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Fitto: «Dal governo Meloni cifra più alta mai stanziata per incentivare gli investimenti al Sud». Ma la sinistra ne approfitta per la strumentalizzazione

Il credito di imposta per la Zes Unica del Mezzogiorno fa il pieno di domande. Ma di conseguenza la percentuale del contributo, a fronte delle poche risorse disponibili, viene drasticamente ridotta. Una situazione paradossale che fa insorgere le imprese, mentre le opposizioni si scagliano contro il ministro responsabile, Raffaele Fitto, che invece punta il dito contro l’Agenzia delle Entrate: «il provvedimento è sbagliato» accusa e rivendica «il successo della misura».

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Il ministro ricorda che «il credito d’imposta Sud nasce nel 2016 con uno stanziamento di 617 milioni di euro all’anno, fino al 2020, prorogato per il 2021 con uno stanziamento di 1 miliardo di euro l’anno fino al 2022 e ulteriormente prorogato al 2023 con uno stanziamento di 1,4 miliardi di euro. Per l’anno 2024 il Governo Meloni ha tuttavia deciso di stanziare maggiori risorse, pari a 1,8 miliardi di euro, la cifra più alta in assoluto finora stanziata per incentivare gli investimenti al Sud».

Il provvedimento di Ruffini

Ad innescare la polemica è il provvedimento firmato il 22 luglio dal direttore dell’Agenzia Ernesto Maria Ruffini, che fissa al 17,66668% la percentuale del credito di imposta effettivamente fruibile dalle imprese interessate dalla nuova misura prevista dal decreto Sud (che sostituisce il precedente bonus Sud ed è destinato alle aziende che acquistano beni strumentali destinati a strutture produttive nelle zone della Zes Unica del Mezzogiorno, che comprende Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise).

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Un provvedimento «adottato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate senza alcun confronto», va all’attacco Fitto, che definisce la percentuale «significativamente inferiore» al valore prefigurato dalla norma (che prevede fino al 60% – e in alcuni casi particolari del 70% – del costo sostenuto) e scrive immediatamente a Ruffini chiedendo di verificare i dati, affinché l’agevolazione «sia in linea con l’ambizione della misura varata dal governo».

All’attacco le opposizioni, che alla Camera hanno chiesto una informativa di Fitto. Mentre la maggioranza fa quadrato attorno al ministro e FdI ha sottolineato, invece, che c’è già l’impegno del governo su questo fronte e potrebbero esserci novità in tempi brevi.

L’automatismo

Quella delle Entrate, però, non è una decisione arbitraria, ma un semplice automatismo frutto delle disposizioni previste dal decreto Sud del 2023 e da un decreto ministeriale dello stesso Fitto del 17 maggio 2024, in cui si stabilisce che la percentuale del credito d’imposta «è ottenuta rapportando il limite complessivo di spesa all’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti». Conteggiando sia quelli prenotati, sia quelli già eseguiti. Proprio per questo motivo la norma prevede un monitoraggio fino al 2025 e un eventuale innalzamento della percentuale, utilizzando le risorse prenotate non sfruttate.

Intanto, allo stato attuale, visto che «l’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti in base alle comunicazioni validamente presentate dal 12 giugno al 12 luglio 2024 è risultato pari a 9,45 miliardi», a fronte di 1,67 miliardi di «risorse disponibili, che costituiscono il limite di spesa», il calcolo delle Entrate è presto fatto: 1.670.000.000/9.452.741.120», si legge nel provvedimento, quindi poco più del 17% dell’importo del credito richiesto.

Le organizzazioni e la sinistra

La matematica, tuttavia, non basta a consolare le imprese, che si troveranno ad incassare somme ben inferiori alle attese. Confindustria sottolinea positivo il fatto che le imprese abbiano riposto in maniera così vigorosa, ma il presidente Emanuele Orsini chiede al governo di mettere in campo il massimo sforzo per le risorse. Le risorse stanziate «si confermano del tutto insufficienti», attacca la Cna.

Confapi denuncia la delusione degli imprenditori del Sud che hanno creduto nel progetto: così si «rischia di tagliare le gambe alle imprese che avevano deciso di investire nelle aree della Zes». Vanno intanto in pressing sul governo le opposizioni. La Zes Unica è un fallimento e Fitto «scarica la responsabilità» su Ruffini, dicono i Dem, chiedendo il ritorno alla Zes regionali. Fitto «prende in giro il Sud», rincara il M5s, ricordando che il precedente credito valeva fino al 45%. «Una sottrazione di risorse che avrà come effetto una drastica contrazione degli investimenti al Sud», attacca Iv. A rimetterci, evidenzia Azione, «sono le imprese che hanno scelto di investire al Sud».

La replica

«Le polemiche della sinistra sono assolutamente strumentali e smentite dai fatti» replicano i componenti di Fratelli d’Italia in Commissione Finanze alla Camera. «Dalla nascita del credito d’imposta – aggiungono – per il mezzogiorno, che risale al 2016 ad oggi 2024 sostanzialmente gli stanziamenti sono di fatto triplicati, passando da 617 milioni a 1,8 miliardi e la misura del credito imposta precedentemente che sale al 45% sale al 60%. Peraltro l’elevato numero delle prenotazioni delle aziende del Mezzogiorno per accedere a questo strumento agevolativo dimostra il successo dell’idea di fondo del governo Meloni e del ministro Fitto della Zes Unica, una dimostrazione della grande attenzione di questo governo e di Fratelli d’Italia per le politiche del Mezzogiorno».

 

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