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Taglio dei fondi, pochi medici, accesso a Medicina: sono solo alcune delle urgenze che riguardano la formazione medica in Italia. La ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, oggi – 31 luglio – ha firmato i due decreti che stabiliscono i posti definitivi per l’accesso ai corsi di Medicina, dai quali emerge un significativo aumento del numero di immatricolazioni per l’anno accademico 2024/25. Con quasi 21 mila (20.867) nuovi iscritti previsti, si registrerà quindi un incremento di oltre 1.200 studenti rispetto all’anno accademico precedente. Per quanto riguarda i corsi di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria, le nuove immatricolazioni saranno 1.535, mentre Veterinaria avrà quasi 1.272 posti disponibili.

La ministra ha sottolineato che l’aumento delle immatricolazioni è parte di un progetto più ampio volto a migliorare l’accesso e la formazione in ambito medico. E ha fatto sapere che, per rispondere all’ingente fabbisogno di personale medico, stimato in «30 mila nuovi medici nei prossimi 7 anni, il governo sta ridefinendo il sistema sanitario nazionale». Intanto, oggi si è tenuta la seconda prova di ammissione ai test di Veterinaria, mentre ieri c’è stata quella per Medicina e Odontroiatria. L’8 agosto è prevista la pubblicazione dei risultati in forma anonima, mentre il 28 agosto il candidato potrà prendere visione del proprio elaborato e del punteggio. Il 10 settembre sarà pubblicata la graduatoria nazionale di merito.

Numero chiuso, test di ingresso, specializzandi

La ministra Bernini ha ribadito l’intenzione di voler superare il numero chiuso e i test di ingresso, puntando a una riforma che considera le reali necessità del sistema sanitario e dell’università. Nel question time alla Camera, ha approfondito le misure in corso, tra cui l’aumento delle borse di studio e, appunto, il ddl di riforma dell’accesso a Medicina. Questo disegno di legge sarà discusso in commissione Sanità al Senato nei prossimi giorni e successivamente in Aula a settembre. Ma non solo. La ministra ha annunciato una semplificazione nell’assunzione degli specializzandi per garantire loro un accesso più rapido ai reparti, mantenendo però elevati standard di formazione. E ha sottolineato che il governo sta lavorando anche su una riforma complessiva della formazione specialistica, con particolare attenzione alle carenze in alcune specializzazioni come la Medicina d’urgenza.

Il taglio dei fondi: la risposta della ministra

Per quanto riguarda lo scontro sui tagli ai finanziamenti, Bernini ha chiarito che il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) per le università italiane ammonta a 50 miliardi dal 2019 al 2024. A questi si aggiungono i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), che includono 6 miliardi per le università e 1,2 miliardi per gli studentati, oltre a 850 milioni per le borse di studio. Ha poi indicato che, nonostante il taglio di 173 milioni al Ffo, i fondi Pnrr compenseranno ampiamente questa riduzione e che i bilanci universitari mostrano utili complessivi vicini al miliardo di euro.

Il Pd protesta: «Il governo torni indietro sui tagli»

Tuttavia, la risposta della ministra non ha soddisfatto alcuni esponenti dell’opposizione. Irene Manzi, capogruppo del Pd in commissione Cultura, ha criticato duramente questo taglio al Ffo, sottolineando che «mette a rischio il futuro delle università e compromette il reclutamento e la tutela dei ricercatori». Dal Pd esprimono preoccupazione per la riforma del pre ruolo universitario, che – sostengono – «cancellerà il contratto di ricerca a favore di una selva di contratti a tempo determinato a scarsissima tutela, ultraleggeri ed ultra precari». La deputata dem ha chiesto al governo di reperire i fondi necessari per l’adeguamento stipendiale del personale accademico e per sostenere il piano straordinario di reclutamento, ritenuto cruciale per la qualità della ricerca e della didattica. «E – ha aggiunto – non ci tranquillizza la nota inviata agli atenei con la quale si propone di utilizzare, svincolandole, entro il 2 agosto, una quota di fondo di finanziamento ordinario per compensare i tagli effettuati, lasciando però alle Università la scelta in merito a quali fondi liberare. Una scelta che scarica sulle Università responsabilità di scelta: una “pistola puntata alla tempia” degli Atenei».

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