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Con una lettera inoltrata al Ministro dell’Ambiente, al Presidente della Regione Sicilia, al Prefetto di Agrigento, all’Assemblea Territoriale Idrica Agrigento, all’Ufficio del Genio Civile di Palermo e Agrigento, al Dipartimento Regionale della Protezione Civile, all’Autorità di Bacino del Distretto Idrografico della Sicilia e ai Comuni del Consorzio Tre Sorgenti, il sindaco di Santo Stefano Quisquina, Francesco Cacciatore, ha ribadito che l’eventuale attivazione di nuovi pozzi nel territorio della Quisquina, potrebbe mettere a serio rischio l’approvvigionamento idrico in provincia di Agrigento.

Il Comune di Santo Stefano Quisquina ha esercitato ed esercita a tutt’oggi in forma autonoma la gestione del Servizio Idrico Integrato attraverso un utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico, come dimostrato da molteplici fattori, e unitamente a pochi altri comuni dell’agrigentino ha avuto riconosciuta l’esistenza dei requisiti previsti ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma del Servizio Idrico Integrato (art. 147, comma 2-bis,lett. b del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152). In ossequio ai principi di solidarietà e pubblicità delle acque il Comune di Santo Stefano Quisquina ha da sempre fornito il maggior contributo di risorse idriche di qualità: 460/600 litri di acqua al secondo, questi i numeri inconfutabili del contributo in termini di risorse idriche che da questo territorio viene condiviso con la popolazione della provincia agrigentina, un patrimonio comune di straordinaria importanza che si deve rispettare in ossequio ai nuovi equilibri idrogeologici, ambientali ed etici.

Nell’ambito dello Stato di emergenza in relazione alla situazione di grave deficit in atto nel territorio della Regione Siciliana tra i provvedimenti ricompresi nel piano degli interventi è stato inserito il “Progetto di fattibilità tecnico economica dei lavori di Realizzazione del Pozzo Monnafarina e condotta di adduzione all’acquedotto Voltano” Tra le richieste avanzate altresì con un documento inoltrato all’ATI e al Prefetto di Agrigento da alcuni Sindaci del Consorzio “Tre Sorgenti” primo firmatario il Sindaco del Comune di Campobello di Licata, la riapertura dei Pozzi Margimuto ex “Montedison”, dismessi per comprovata interferenza con il Pozzo Prisa, l’unico ad alimentare direttamente l’acquedotto del comune di Santo Stefano. Queste richieste sono l’ultimo atto di una politica delle acque sconsiderata che non valuta l’impatto e il danno ambientale a cui andranno incontro i cittadini stefanesi e in prospettiva tutte le popolazioni dell’area dei Sicani che da decine di anni ricevono l’acqua dai bacini della Serra Leone- Quisquina e dall’area Fanaco. Provvedimenti che ignorano i risultati delle perizie scientifiche sull’unicità del bacino imbrifero condiviso con la sorgente Capo Favara, che di fatto trasgredisce le più elementari regole di salvaguardia delle risorse idrogeologiche, la cui integrità è tutelata dalle leggi. Invero, in seguito a specifici studi effettuati negli anni dai Prof. L. Trevisan dell’Università di Pisa, dai proff. Alaimo e Daina dell’Università di Palermo, dai Geologi Dott. F.P. Martorana e P. Ricordi, per conto del Comune di S. Stefano Quisquina, dal Gruppo Sanpellegrino S.p.A., hanno dimostrato che il bacino di alimentazione della Sorgente Capo Favara si estende per circa 48 kmq e comprende l’area di Contrada Monnafarina dove si vuole realizzare un ulteriore pozzo e ha il cuore del suddetto bacino lungo la stessa direttrice sulla quale ricadono i pozzi Margimuto. Le misure previste, infatti, oltre ad essere del tutto insufficienti, avranno come unico effetto quello di abbassare ulteriormente il livello delle acque di falda del bacino provocando, quindi, un danno ulteriormente irreversibile a fronte di un beneficio limitato e solo temporaneo. In questo senso un enorme danno è stato già inferto oggettivamente dal collegamento Leone-Fanaco attraverso l’escavazione di una galleria che ha intercettato la falda acquifera abbassando di diversi metri la piezometrica nella parte centrale dell’acquifero causando un depauperamento irreparabile delle risorse idriche. L’essicamento della sorgente Capo Favara ne è la prova e testimonianza inconfutabili. Si attesta che quanto detto dimostra l’estrema pericolosità di qualsiasi ulteriore progetto di escavazione di ulteriori pozzi all’interno del bacino della Quisquina, potendo esso compromettere irreparabilmente il già precario equilibrio dell’imbrifero. “tenuto conto che negli ultimi anni alcune sorgenti hanno diminuito la loro portata, è sconsigliabile qualsiasi altro prelevamento o miglioramento delle portate delle attuali emergenze in tutta l’area considerata, poiché porterebbe inevitabilmente ad una ulteriore diminuzione della riserva dell’acquifero” (come risulta dagli studi in atti). Nella fattispecie la Regione non tenendo conto dei pericoli già evidenziati e degli effetti pregiudizievoli arrecati alle popolazioni che usufruiscono dell’acqua attinta dall’imbrifero, con il D.A. 481/2000, ampliando a 332 ettari l’area di ricerca di acque minerali, ha già consentito alla Società Platani Rossino di poter procedere all’escavazione di nuovi pozzi per la ricerca di acque minerali, proprio all’interno del bacino idrogeologico della Quisquina ad una distanza di circa 800 metri dai pozzi che forniscono l’approvvigionamento idrico di acqua potabile alle popolazioni di Santo Stefano Quisquina e di molti altri Comuni dell’agrigentino, inoltre i Vigili Urbani del Comune, con verbale prot. n.2384/00 hanno accertato che la “realizzazione e/o attivazione di nuovi pozzi in C.da Margimuto interferiscono con l’unica fonte di approvvigionamento idrico-potabile del Comune”. L’allora ente gestore EAS con nota ufficiale del 4 Agosto 2000 ha avvertito che “eventuali emungimenti da C.da Margimuto andrebbero a sfruttare le risorse idriche del citato complesso acquifero con riflessi pregiudizievoli per l’approvvigionamento idropotabile del Comune.

