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Roma, 12 nov. (Adnkronos) – “These judges need to go”. Non la tocca piano, d’altronde non sarebbe nel suo stile, e con un tweet al vetriolo Elon Musk entra a gamba tesa nel braccio di ferro tra il governo Meloni e i tribunali italiani sul trattenimento dei migranti nei Cpr in Albania: “Questi giudici se ne devono andare”, l’affondo. Il patron di Tesla, SpaceX e Starlink oltre che di X, pedina fondamentale nella campagna elettorale di Donald Trump, commenta la notizia postata da una star emergente di X, Mario Nawfal, sulla decisione di sospendere la convalida dei trattenimenti a Gjader di 7 migranti provenienti dall’Egitto e dal Bangladesh. “Musk ha ragione”, commenta lesto Matteo Salvini, in passato difeso dal numero 1 di Tesla per la vicenda Open Arms: quello del Tribunale di Roma “non è uno schiaffo al governo – sentenzia il leader della Lega – bensì una scelta che mette in pericolo la sicurezza e il portafogli degli italiani”.

In maggioranza però non tutti sembrano pensarla come lui. A marcare le distanze ci pensa Maurizio Lupi, indicato dal presidente del Senato Ignazio La Russa come possibile candidato del centrodestra a sindaco di Milano. “Le parole di Elon Musk sono inopportune – dice senza giri di parole il leader di Noi Moderati – perché, addirittura dall’estero, alimentano uno scontro con la magistratura che il centrodestra non vuole”. Oggi in Consiglio dei ministri sul dossier Albania non si sarebbe proferito parola, nonostante il nuovo stop dei giudici. Perché, viene spiegato, “non c’è nulla di nuovo sotto il sole, nessun cambio di linea: sul Memorandum Roma-Tirana non si torna indietro”, riferiscono diversi ministri presenti alla riunione.

Ma al netto del ‘low profile’ tenuto in Cdm e delle parole di Lupi -“non c’è un conflitto tra poteri dello Stato, tra governo e magistratura nel suo insieme”, rassicura il leader di Nm- Musk con il suo tweet, oltre a innescare la reazione sdegnata dell’opposizione, soffia sul fuoco di uno scontro vivo tra governo e magistratura. Il tycoon ”si è preso gioco della sovranità dello Stato – tuona infatti il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia -. Ci sono confini ideali che valgono almeno quanto, se non più, dei confini territoriali. Io mi aspetto da chi ha a cuore la difesa dei confini che intervenga: perché Musk è non è un privato cittadino ma un protagonista assoluto della vita globale”. A Santalucia, nemmeno a dirlo, risponde per le rime la Lega, invitando l’Anm “a dedicarsi meno a Elon Musk e più al lavoro”, con buona pace di Lupi e dei ‘pompieri’ in campo per domare l’incendio.

Per Ernesto Carbone, membro laico del Consiglio Superiore di Magistratura, le parole di Musk sono “pericolose”: “questi nuovi oligarchi che sfruttano mondi nuovi (come lo spazio, l’etere i social e le nuove tecnologie) per controllare la politica mondiale sono un pericolo per la democrazia. Dopo un’incursione nella politica tedesca”, rimarca Carbone richiamando senza citarlo lo ‘stupido’ con cui il patron di Tesla ha apostrofato nei giorni scorsi il Cancelliere Olaf Scholz, “oggi il giurista Elon Musk entra in modo violento criticando un potere dello Stato. Tutto questo è inaccettabile ma soprattutto pericoloso”.

E mentre Salvini cavalca e Lupi frena, nel partito della premier, Fdi, si registrano frequenze differenti. Da un lato il capogruppo alla Camera Tommaso Foti rimarca che Musk è intervenuto “né più né meno come molti dei nostri intervengono negli affari americani” e, “piaccia o non piaccia, Musk è un cittadino illustre, famoso, ricco. Ma ad oggi è un cittadino”; dall’altro il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli ringrazia il tycoon ma rimarca: “siamo attrezzati per difenderci da soli”.

Tace invece Palazzo Chigi sulle parole del numero 1 di Tesla, fedelissimo di Trump e potenziale protagonista della nuova amministrazione statunitense che si insedierà a gennaio. Tra lui e la premier italiana rapporti eccellenti, come prova la chiamata tra i due arrivata all’indomani del super Tuesday. I contatti sulla rotta Boca Chica-Roma, viene inoltre riferito da alcuni beninformati, sarebbero frequenti.

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Del resto solo a settembre scorso era stata Meloni a volere che fosse l’uomo più ricco del mondo a consegnarle a New York il prestigioso ‘Global Citizen Award’ dell’Atlantic Council, una scelta che in molti, a torto o ragione, avevano inquadrato in una strategia di avvicinamento della presidente del Consiglio al fronte repubblicano.

Entrambi abituati a remare controcorrente, un passato comune da ‘underdog’ in grado di rovesciare i pronostici, tra i due si trattava in realtà del terzo incontro, dopo il primo a Palazzo Chigi e quello, altrettanto ‘chiacchierato’, sul palco di Atreju.

Oggi in molti vedono nell’imprenditore sudafricano, naturalizzato statunitense, il ‘ponte’ tra Roma e Washington, l’uomo chiave per gettare le basi di un rapporto privilegiato che potrebbe fare di Meloni l’interlocutore di riferimento di Trump in Europa, accanto a quel Viktor Orbàn da sempre schierato dalla parte di ‘The Donald’. Con buona pace di chi oggi punta il dito contro la presa di posizione di Musk contro i giudici italiani.



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