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I nuovi numeri dell’Istat sull’economia e sulla finanza pubblica del nostro Paese consegnano una piccola dote aggiuntiva al governo, ma il ministro dell’Economia, come sta facendo anche sulle entrate fiscali, tende a ridimensionare l’impatto delle nuove cifre sulla manovra: “La revisione dei dati è di lieve entità”. Sono troppi e troppo diffusi gli appetiti di partiti e ministri per non tenere il freno a mano tiratissimo in questa fase di messa a punto della legge di Bilancio. Una linea condivisa dalla premier, che punta a presentarsi in Europa con le carte più che in regola. E questo mentre resta alta la tensione nella maggioranza sull’intricato nodo della tassa o del contributo da porre a carico di banche, assicurazioni e gruppi energetici. Tanto che le sole voci piegano i titoli bancari a Piazza Affari, unico listino in rosso in Europa (-0,24%).

I NUMERI DELL’ISTAT

L’attesa revisione dei conti economici nazionali operata dall’Istat mostra un Pil aumentato anno dopo anno più del previsto e arrivato nel 2023 in termini assoluti a 2.128 miliardi, un livello superiore ai massimi toccati prima della crisi finanziaria del 2008. L’impatto sui conti pubblici è stato conseguente: il deficit è passato dal 7,4% al 7,2% e il debito è sceso in maniera ancora più vistosa, dal 137,3% stimato la scorsa primavera al 134,6%. Gli analisti dell’Istat non si sbilanciano sull’effetto della revisione: spiegano che “dinamica sottostante che sostanzialmente rimane confermata”, nonostante il livello del Pil sia salito oltre le previsioni iniziali.

L’IMPATTO SULLA MANOVRA

L’impatto sul 2024 è complicato da calcolare. Il punto è che i tecnici dell’Istat hanno rivisto al rialzo il valore nominale del Pil sia del 2021 che del 2022 e del 2023, ma hanno ridimensionato il tasso di crescita del 2023: 0,7% e non 0,9% come calcolato finora. Il confronto con il 2022 rivisto al rialzo porta a un ridimensionamento della percentuale di variazione. Il punto è che, a conti fatti, un margine in più di manovra si ottiene. Non a caso Lucia Albano, sottosegretaria al Mef in quota Fdi, ipotizza “una maggiore flessibilità”. Ma Giancarlo Giorgetti è secco: per il ministro dell’Economia, la revisione “è di lieve entità” e non cambia i principi e il quadro del Piano strutturale di bilancio esaminato dal consiglio dei ministri del 17 settembre. Il Psb sarà semplicemente “rifinito”. Il messaggio a partiti e ministri resta dunque quello già recapitato qualche giorno fa: di tesoretti non ce ne sono.

BANCHE E ASSICURAZIONI

Il governo sta lavorando a un “contributo” per l’Italia. Se si farà – perché che alla luce degli aggiornamenti Istat, osservano in maggioranza, potrebbe non essere così dirimente per i conti pubblici – nell’operazione potrebbero essere coinvolti, oltre a banche e assicurazioni, anche altri settori, dall’energia al farmaceutico, che negli ultimi anni hanno avuto trend positivi nonostante le crisi, dalla pandemia alle guerre. In termini di risorse, si starebbe ragionando attorno a un incasso di 2 miliardi: i calcoli degli analisti, sulla base di una ipotesi di prelievo del 2% stimano introiti tra 900 milioni e 1,7 miliardi dalle banche e tra 700 milioni e 1,4 miliardi dalle assicurazioni. Il come, però, è tutto da definire. “I grandi attori devono essere coinvolti su un disegno più generale che si chiama per me azienda Italia”, dice anche il nuovo direttore generale dell’Abi Marco Elio Rottigni, chiarendo però che non ci sono “piani” degli istituti bancari da sottoporre all’esecutivo dell’associazione, che si riunisce domani.

LA SANATORIA

NEL CONCORDATO

La sanatoria collegata al concordato fiscale, riservata solo per imprese e partite Iva che aderiscono al meccanismo, non riguarderà l’anno 2023, ma gli anni che vanno dal 2018 al 2022. E’ questa la principale novità contenuta nella nuova versione dell’emendamento presentato al decreto-legge Omnibus in discussione al Senato.

 

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