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Keystone-SDA

(Keystone-ATS) Donald Trump sta diventando l’idolo di quei bitcoiners che per anni ha criticato, definendo la criptovaluta come “not money” e “altamente volatile, basata sull’aria rarefatta”, o “una catastrofe imminente”.

“Abbiamo solo una vera valuta in Usa ed è più forte che mai: si chiama dollaro americano”, twittò nel 2019 a proposito di quel biglietto verde che ora però vuole svalutare per favorire l’export Usa.

Ma da allora ha fatto una inversione a U, tanto da essere chiamato sabato come ospite d’onore della Bitcoin conference a Nashville, il più grande raduno annuale del settore, dove ci sono gadget che mescolano nomi di criptovalute con gli slogan della campagna di Trump. E dove non ha deluso le aspettative, promettendo di fare degli Usa “la cripto capitale del pianeta e la superpotenza bitcoin del mondo”.

Il tycoon ha assicurato anche che creerà un consiglio presidenziale sulle criptovalute “con regole scritte da persone che amano la vostra industria, non che la odiano come Joe Biden e Kamala Harris”. Infine ha promesso che “il primo giorno del mio insediamento licenzierò Gary Genser”, il presidente della Sec (l’ente federale americano preposto alla vigilanza delle borse) nominato da Biden che ha intrapreso un approccio regolatorio aggressivo verso le criptovalute.

Nelle 24 ore prima del suo intervento, il prezzo del Bitcoin è salito di oltre il 4% toccando quota 67’800 dollari (come tutti i settori che scommettono sul ‘Trump trade’, ossia sulla sua politica economica di tagli fiscali e deregulation). Un terreno su cui Kamala Harris sta cercando di recuperare, sullo sfondo del più ampio duello per conquistare la Silicon Valley.

Nonostante le sue riserve passate e la recente storia allarmante delle criptovalute – di cui diffida il 75% degli americani – Trump ha pienamente abbracciato la causa e le speranze del settore, sperando di capitalizzare finanziariamente ed elettoralmente. La sua campagna ora accetta donazioni in bitcoin – finora ha raccolto circa 4 milioni di dollari – e molti operatori di criptovalute hanno dato il loro contributo. The Donald ne ha fatto una battaglia di “libertà finanziaria” e ha promesso di rendere più facile per le società di mining di criptovalute operare negli Stati Uniti. “Altrimenti lo faranno altri paesi”, ha avvisato a inizio mese in Wisconsin. E ha attaccato l’amministrazione Biden accusandola di fare la guerra a questa industria innovativa. Il settore in effetti è frustrato per la mancanza di progressi negli sforzi per regolamentare e legittimare le criptovalute, di cui il presidente non è certo un simpatizzante.

Ma Harris ci sta mettendo una pezza, dopo aver preso la guida del ticket dem per la Casa Bianca. I suoi consiglieri, rivela il Financial Times, hanno già avvicinato le società più importanti per un “reset” delle relazioni con il settore per lanciare il messaggio che il partito democratico non è “anti business” ma “pro-business, responsabile business”. Una apertura che consente di creare una breccia tra i nuovi proseliti di Trump. Harris sta recuperando terreno più in generale anche nella Silicon Valley, dove molti imprenditori si sono allineati con il tycoon. Sia lei che il marito-avvocato Doug Emhoff hanno sempre mantenuto forti contatti con Big-Tech in quello che è il loro ‘home state’, la California.

 

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