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BARI – Il contributo straordinario di 70 milioni ritenuto illegittimo dal Consiglio di Stato non è più iscritto nel bilancio delle Ferrovie Sud-Est. Mercoledì il consiglio di amministrazione presieduto da Venerando Monello ha provveduto a dare attuazione alla sentenza di agosto, chiedendo nel contempo la convocazione dell’assemblea dei soci.

La palla passa dunque nelle mani di Fs, che resta proprietaria al 100% della società pugliese fino a quando il ministero delle Infrastrutture non riceverà dal Consiglio di Stato i chiarimenti richiesti tramite l’Avvocatura sulle modalità di esecuzione della sentenza. Reta infatti da capire se l’annullamento del decreto di trasferimento della società – stabilito in sentenza – ne comporti necessariamente il ritorno nelle mani del ministero.

La correzione effettuata nei conti comporta che la società abbia l’obbligo di ricostituire il capitale, pena – appunto – le conseguenze civilistiche note (la messa in liquidazione). Ma chi sta seguendo il dossier fa notare che il rischio concreto di fallimento è molto, molto remoto: la società è finanziariamente sana, da due anni produce utili e ha in bilancio una riserva da circa 20 milioni. Su questa base potrebbe salvarsi da sè, ma prima deve essere chiarito il nodo della proprietà.

Ferrovie Sud-Est gestisce la principale rete concessa italiana ma ha anche un servizio su gomma molto remunerativo. Il contratto di servizio con la Regione Puglia, rinnovato fino al 2032, vale circa 50 milioni di euro l’anno. L’efficientamento dei costi operativi ha già consentito di portare la gestione in equilibrio, ma un ulteriore sforzo potrebbe produrre le risorse necessarie a restituire a Fs il prestito ponte attivato nel 2016 per un valore equivalente al contributo pubblico deciso dal governo (epoca Renzi, ministro Delrio) per il salvataggio della società. Soldi – quelli previsti nella Finanziaria 2016 – che Fse non ha mai materialmente incassato, ma che bilanciavano il prestito di pari importo trasferito da Fs: venuti meno i primi, il risultato è una sopravvenienza passiva da 70 milioni.

La soluzione potrebbe arrivare dopo la risposta del Consiglio di Stato. Nel frattempo la situazione resta fluida. I sindacati (le segreterie pugliesi di Fit Cisl e Filt Cgil) hanno scritto al governatore Michele Emiliano e all’assessore ai Trasporti, Debora Ciliento, per chiedere la convocazione di un tavolo, evidenziando «le legittime preoccupazioni e aspettative dei lavoratori sul loro futuro occupazionale e retributivo». Ma la Regione è l’ultimo anello della catena: è sì il concedente del servizio (e nel contratto c’è una clausola rescissoria collegata alla sentenza), ma ha soprattutto l’interesse a non sospendere treni e bus e a tutelare l’occupazione. A Bari, insomma, si attendono le decisioni romane per capire come muoversi: il capo di gabinetto Giuseppe Catalano, che viene dal Mit, sta mantenendo contatti (per ora) informali con lo scopo di intervenire al momento opportuno.

La Regione non ha ovviamente obiezioni al mantenimento di Fse nell’alveo del gruppo Fs. Quindici anni fa c’era stato un timido tentativo di acquisizione di Ferrovie Sud-Est, ostacolato (lo dicono le indagini della Procura di Bari) dall’allora amministratore unico Luigi Fiorillo, ma ora l’operazione appare improbabile. L’eventuale ritorno al ministero sarebbe forse la strada più semplice per la ricapitalizzazione, ma anche qui bisognerà muoversi con i piedi di piombo per evitare una nuova violazione delle norme europee in materia di aiuti di Stato. [m.scagl.]



 

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