Magneti Marelli di Caivano (Napoli), Bosch di Modugno (Bari), Hi-Lex di Chiavari (Genova), Proma di Melfi, MA Group di Cassino sono alcune delle aziende dell’indotto ex Fiat ad aver fatto un appello al governo Meloni affinché si allertasse per la salvaguardia dell’occupazione e dei posti di lavoro. A questa lista si aggiunge una delle principali realtà della componentistica auto italiana, satellite del gruppo automobilistico italo-francese.
CLN Coils Lamiere Nastri spa di Caselette (Torino), gruppo di rilievo del panorama mondiale dell’acciaio e dell’assemblaggio di componenti per l’industria automobilistica, secondo quanto risulta al Messaggero, ha alzato bandiera bianca. Il gruppo, fondato nel 1948 da Mario Magnetto, con il nome MAFEM, fa capo al 75% alla famiglia del fondatore e al 25% ad ArcelorMittal, ex socio Ilva. CLN ha aperto un negoziato con le banche per ristrutturare l’indebitamento. In tutto l’esposizione dovrebbe sfiorare un miliardo, sotto forma di autoliquidante, cartolarizzazioni e factoring, nei confronti di Intesa Sanpaolo, principale istituto creditore, seguito da Unicredit, Bpm, Bnl, Mps, Bei e Generali coinvolta per un direct lending.
Il tavolo partirà nei prossimi giorni e si avvarrà degli advisor: Pwc per conto di CNL e Houlihan Lokey per le banche creditrici, indicato da Intesa Sp.
CADUTA ORDINI
La crisi del gruppo piemontese è diretta conseguenza della crisi dell’automotive, visto che è fornitore di Stellantis che ha ridotto gli ordini di circa il 40% a causa della caduta dei ricavi e dei margini, ma anche Mercedes, Renault e altre case automobilistiche. Del resto, è notizia fresca di ore, Volkswagen ha annunciato la chiusura di tre stabilimenti con riduzione di occupazione e busta paga e chiude la fabbrica del Suv elettrico a Bruxelles.
Pur non essendo ancora partito il negoziato, fra le banche principali ci sarebbero stati già contatti da cui è spuntata un’ipotesi industriale che, se andasse in porto, avrebbe un doppio risvolto. Sembra che lo stabilimento di stampaggio situato a Kielce, Polonia, possa essere acquistato proprio da Stellantis, che è uno dei principali clienti. Gira anche una ipotesi prezzo, attorno a 200 milioni.
Questa soluzione avrebbe il vantaggio di far entrare cassa vitale per le finanze complicate del gruppo piemontese ma sembra che Stellantis possa ridurre al minimo le forniture complessive, comportando una caduta verticale di ordini, compromettendone il futuro. D’altro canto, CLN nell’ultimo bilancio conosciuto (2023) ha registrato vendite per 1,5 miliardi, con operatività in 13 paesi (Italia, Germania, Francia, Polonia, Romania, Slovacchia, Portogallo, Sud Africa, Turchia, Argentina, Brasile, Russia Messico), estesi su tre continenti, con 7,210 dipendenti e tre centri di ricerche.
L’obiettivo di CLN è quello di essere leader nello sviluppo, industrializzazione e assemblaggio di prodotti in acciaio ad alto contenuto tecnologico, offrendo ai nostri clienti soluzioni e servizi dedicati e cercando, nel contempo, di diventare un punto di riferimento per eccellenza e di condividere con loro i risultati ottenuti. E finora ci era riuscito, anche se l’avvitarsi della crisi dell’automotive, potrebbe condizionare le prospettive e dare soprattutto un colpo di grazie all’indotto che non se la passa bene.
LE RICADUTE
La filiera della componentistica automotive e dei servizi per la mobilità in Italia conta circa 2.200 imprese per un totale di circa 167.000 addetti diretti (compresi gli operatori del ramo della subfornitura) e un fatturato complessivo di circa 56 miliardi di Euro. Nel 2022, il valore dell’export della componentistica ha proseguito il trend positivo del 2021 con un rialzo del 7,1%, per un totale di 23,5 miliardi di Euro, con un saldo positivo della bilancia commerciale di 5,2 miliardi di Euro.
La componentistica automotive italiana ha da oltre 20 anni un saldo attivo della bilancia commerciale superiore ai 5 miliardi di euro l’anno. Tutti questi numeri sono destinati a cambiare in peggio. Ed è il grido d’allarme dei sindacati e non solo.
Intanto, il presidente di Stellantis, John Elkann, non andrà in Parlamento, ma ribadisce «la disponibilità a un dialogo franco e rispettoso».
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