempre uno! Allora se poi lui fa storie la firmo io, non ti preoccupare». Il riferimento era agli «atti di determina», si legge nelle carte, su servizi «di facchinaggio e “bandiere”». Dalle intercettazioni emerge, tra l’altro, che Quinzi si sarebbe rapportato anche con una serie di altri funzionari e dirigenti del Ministero, i cui nomi sono citati nell’ordinanza. 

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