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In vista della manovra torna lo slogan “più assumi e meno paghi”. O almeno ritorna il leitmotiv del sostegno alle imprese che assumono. Tutte le risorse disponibili dovranno essere destinate a questo scopo, oltre che a confermare le misure per mettere qualche soldo in più un busta paga ai lavoratori (leggi conferma del cuneo fiscale), scrive su Instagram la premier Giorgia Meloni.

La prossima sarà una legge di bilancio da 25 miliardi. Il peso della manovra prossima ventura è stato confermato dal sottosegretario all’Economia Federico Freni. Soltanto 10 miliardi serviranno a confermare per il prossimo anno il taglio del cuneo fiscale per dipendenti che guadagnano fino a 35mila euro, altri 4 miliardi per prorogare nel 2025 il taglio da quattro a tre delle aliquote Irpef. Il conto sul fisco potrebbe essere anche più corposo se si deciderà di estendere oltre 50mila euro il secondo dei tre scaglioni dell’imposta oppure di abbassare di uno o due punti la seconda aliquota ora al 35%. “Quando la riforma fiscale sarà a regime, entrò la metà del 2025, potremmo ragionare per la strutturalità dell’accorpamento delle aliquote”, ha sottolineato Freni, “Non possiamo stare appesi ogni anno a rinnovi possibili”. Al momento quindi l’ipotesi di estendere l’intervento fino a 60mila euro, allargando lo scaglione che oggi si ferma a 50mila e oltre il quale la tassazione è al 43% è una ipotesi di studio, che ha bisogno di soldi per diventare realtà. Una delle soluzioni allo studio guarda a interventi minimi, capaci di dare un segnale, ad esempio, alzando da 50mila a 60mila euro  il limite superato il quale scatta il taglio alle detrazioni possibili.

Altri possibili contenuti della legge di Bilancio spaziano dalla detassazione degli straordinari, al rifinanziamento del fondo per i mutui sulla prima casa per chi ha meno di 36 anni. Già a giugno era stato licenziato il decreto attuativo della maxi-deduzione al 120% per le imprese che impiegheranno lavoratori a tempo indeterminato.  Tecnici al lavoro anche su incentivi per sostenere i lavoratori che si spostano da una città all’altra e devono prendere casa. A inizio agosto il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, aveva incontrato le parti sociali e ipotizzato di alzare la spesa  del welfare aziendale detassabile dedicata agli affitti e alle spese per il mutuo. Un passo verso il progetto di Confindustria per trovare alloggi a prezzi calmierati (si parla del 25% del salario, 500 euro) per chi ha un impiego, ma non può fornire garanzie. Viale dell’Astronomia, in realtà, parla di un vero e proprio piano casa, finanziato non soltanto dalle aziende, ma che veda il coinvolgimento dei cosiddetti investitori di lungo periodo, guardando principalmente a Cassa Depositi e Prestiti, la partecipata del Mef la cui controllata Cdp Real Estate è da tempo concentrata su iniziative di edilizia sociale e negli studentati.

Indicazioni più precise sulla manovra si avranno già entro metà settembre, quando il governo presenterà il Piano strutturale di bilancio, il nuovo documento previsto dal Patto di Stabilità e Crescita, da inviare a Bruxelles entro il 20 del mese. Architrave del piano sarà la traiettoria della spesa netta, ossia il parametro al quale si dovranno adeguare le politiche per i prossimi cinque anni e che indicheranno il percorso di rientro dal deficit eccessivo e dal debito su un arco di quattro o sette anni. Il documento indicherà anche il deficit per l’orizzonte di programmazione. Entro metà ottobre il governo licenzierà invece il documento programmatico di bilancio, la cornice vera e propria della manovra, con le nuove stime macroeconomiche e con le misure a grandi linee e le spese e le entrate, da inviare anche questo a Bruxelles per l’ok.

Meloni e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, arrivano all’appuntamento sapendo di aver già messo in cascina uno 0,6% di crescita nel 2023. L’Istat ha infatti confermato nel secondo trimestre una crescita dello 0,2%. Il Mef è quindi a poco più della metà dell’obiettivo di espansione dell’economia all’1% per quest’anno, indicato ad aprile nel Documento di economia e finanza.

“La crescita è dovuta in lieve parte alle componenti della domanda nazionale, grazie al contributo positivo per 0,1 punti percentuali sia dei consumi delle famiglie, sia degli investimenti e di quello negativo della spesa delle Amministrazioni Pubbliche per 0,1 punti. Invece, più consistente il contributo positivo fornito della variazioni delle scorte, pari a 0,4 punti percentuali, che contrasta quello negativo della domanda estera netta, che sottrae 0,3 punti alla crescita del Pil”, scrive l’Istat. Ecco spiegata l’enfasi di Meloni e dei suoi sulla necessità di mettere soldi in tasca ai cittadini. Per rafforzare la crescita servono i consumi . Non a caso tra i settori il cui valore aggiunto è in calo spicca l’industria (assieme all’agricoltura). La sola domanda estera e in servizi, turismo su tutti non sono sufficienti per la seconda manifattura d’Europa.

 

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