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ANCONA Una scure che prende il nome di payback e impone alle aziende fornitrici di dispositivi medici di pagare un conto salatissimo per contribuire al ripiano degli sforamenti della pubblica sanità.

Il debito

Nelle Marche parliamo di una cifra monster di 65,5 milioni di euro – prima che il governo istituisse un fondo nazionale con il cosiddetto Decreto Schillaci, il salasso era addirittura di 136,5 milioni – per rientrare dei 292.197.000 euro in più spesi dalle quattro aziende ospedaliere (Torrette, Asur, Inrca e Marche Nord) operative tra il 2015 ed il 2018. Alle imprese – 1509 quelle debitrici verso la Regione, di cui 40 marchigiane – sono state chieste somme fino a quasi 10 milioni di euro. Una mannaia che rischia di far saltare non pochi bilanci. «Questa norma aberrante rischia di spazzare via oltre 2mila aziende in Italia e causare la perdita di 200mila posti di lavoro», l’allarme lanciato da Cna e Pmi Sanità, l’associazione nazionale delle piccole e medie imprese che forniscono ospedali e cliniche di materiali indispensabili per diagnosi e cure, rappresentata nelle Marche da Marco Micucci.

Il monito

E ancora: «Le chiusure delle aziende saranno inevitabili, con conseguenze devastanti non solo per il nostro settore, ma anche per il già fragile sistema sanitario e, infine, per il cittadino-paziente – rincara la dose Micucci – È il momento di agire con decisione. Serve un riequilibrio immediato che riporti logica e proporzionalità in questa situazione assurda».

L’aggiornamento

Ad oggi, dei 65.542.784 euro che le imprese fornitrici sono chiamate a pagare alla Regione Marche, «risulta incassato un importo pari a 4.922.931 euro, di cui 3.501.131 euro utilizzati, assieme al contributo statale, per assicurare gli equilibri del Servizio sanitario regionale dell’anno 2023». Ed è proprio su questo aspetto che la situazione si complica: senza le cifre previste dal meccanismo del payback, sarebbero i bilanci sanitari delle varie Regioni a non trovare la quadra, facendo saltare il banco del settore più importante e delicato. Aspetto che rende complicata la mediazione tra Palazzo Raffaello e le aziende marchigiane fornitrici di dispositivi medici sul piede di guerra.

Il fronte giuridico

Tanto più che due sentenze della Corte costituzionale emesse lo scorso 22 luglio hanno dichiarato legittimo il payback, nonostante i rilievi fatti nei mesi precedenti dal Tar del Lazio – a cui si erano rivolte le imprese fornitrici – che aveva parlato di «scelte legislative irragionevoli». Secondo la Consulta, le risorse intercettate con questo meccanismo devono essere considerate come «un contributo di solidarietà», necessario a sostenere il Ssn in una «generale situazione economico-finanziaria altamente critica che non consente ai bilanci dello Stato e delle Regioni di far fronte in modo esaustivo alle spese richieste». Trovare una quadra per evitare il default delle aziende coinvolte e, contemporaneamente, salvare i bilanci sanitari delle Regioni sarà decisamente complesso.



 

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