Il Tar della Campania annulla il foglio di via obbligatorio per mancanza di prove concrete. La decisione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania accoglie il ricorso di un imprenditore, dichiarando illegittimo il provvedimento del Questore di Caserta. L’uomo era stato ‘accusato’ di essere socialmente pericoloso e di poter commettere attività illecite nel Comune di Maddaloni. La decisione è stata presa dalla Quinta Sezione del TAR, presieduta dal giudice Maria Abbruzzese, con il consigliere estensore Gianluca Di Vita.
L’imprenditore, difeso dall’avvocato Mario Caliendo, aveva presentato ricorso contro il provvedimento emesso il 25 ottobre 2023, che gli imponeva di non fare ritorno a Maddaloni per due anni. L’ordine era basato su un episodio avvenuto nel febbraio 2023, quando l’uomo era stato fermato dalle forze dell’ordine in un ristorante del Comune in compagnia del figlio e del nipote, entrambi minorenni. Secondo il Questore, l’imprenditore aveva mostrato “reticenza e insofferenza” durante il controllo, e il suo passato, caratterizzato da precedenti per vari reati, giustificava il provvedimento.
Il TAR, tuttavia, ha ritenuto che il foglio di via fosse privo di motivazioni concrete e di prove sufficienti a giustificare la presunta pericolosità sociale del ricorrente. La sentenza sottolinea l’importanza di basare tali provvedimenti su “elementi di fatto attuali e concreti” e non su generiche impressioni o pregiudizi. Il tribunale ha evidenziato che l’imprenditore non è risultato coinvolto in alcun procedimento penale recente, contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione, e che non vi erano sufficienti prove per classificare la sua presenza a Maddaloni come finalizzata a compiere reati.
Inoltre, il TAR ha criticato l’amministrazione per non aver fornito una spiegazione adeguata delle ragioni che avrebbero giustificato l’urgenza e la proporzionalità del provvedimento. Il semplice fatto di trovarsi in un ristorante con la famiglia non può essere considerato un comportamento indicativo di pericolosità.
La sentenza ha annullato il provvedimento e condannato l’amministrazione al pagamento delle spese legali, pari a 1.500 euro, oltre agli accessori di legge e al rimborso del contributo unificato.
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