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Lavori di ristrutturazione per più di 36 milioni di euro dichiarati e documentati per ottenere il bonus edilizio ma in realtà mai eseguiti. Una maxi truffa, secondo quanto contestato dalla guardia di finanza di Como nell’indagine “Casa fantasma”, avviata nel 2022 e sfociata nelle scorse ore nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sette persone, sei in carcere e una ai domiciliari.
Alcuni degli immobili indicati nella documentazione erano addirittura inesistenti. In altri casi, sarebbero stati falsificati contratti stipulati con clienti all’oscuro di tutto. Complessivamente, i finanzieri del nucleo economico finanziario di Como hanno esaminato 579 comunicazioni presentate all’Agenzia delle entrate per generare i falsi crediti di imposta. Bonus chiesti e ottenuti per ristrutturazioni, lavori di efficientamento energetico e di restauro delle facciate in realtà, secondo le fiamme gialle mai eseguiti. I falsi cantieri sarebbero stati aperti in Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria.

La società al centro della presunta, maxi frode è un’azienda edile con sede in centro Como. La guardia di finanza ha notato che nell’ultimo periodo, pur a fronte di un numero limitato di mezzi e dipendenti, l’impresa – realmente attiva nel settore edile – ha registrato un picco di fatturato, passando da ricavi di poche migliaia di euro ad oltre 36 milioni.
Un risultato ottenuto, secondo l’accusa, tramite quello che sarebbe un complesso meccanismo fraudolento per la creazione, cessione e monetizzazione di falsi crediti d’imposta per lavori mai eseguiti oppure iniziati e mai conclusi. Ottenuti i falsi crediti d’imposta per i lavori mai eseguiti, la società li avrebbe poi ceduti a terzi. A fronte di falsi crediti d’imposta per 36,4 milioni di euro, un valore nominale di 14,2 milioni è stato ceduto a terzi, 12,1 milioni sono stati ceduti a istituti di credito ottenendo un corrispettivo di oltre 7,4 milioni e i restanti 9,9 milioni erano nelle casse della società.

Eseguita un’ordinanza di custodia cautelare per sette persone, accusate a vario titolo di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture inesistenti, omesso versamento Iva, indebita compensazione di crediti non spettanti. Il giudice ha disposto anche il sequestro preventivo di beni per 28,5 milioni di euro riconducibili agli indagati. Sequestrati infine i crediti d’imposta fittizi ancora disponibili nel “cassetto fiscale” della società.

 

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