Dopo aver compiuto gli opportuni rilievi e sopralluoghi, tutti i professionisti incaricati, senza mai essere smentiti tecnicamente e scientificamente, hanno ribadito che esiste un unico bacino idrogeologico della Quisquina, e che il “prosciugamento e quindi la scomparsa della Capo Favara in conseguenza delle diverse opere (pozzi, gallerie) realizzate maldestramente nell’ambito del bacino medesimo hanno dimostrato l’interferenza delle opere stesse con Capo Favara. Dai dati relativi alla concessione mineraria di acque minerali denominata “Margimuto” Ditta: Aqua Vera S.p.A., che vengono trasmessi mensilmente dal Distretto Minerario di Caltanissetta all’Ufficio del Genio Civile di Agrigento e per conoscenza al Comune di Santo Stefano Quisquina e al Dipartimento dell’Energia, appare evidente lo sfruttamento della falda in questi ultimi anni, in cui si registra un preoccupante calo. Infatti, dalla lettura dei resoconti trasmessi si rileva:

• livello statico registrato il 28/12/2022 m.246,80;

• livello statico registrato il 29/12/2023 m.252,30;

• livello statico registrato il 28/03/2024 m.263,10;

• livello statico registrato il 30/05/2024 m.264,70;

• livello statico registrato il 27/06/2024 m.267,10.

Appare evidente che, mentre in passato, in condizioni di regolare piovosità stagionale, i livelli di falda si ristabilivano facilmente, dal dicembre 2022 si assiste ad un calo costante del livello statico del bacino certamente a causa del periodo siccitoso. Analoghi cali dei livelli piezometrici si registrano anche nelle altre sorgenti. Ciò dimostra in modo inequivocabile l’unicità del bacino e che uno sfruttamento scriteriato dell’attingimento, mediante lo sfruttamento e l’accanimento sullo stesso bacini imbrifero, porterebbe ad un ulteriore abbassamento generalizzato del livello idrico. Invero, determinerebbe, oltre al possibile prosciugamento dei pozzi e delle sorgenti, pericolosi dissesti idrogeologici.

Il Sindaco nella nota ribadisce che l’acqua è una risorsa intrinsecamente ciclica necessaria per mantenere nelle sorgenti i flussi attuali e non bisogna assolutamente incidere sulle già compromesse riserve ma gestire nella maniera più opportuna la ricarica. Gli studi citati in definitiva hanno messo in evidenza la situazione di precarietà di una grossa falda idrica la cui utilizzazione è divenuta estremamente delicata e può essere attuata solo tenendo sotto continuo controllo e verifica tutto il sistema in modo da stabilire in maniera rigorosa le effettive possibilità di emungimento. Si ritiene che l’attivazione di ulteriori pozzi, interferendo con le emergenze idriche spontanee del bacino già ampiamente utilizzate dai comuni afferenti ai Consorzi Voltano e Tre Sorgenti, dall’acquedotto consorziale Alessandria-Cianciana, andrebbe ad impoverire ulteriormente la falda idrica con il concreto rischio di “provocare altri danni incalcolabili sul futuro dell’acquifero”, mettendo in pericolo la sopravvivenza dello stesso, che potrebbe subire, con effetti di lunga durata, un gravissimo dissesto idrogeologico. La difesa del bacino imbrifero e le sorgenti ad esso collegate è un gesto che tutta la popolazione stefanese intende compiere a difesa di se stessa e di tutte le popolazioni dell’Agrigentino e del Nisseno, che devono comprendere come quelli che sembrano interventi a loro vantaggio di fatto stanno depredando e pregiudicando il “futuro prossimo” che ancora rimane alle risorse comuni utilizzate, consapevoli della drammatica condizione in cui vivono tanti paesi a cui è destinata l’acqua del bacino, non è un atto egoistico ma volto alla tutela e alla conservazione di un bene proprio ed è un’azione mirata a preservare le risorse necessarie per un futuro che si paventa rischioso ed incerto.

Interpreti delle concrete e motivate preoccupazioni della cittadinanza palesate nell’Assemblea pubblica alla presenza dell’intero Consiglio Comunale, delle forze sociali e sindacali, tenutasi lo scorso 12 Luglio presso la Sala Consiliare “F. Maniscalco”, tutti gli intervenuti invitano gli enti in indirizzo preposti, e quanti nella loro funzione tecnica e politica territoriale hanno concepito, caldeggiato, elaborato questi atti con superficialità e preoccupante automatismo, che potrebbero causare effetti disastrosi sui già delicati e compromessi equilibri ambientali e idrogeologici a revocare il provvedimento per la realizzazione di un nuovo Pozzo in C.da Monnafarina e ritirare l’assurda e fuorviante richiesta della riattivazione dei Pozzi Margimuto ex Montedison già dismessi per comprovata ed inconfutabile interferenza con il Pozzo Prisa, l’unica fonte ad alimentare direttamente l’acquedotto comunale.

Alessandro Mistretta

 

 


 

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