Finalmente è conto alla rovescia per il definitivo chiarimento, tra l’attuale leader-gestore del M5S Conte e Grillo il fondatore-garante, non solo per le sorti di un movimento in grande confusione ma, in generale, per la politica stessa? L’interrogativoè di rigore. Vero che sabato e domenica prossimi è in programma a Roma la Costituente rifondatrice del Movimento, in cui in base all’esito della consultazione online degli iscritti su una serie di quesiti, riguardanti scelte di nome, logo e ruoli di vertice – si delineerà il nuovo corso.
Ma è ancora più vero che il “Rubicone” di Conte, la sua irreversibile sfida di liberarsi del garante Grillo da “Elevato” ridotto già da tempo a Emarginato difficilmente potrà passare senza il sigillo della sua micidiale e imprevedibile ira. Da quando, alle elezioni del 4 marzo 2018, il M5S ebbe la maggioranza relativa, il 33% dei voti, che però non gli consentì di poter governare da solo, la politica è diventata la ribalta di una serie di insostenibili anomalie e di spregiudicate varianti d’interesse. La prima fu il sorprendente varo di un governo M5S-Lega, tra due opposti populismi, appena “scornatisi” in campagna elettorale e poi alleati; la seconda, il governo del ribaltone M5S Pd, cioè tra “grillini” e “pidioti”, questi ultimi bersaglio di insulti e di vaffa da parte di un grillismo, che costruì così le sue fortuneelettorali; la terza, tuttora la più inquietante, per la figura, sempre più controversa, ambigua di Conte.
Ingaggiato nel 2018 come consulente legale per stilare il “contratto di governo” tra M5S-Lega, diventato “premier per caso” e poi, strada facendo, “per caos permanente” da avvocato del popolo e folgorazione grillina. Purtroppo il “tesoretto” elettorale dei Cinquestelle, disponibile sul “mercato politico”, ha condizionato tutto, incoraggiando una serie di convenienze. Che ci hanno penalizzato nei drammatici annidella pandemia, con una “premierscip” inadeguata anche nella ripartenza. Da spingere il Capo dello Stato a dare il via libera a un governo di unità nazionale per la ripresa con Draghi al posto del Conte, di una superficialità riscontrata anche nella presentazionedei piani del Pnrr. Dovuti completare dal nuovo premier pena il taglio dei finanziamenti. Purtroppo, tornando alla serie di anomalie, da cui molti hanno tratto benefici, l’aspetto più deteriore è stata la conseguente diffusa indulgenza verso l’antipolitica, che ha goduto di uno scudo parapolitico.
Denunciato un anno fa di questi giorni da Giuseppe De Rita, una figura tra le più prestigiose e al di sopra di ogni sospetto, impedendo di “dire le cose come stanno e le hanno lasciate, mandando in frantumi compromessi, ipocrisie e elencando i guasti, i danni “istituzionali” causati da un movimento “sfasciapaese”. Responsabile di un “progressivo disfacimento dei processi di scelta e una conseguente crisi della cultura di governo”, con il “vaffa” negazione della normale relazionalità tra le persone e di ogni rapporto”. Che ha alimentato denigrazione, l’ostracismo dei bravi e la sublimazione degl’incompetenti. Un danno gigantesco per il Paese condannato nel dover ricostruire i centri decisionali in tempi lunghi . Una denuncia, sempre più attuale, che chiama in causa, oltre ai massimi vertici istituzionali, abbastanza disattenti e le forze politiche alleate con i “disfattisti” .
A cominciare dallo scandaloso papocchio del 2019, lontano anni luce da governi serisu basi programmatiche, rivolte a tracciare le direttrici fondamentali per lo sviluppo, il benessere e la competitività di una nazione. Fondato su un contratto esplicito di reciproche convenienze, in cui erano omesse o accantonate le opere strategiche, per volontà dei grillini, un’accozzaglia di oscurantisti, nemici dello sviluppo, che hanno avuto in Giuseppe Conte la guida che si meritavano. Definito, a più riprese, dallo stesso Grillo, un personaggio deleterio. Ossessionato dalla ricerca di un consenso ad ogni costo, con scelte demagogiche dal “Reddito cittadinanza” ai “Bonus” edilizi. Per concludere il suo odierno Rubicone da “dado è tratto”, contro Grillo, non lo affranca dai tanti disastri del suo populismo.
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