Buongiorno avvocato. In occasione di un diverbio avvenuto con il mio vicino di casa per motivi riguardanti le rispettive proprietà, quest’ultimo, rivolgendosi a me, proferì la seguente frase: “ti taglio la testa”. Posso querelarlo?
Stefano, Settimo Torinese
Egregio lettore, le parole utilizzate dal Suo vicino, di per sé, potrebbero integrare il reato di minaccia e, per tale ragione, potrebbe sporgere querela nei confronti di quest’ultimo.
Tra l’altro, ai fini della sussistenza della fattispecie delittuosa in argomento, non è necessario che Lei dimostri che la frase Le abbia generato un effettivo timore, ma è sufficiente che la stessa sia stata semplicemente idonea, in concreto, ad intimidire.
Bisogna, tuttavia, considerare che in sede di valutazione sul riconoscimento o meno della responsabilità penale per tale reato, i giudici sono portati a considerare, altresì, il contesto in cui la frase sarebbe stata proferita.
A tal fine, potranno essere ritenuti significativi, per esempio, il tono di voce utilizzato dal soggetto agente, così come l’esistenza di una lite in corso.
Pertanto, nel caso in questione, la idoneità in concreto ad intimidire della frase rivoltaLe, al di là del significato semantico di quest’ultima, potrebbe essere valutata non sussistente laddove il pubblico ministero, in sede di valutazione della querela, dovesse ritenere che le parole pronunciate siano da considerarsi quali mera reazione conseguente ad una rabbia momentanea originata dalla lite, soprattutto se non accompagnate da un tono di voce aggressivo del querelato. In questo senso, si è pronunciata recentemente la stessa Corte di Cassazione, sezione penale, con sentenza n. 313 depositata il 10 gennaio 2022.
Sulla base dei sopra accennati presupposti, pertanto, il pubblico ministero ben potrebbe richiedere al giudice per le indagini preliminari l’archiviazione del procedimento per impossibilità di formulare una ragionevole previsione di condanna del querelato.
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