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Martedì 24 settembre alle 17.30, presso il Kulturni dom in via Italico Brass a Gorizia, si terrà la presentazione del volume “Gorizia. Ricostruzione e identità nazionali (1947-1954)” di Anna Di Gianantonio, Ennio Francavilla e Tommaso Montanari. A presentare l’evento sarà il giornalista Marko Marinčič. Il volume è frutto di una ricerca che mette a fuoco le linee politiche che hanno guidato la ricostruzione di Gorizia nel secondo dopoguerra. La prima parte della ricerca ricostruisce ciò che accadde nei giorni che separarono il ritiro del Governo Militare Alleato e l’insediamento delle autorità italiane.

Nel settembre del 1947 una ondata di violenze colpì la comunità slovena, tanto intensa e distruttiva da essere definita dalla stampa un vero e proprio “pogrom”. In quei giorni furono distrutti negozi, sedi di giornali e di associazioni, ritrovi pubblici, circoli e associazioni. Nonostante i memoriali prodotti dalle organizzazioni slovene e le interpellanze parlamentari, nessun colpevole fu condannato e nessun risarcimento venne offerto alla comunità slovena.

Le violenze del 1947 hanno alcune caratteristiche peculiari: da un lato sono la risposta ad un trattato di pace ritenuto ingiusto e umiliante per gli italiani, una sorta di vendetta dopo le lotte del 1945-46 in cui le forze nazionali speravano di ottenere risultati più soddisfacenti, dall’altro furono anche un monito per gli sloveni sui rapporti di forza in città. La seconda parte del volume analizza le strategie di ripresa della città. Esse furono elaborate da due soggetti principali: l’Ufficio Zone di Confine, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sotto la direzione di Giulio Andreotti e il suo terminale goriziano, il prefetto Giovanni Palamara.

L’Ufficio svolse il suo compito dal 1947 al 1954, anno in cui le sue competenze passarono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’Ufficio ebbe il compito di ricostruire Gorizia in ogni suo aspetto: civile, sociale, economico, culturale, sportivo, religioso, finanziando le associazioni che promuovevano l’italianità di Gorizia. In città e nella sua provincia mancavano le case e le infrastrutture civili, le industrie e il commercio erano in crisi, le campagne erano in rivolta per conquistare patti agrari più favorevoli, grave era la diffusione di malattie come la tubercolosi, dovute alla miseria e alle precarie condizioni di vita, mentre in città arrivavano gli esuli cui bisognava trovare una sistemazione e i profughi dalla zona B.

Le strategie messe in campo dal punto di viste economico non ebbero però il risultato sperato: Zona Franca, Manifattura Tabacchi, bonifica dell’agro cormonese gradiscano furono realizzate solo parzialmente e in tempi molto lunghi. Da qui la necessità di maggiore e costante finanziamento alle associazioni italiane per scongiurare la possibile influenza politica slovena. Si creò dunque un paradosso per cui meno si risolvevano i problemi strutturali della città e più i finanziamenti dovevano essere cospicui. La lotta per l’uso della lingua slovena nei luoghi pubblici, per la restituzione degli edifici sottratti durante il fascismo, per il riconoscimento delle scuole e per la stessa agibilità nel centro città si protrasse per anni. Furono soprattutto i sacerdoti sloveni ad essere controllati e seguiti.

L’evento è organizzato dall’Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, con il contributo della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia.

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