L’addio non è sereno: «Fino a un anno, un anno e mezzo fa ero orgoglioso del lavoro fatto a Genova, dei risultati ottenuti. Ma è sconfortante vedere come il Parlamento distrugga tutto. Quindi non posso che comprendere quei giudici che qui, come me, hanno deciso di lasciare il tribunale per i minorenni». L’ultimo giorno di lavoro nel suo ufficio all’Acquasola è stato venerdì. Luca Villa, ormai ex presidente del tribunale per i minori nel capoluogo ligure, va a Milano a fare il procuratore capo, sempre nella giustizia minorile. Domani sarà a un evento organizzato dall’ordine degli avvocati, che hanno insistito per salutarlo, poi il ritorno a casa, perché Villa è milanese.
Il bilancio, quindi, è negativo?
«Io sono arrivato nel 2018, e tante cose fatte qui rimarranno. Sono stati fatti enormi passi avanti sulla messa alla prova, sugli affidamenti ai servizi sociali, sui protocolli con le Asl e i consultori, la formazione e il protocollo sui curatori speciali. Siamo tra i pochissimi uffici ad ascoltare ogni singolo minore non accompagnato arrivato sul territorio, anche quando sono passati da 100, nel 2018, a 1200, nel 2022. Il tutto in mezzo a uno tsunami, con il crollo di ponte Morandi, l’emergenza Covid, appunto l’arrivo mai così massiccio di minori stranieri in Liguria. Poi però sono arrivate una dopo l’altra la riforma Cartabia, che per quanto riguarda la giustizia minorile è priva di razionalità, il processo civile telematico, il decreto legge Caivano. L’effetto sono aumenti spropositati dei carichi di lavoro, il tutto con i soliti problemi di organico. Nei primi 5 anni avevamo recuperato tutto l’arretrato civile, ora si lavora solo sulle urgenze. Negli anni scorsi c’è stato da parte dei giudici un impegno al limite dell’abnegazione perché c’era una prospettiva di miglioramento, ma ora non si vede un orizzonte di tempo sostenibile».
Allora cosa cambia con il trasferimento a Milano?
« Lì so di poter dare un contributo importante, in un contesto, quello delle procure, che non è stato pesantemente condizionato dalle ultime riforme».
Come sarà organizzato il tribunale a Genova (copre il territorio da Imperia a Massa)?
«La pianta organica prevede un presidente più sei giudici togati, ma già fino a venerdì scorso eravamo uno in meno. Ora al mio posto subentra il procuratore capo facente funzione Daniela Verrina, che visti i tempi al Csm credo rimarrà almeno un anno. Nel frattempo altri due giudici hanno chiesto di andare alla Corte di Appello di Genova, sono uscite le graduatorie e non avranno problemi a entrare».
Le carenze riguardano anche cancellerie e settore amministrativo.
«Negli ultimi tre mesi sono arrivati tre rinforzi e la situazione è migliorata, ma per 5 anni la situazione è stata più che critica arrivando ad una scopertura del 50% mentre i nuovi affari aumentavano di anno in anno. L’unica istituzione che ci ha aiutato è stata il Comune, ci ha mandato due persone. Avevamo chiesto aiuto anche alla Regione, citando l’esempio del Veneto, ma non ci ha ascoltato».
Tutto questo in un momento storico non proprio facile…
«Non siamo ancora usciti dai danni causati dal Covid e dai lockdown. Sofferenza psichiatrica, casi di autolesionismo, una dipendenza tecnologica che non si sta risolvendo. Una esplosione di violenza ingiustificata di cui facciamo fatica a trovare le motivazioni. Prendiamo i tentati omicidi, nei primi cinque anni in Liguria credo di averne visto uno, nell’ultimo anno 6 o 7. Registriamo un dilagare nell’uso dei coltelli».
In che modo il decreto Caivano ha peggiorato la situazione?
«Ancora prima dell’entrata in vigore del decreto abbiamo avuto un raddoppio delle misure coercitive. Il decreto Caivano, allargando i termini di custodia cautelare e le possibilità di arrestare, ha aumentato ulteriormente il carcere per i minori. Solo che qui non solo non avevamo le comunità per minori, ma nemmeno le comunità del circuito penale».
E la riforma Cartabia?
«Il tribunale per i minori deve uniformarsi a quello ordinario. Vuol dire più memorie, più udienze alle quali ormai può partecipare solo il giudice togato. Ma noi avevamo 24 giudici onorari che svolgevano soprattutto compiti istruttori, parliamo di udienze che mediamente durano almeno un’ora e davano, e per ora danno ancora, un contributo fondamentale ma via via marginalizzato. Il risultato è che il tribunale ormai è un pronto soccorso, si fanno solo le urgenze. Quando esco dall’ufficio, intorno alle 19.30, le luce degli uffici sono accese. Vedo nei colleghi una grande stanchezza senza prospettiva».
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