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Equalize, le aziende che hanno commissionato dossier alla società al centro dell’inchiesta della Procura di Milano #finsubito prestito immediato


Sono decine le aziende che hanno assoldato e pagato Equalize, la società di investigazione dell’ex poliziotto Carmine Gallo e del presidente di Fondazione Fiera Milano, Enrico Pazzali, per ottenere dossier riservati. Come emerge dalle carte dell’indagine della Procura di Milano, che ha indagato a vario titolo 51 persone, tra cui Gallo e Pazzali, per attività illecite riconducibili al business di Equalize, tra cui accessi abusivi a database, la società milanese, con sede nella centralissima via Pattari, aveva clienti di primo piano.

Noi abbiamo la fortuna di avere clienti top in Italia“, esultava intercettato l’hacker Samuele Calamucci, collaboratore di Gallo e Pazzali e anch’esso indagato. E in effetti, scorrendo i nomi delle società menzionate nelle carte, si trovano realtà di primissimo piano nei rispettivi settori. Dalle banche ai colossi industriali, dalle aziende di logistica agli studi legali. È bene precisare che alcune di queste sono estranee alle indagini e avevano chiesto dossier reputazionali, del tipo che Equalize confezionava accedendo a fonti aperte, in maniera legale. In altri casi, da quanto emerge dalle indagini, era Equalize a mascherare dati da accessi illeciti in dossier all’apparenza “legali”, senza che ne fossero a conoscenza. In altri casi, alcune aziende o loro rappresentanti risultano indagati per il tipo di operazioni richieste alla società.

Conosci altri casi di database sensibili accessibili anche a chi non è autorizzato? Inviaci una segnalazione anonima

I big dell’energia

Tra i principali “clienti” di Equalize figurano alcuni dei pesi massimi del settore energetico. Come Erg, realtà genovese attiva nelle rinnovabili (non indagata): avrebbe investito 117.500 euro per monitorare alcuni collaboratori sospettati di fare trading online sfruttando informazioni price sensitive. Per spiarli, Equalize avrebbe installato sui loro dispositivi dei software in grado di intercettare comunicazioni e chat private, compresi i messaggi WhatsApp. Un’attività che, secondo gli investigatori, configurerebbe il reato di “intercettazione abusiva“.

Nella sede di Equalize sarebbero stati trovati anche documenti di Eni (non indagata), che avrebbe versato nelle casse della società di intelligence 377mila euro, stando alle indagini, ad acquisire dossier su figure come l’imprenditore Francesco Mazzagatti, con cui il Cane a sei zampe è in causa. La Procura ha disposto perquisizioni anche negli uffici del direttore degli affari legali, Stefano Speroni, indagato per concorso in accesso abusivo a sistema informatico. “Eni ribadisce di non essere mai stata, e di non essere, in alcun modo al corrente di eventuali attività illecite condotte da Equalize“, ha fatto sapere l’azienda.

L’industria

Non solo energia. Stando alle carte, ad assoldare gli 007 di via Pattari sono state anche aziende di altri settori industriali. Come Barilla (non indagata), menzionata nelle carte per un versamento da 17mila euro: un dirigente del gruppo, il responsabile sicurezza (indagato) voleva scoprire chi, tra i manager, passava notizie a un giornalista. Stesso copione per Heineken Italia, società non indagata, che ha sborsato 25mila euro per attività di “intelligence” su alcuni dipendenti. Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del fondatore di Luxottica, è indagato per aver ottenuto informazioni (a pagamento) su uno dei fratelli nel contesto dei passaggi ereditari e per una presunta attività di spionaggio di un’ex fidanzata.

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Anche l’ex Ilva, il più grande complesso siderurgico italiano ora in amministrazione straordinaria dopo la lunga crisi degli ultimi anni, figura tra i clienti di Equalize con un pagamento di 17.800 euro. Secondo gli atti dell’informativa dei carabinieri del Nucleo investigativo di Varese, il colosso dell’acciaio sarebbe diventato cliente dell’agenzia investigativa grazie alle relazioni personali tra Enrico Pazzali e Claudio Picucci. Quest’ultimo, all’epoca direttore delle risorse umane di Ilva ed ex manager di Poste Italiane, sarebbe stato il tramite per l’avvio della collaborazione. Né Picucci né i vertici di Ilva risultano comunque tra gli indagati nell’inchiesta.

Banche, edilizia e logistica

Nell’elenco delle aziende che si sono avvalse dei servizi della società compaiono anche banche e società di logistica. Come Banca Profilo, non indagato, che ha affidato al gruppo un imprecisato “mandato investigativo” da oltre 43mila euro. O come Brt, big delle consegne finito in passato in altri guai giudiziari e legato a pagamenti per 120mila euro, ma non indagato in questa inchiesta.



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