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Da Milano a Nairobi nel segno dell’innovazione. Mario Molteni, una vita nel sociale, tra i massimi esperti di CSR: «Il nostro è un ponte tra Africa e Italia per lavorare con le startup» #finsubito prestito immediato


Questa nuova tappa del nostro Grand Tour in giro per i luoghi dell’innovazione si spinge al di là del Mediterraneo per raccontare un hub che dal Kenya si sta allargando anche ad altre nazioni importanti per il piano Mattei. Il CEO di Fondazione E4Impact: «Abbiamo startup che si occupano di Agritech, ma anche di Healthtech, Moda, Edilizia ed energie rinnovabili»

Far nascere nuove realtà nel proprio territorio di origine con la speranza e la consapevolezza che riusciranno a portare una ventata d’innovazione in Kenya. Così è nata l’idea, nel 2018, di mettere a terra l’acceleratore E4Impact a Nairobi, grazie al supporto dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e alla collaborazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Negli anni, l’acceleratore ha supportato, complessivamente, 120 imprese. Oggi le aziende coinvolte in questi programmi sono 40 e l’obiettivo futuro è di formarne e accelerarne sempre di più. In questa nuova tappa del nostro Grand Tour in giro per il mondo ad aprirci la strada dell’innovazione è il prof. dell’Università Cattolica Mario Molteni, CEO della Fondazione E4Impact che gestisce il progetto.

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Di che cosa si occupa l’acceleratore kenyota?

Su una superficie di 360 mq, nell’acceleratore E4Impact si promuove l’imprenditorialità come strumento per lo sviluppo sostenibile e inclusivo in Africa, con l’idea di facilitare gli investimenti e i collegamenti con i mercati regionali e internazionali, in particolare, con quelli italiani. «L’hub ospita 30 imprese accelerate e 10 incubate con un orientamento tech su temi specifici per l’Africa come l’Agritech, l’Edutech, l’Healthtech, la Moda, l’Edilizia, il Green e le energie rinnovabili, proposte da imprenditori locali spesso giovani, in gran parte donne». Soprattutto l’Agrifood, le Energie rinnovabili e il settore del Waste managment sono ritenuti strategici in questa zona del continente africano. E non solo, perché anche in Italia hanno la loro nicchia di applicazione.

7 La cerimonia di consegna dei diplomi agli oltre 30 imprenditori che hanno partecipato ai corsi erogati da E4Impact

«Prestiamo interesse anche a quei settori in cui l’Italia è un’eccellenza mondiale e una cosa che stiamo tentando di fare è cercare partnership una volta che identifichiamo aziende africane promettenti che passano nel nostro acceleratore – racconta il professore – Verifichiamo, quindi, se ci sono imprese italiane che possono essere interessate a una partnership e si crea una prospettiva win-win». Un modello che funziona anche al contrario, come ci spiega Molteni: «Ci sono startup che nascono nel contesto italiano e che potrebbero avere successo in Africa. In particolare, nel campo dell’e-health. In Italia sono ritenute un’alternativa ad altri tipi di soluzioni internazionali, mentre in Africa rappresentano una possibilità in più per coloro che non hanno accesso alle cure mediche, per esempio. Così valorizziamo anche quelle startup e quelle aziende di giovani italiani che sono adatte per crescere in un contesto di carenza di infrastrutture. Crediamo che da questo scambio possano scaturire collaborazioni molto interessanti».

Dal Kenya ad altre zone dell’Africa

Ma perchè l’acceleratore ha deciso di insediarsi proprio qui? «Quella del Kenya è scelta di vecchia data – spiega il prof. Molteni – Nel 2010 abbiamo deciso di non puntare più su progetti in Italia per chi dall’Africa arrivava nel nostro Paese, ma di spostarci noi verso il continente africano. In Kenya c’è una stabilità da un punto di vista sociale ed è la nazione di riferimento di tutto il corno d’Africa, con una valenza strategica». «Quando abbiamo iniziato a operare in Africa siamo partiti dal Kenya, oggi ci troviamo in 20 Paesi ma il Kenya è rimasta la nostra base – continua il professore – Proprio in questi mesi stiamo lavorando per partire con qualcosa di analogo in Ghana».

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12 La cerimonia di consegna dei diplomi agli oltre 30 imprenditori che hanno partecipato ai corsi erogati da E4Impact

E4impact opera in Africa con l’idea che per essere significativi è importante rimanere in un contesto che, pur con delle difficoltà, presenta anche aspetti di unitarietà. «Abbiamo ricevuto manifestazioni di interesse anche da parte di alcuni Paesi dell’America Latina. Qui noi ci occupiamo di guidare una serie di iniziative ognuna con un consistente tasso di innovatività in un contesto in cui mancano tanti beni, prodotti e servizi. E facciamo il possibile per far sì che alcune aziende possano crescere». Ma torniamo un attimo in Italia perchè nel 2021, l’Università Cattolica, in partnership con E4Impact e con il contributo di AICS, ha dato seguito al progetto iniziale con l’E4Impact Entrepreneurship Center, che potenzia i servizi alle aziende locali e si concentra su quei settori individuati come driver chiave dell’economia africana e della creazione di posti di lavoro.

Un’innovazione che inizia dai Millennials

In particolar modo, queste aziende che nascono in Kenya sono fondate, per lo più, da Millennials. «I founder qui hanno tra i 35 e i 40 anni, poi ce ne sono anche di più giovani, ma anche persone che, dopo una lunga esperienza in altri lavori, vogliono mettersi in gioco e decidono di fare quel salto che, probabilmente, gli cambierà la vita», precisa Molteni. «Siamo in contatto con le Università locali e vogliamo riuscire ad avere in più Paesi un centro articolato come quello del Kenya. In particolare, stiamo lavorando per l’Uganda, l’Etiopia, il Camerun, il Mozambico e alcune nazioni che hanno un’importanza prioritaria nel piano Mattei delineato dal nostro Governo, per cui siamo determinati a essere un attore efficace».

3 Il panel di discussione sulla esperienza vissuta dagli imprenditori relativa ai corsi erogati dal Centro di Incubazione e di Accelerazione di Imprese E4Impact

Che progetti ci sono in ballo in futuro?

Oltre a replicare il modello kenyota in altri Paesi, l’acceleratore E4Impact si muove anche su una seconda direttrice: «Nei nostri piani c’è l’idea di integrare la parte di formazione, accelerazione e supporto verso uno sviluppo delle partnership in Africa, per far sì che imprese italiane si radichino nel territorio – conclude il professore – Vorremmo contribuire a una “migrazione dignitosa” quando le persone si trovano ancora nei Paesi africani. In questa ottica, vorremmo che imparassero l’italiano prima di arrivare in Italia, che siano già formati e che abbiano delle buone basi di imprenditoria. Noi siamo partiti con l’idea di sviluppare un’imprenditorialità in Africa, ma questa non è alternativa alla migrazione. Anche l’Italia era un paese di migrazione poi, arrivata a un certo livello di reddito, è diventata una nazione di immigrazione».





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