Il suicidio di Carlotta Benusiglio non può essere considerato come “una conseguenza non voluta, ma comunque concausata dalla condotta dell’imputato”, non classificabile nemmeno come “persecutoria”. Lo scrive la Cassazione nella motivazioni della sentenza con cui l’8 maggio scorso è stato assolto definitivamente l’ex fidanzato della stilista trovata impiccata con una sciarpa a un albero dei giardini di piazza Napoli a Milano, il 31 maggio 2016. Marco Venturi era stato l’ultimo a vedere viva Carlotta quella notte.
La Cassazione ha confermato un “impiccamento suicidiario”, pertanto a carico di Marco Venturi non è “configurabile” nemmeno il “reato di morte come conseguenza del delitto di atti persecutori” su cui puntava l’accusa. In primo grado, infatti, Venturi era stato condannato a sei anni di reclusione per “morte come conseguenza di altro reato”, ipotizzando lo stalking durato per anni. La Corte d’Appello, però, a ottobre 2023 aveva ribaltato le sorti del processo, scegliendo l’assoluzione per l’uomo “perché il fatto non sussiste”. Decisione, ora, confermata dalla Suprema Corte.
La Cassazione ha sottolineato che la relazione tra Marco Venturi e Carlotta Benusiglio “non ha mai assunto i caratteri tipici della relazione che si instaura tra lo stalker e la vittima”. Inoltre, le immagini delle telecamere nell’area di piazza Napoli, quella notte “non hanno mai ripreso Venturi mentre teneva comportamenti da ‘instancabile ed ossessivo inseguitore’ ma, al contrario, mentre, con un atteggiamento remissivo, rimaneva del tutto inerte senza reagire alle ripetute condotte violente della Benusiglio, cessate solo con l’arrivo di una camionetta con a bordo alcuni militari”. La Corte ha concluso che Carlotta Benusiglio “ben prima dell’inizio della relazione con Venturi viveva già un forte disagio psicologico seriamente afflittivo”.
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