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Il dato di vendite di macchine utensili, robot e automazione di un Paese è uno degli indicatori più importanti per quanto riguarda gli investimenti delle imprese manifatturiere e rivela meglio di ogni altro quali siano le aspettative prevalenti tra gli imprenditori sulle prospettive di crescita di un Paese. Per questo la revisione al ribasso delle stime 2024 effettuata da UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE, l’associazione italiana di categoria, deve suonare come un campanello d’allarme per il sistema Paese.



I nuovi dati di UCIMU prevedono per il 2024 un calo di consumi sul mercato italiano del 26%, a 4,3 miliardi di euro. Allo stesso tempo, le esportazioni dall’Italia dovrebbero crescere ancora (+4,4%), rafforzando la posizione nelle classifiche mondiali, che vede il nostro Paese al quarto posto. Il risultato positivo è particolarmente significativo perché arriva in un anno di difficoltà generale del settore, atteso a un calo delle vendite del 6,4% a livello mondiale, secondo le stime formulate da Oxford Economics proprio in questi giorni.



Quali sono i motivi della crisi dei consumi in Italia? Possiamo individuare tre fattori che hanno influito negativamente nel corso del 2024.

In primo luogo, l’incertezza complessiva del contesto in cui le imprese devono prendere le decisioni di investimento. Sia sul fronte economico, caratterizzato dalla crescita dei prezzi e dall’attesa per il taglio dei tassi di interesse, come dalla debolezza della Germania, che per noi è un partner importantissimo, sia su quello politico, segnato da due conflitti molto vicini all’Italia e da appuntamenti elettorali di grande importanza.



Inoltre, dopo anni di crescita del mercato italiano a due cifre, ci si aspettava un calo fisiologico della domanda. Questo calo era atteso ma non deve far dimenticare che, prima della ripresa dei consumi, riconducibile al 2015, il parco macchine dell’industria italiano era invecchiato, spesso al limite dell’obsolescenza, e che il processo di rinnovamento non è stato completato.

Infine, il 2024 è stato caratterizzato dall’attesa per Transizione 5.0: le autorità di governo hanno impiegato sette mesi per pubblicare le linee operative e i regolamenti di questo provvedimento. Finanziata dall’Unione europea nell’ambito del Pnrr, questa misura ha una dotazione di oltre sei miliardi di euro e prevede un generoso credito di imposta (fino al 45%) per gli investimenti in macchinari in grado di ridurre il consumo di energia.Non stupisce quindi che le imprese abbiano praticamente congelato le loro decisioni di investimento in attesa di capire come avrebbe funzionato l’incentivo, il cui ritardo ha di fatto bloccato il mercato.

Anche se la controprova si avrà in occasione della 34. BI-MU, la fiera di settore che si terrà a Milano dal 9 al 12 ottobre, e che metterà in contatto produttori e utilizzatori di macchine utensili, robot, automazione, la prima impressione lasciata da Transizione 5.0 non è del tutto positiva.

Le imprese italiane, come hanno già dimostrato con Industria 4.0 e la rivoluzione digitale, sono perfettamente in grado di adeguarsi ai cambiamenti e, in questo caso, consapevoli della necessità di ridurre i consumi di energia. Ma le regole e le tempistiche di Transizione 5.0 non sono delle migliori: le prime sono del tutto nuove e particolarmente complesse, al punto che persino i consulenti paiono essere in difficoltà su alcuni aspetti, le seconde sono eccessivamente ravvicinate, con il termine per completare l’investimento fissato al 31 dicembre 2025.

Sarebbe quindi opportuno che le autorità di governo aprissero quanto prima un Tavolo di confronto con i rappresentanti del mondo industriale per capire come semplificare l’operatività della norma. Questo permetterebbe di ridare slancio agli investimenti, sfruttando appieno i fondi messi a disposizione dall’Unione europea: sempre secondo Oxford Economics, il buon funzionamento di Transizione 5.0 potrebbe portare a un rimbalzo del +17,5% del mercato italiano nel 2025.

A una situazione come quella descritta si contrappone l’impegno delle aziende manifatturiere ancora una volta chiamate a competere a livello mondiale contro colossi che le schiaccerebbero se non ci fosse una profonda conoscenza del mondo in cui operano e capacità di interpretare le necessità dei clienti finali che permette alle nostre PMI di indirizzare la loro capacità progettuale e realizzativa alla soluzione di qualunque problema venga loro sottoposto dal mercato.

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