Il 2025 potrebbe essere un “anno nero” per le Rsa piemontesi, alle prese con una crisi economica crescente che minaccia di portare ad un inevitabile ritocco al rialzo delle rette. A lanciare l’allarme, paventando scenari tutt’altro che rosei per le famiglia che hanno un proprio caro in una struttura per anziani è il Sindacato Cisl. «I fondi regionali per i posti letto convenzionati non sono sufficienti, così tutte le piccole Rsa rischiano di chiudere con i conti in rosso». Quello che senza mezzi termini viene definito uno “stillicidio di chiusure” è già iniziato. Un fenomeno che finora ha assunto dimensioni particolarmente preoccupanti soltanto nelle province di Asti e Alessandria, ma inevitabilmente destinato ad allargarsi nei prossimi mesi all’intera regione.
In Piemonte oltre 1,2 milioni di over 65
A denunciare la situazione è il referente Cisl Stefano Calella: «Nell’ultimo anno molte Rsa hanno cessato l’attività. Ad essere colpite finora sono state in genere le strutture più piccole, quelle con meno di 40 posti letto gestite da una Fondazione, arrivate alla chiusura dopo aver accumulato debiti per milioni di euro. Purtroppo, nell’attuale situazione, le strutture troppo piccole non sono più in grado di resistere agli urti del mercato e sopravvivere». La situazione venutasi a creare non dovrebbe tuttavia sorprendere. Da anni gli esperti lanciano inascoltati allarmi sulle conseguenze legate alla denatalità e all’aumento dell’età media della popolazione. Insomma, a condannarci sono i numeri: le Rsa chiudono, gli anziani aumentano e i posti letto non bastano per tutti. Come spiega ancora il sindacalista: «Per poter sopravvivere le Rsa devono avere tre requisiti: un numero di posti elevato per spalmare le rette, fare parte di una rete che possa aiutare chi è in difficoltà e almeno il 50% dei posti letto convenzionati con la Regione».
Tanti problemi, poche soluzioni
I posti letto su cui la Regione dovrebbe intervenire viene stimato nel 3% della popolazione sopra i 65 anni. In Piemonte, i cittadini che oltrepassano questa soglia sono 1,2 milioni, in costante aumento, quindi il 3% sono 36mila persone. Facendo due conti, se si considera che l’intervento della regione per compensare la retta è di 90 euro al giorno, se si moltiplica questa cifra per 365 giorni e per 36mila utenti, la cifra che risulta è pari a poco meno di 600 milioni di euro l’anno. A fronte di questa esigenza, la regione ne stanzia all’incirca la metà: 300 milioni. Facile dunque comprendere perché i conti non tornino.
In questa situazione, già di suo ingarbugliata, bisogna poi aggiungere la questione dei pazienti non autosufficienti.
Insomma, quello dei costi e della carenza della Rsa è un problema con il quale ci ritroveremo presto a fare i conti, anche se nessuno, al momento, sembra in grado di trovare soluzioni che non vadano a penalizzare troppo le tasche degli utenti di queste strutture e dei loro famigliari.
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