È giunta l’ora dello sviluppo dell’idrogeno verde? Da tempo si annuncia l’avvento di questo importante vettore energetico, «essenziale per sostenere l’impegno dell’UE nel raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050» riporta la Hydrogen Strategy europea, ma che tuttora svolge un ruolo marginale, con un quantitativo prodotto inferiore a 1 Mt nel 2023. Secondo il Global Hydrogen Review 2024 della IEA, la produzione di questo tipo di idrogeno potrebbe raggiungere 49 Mtpa entro il 2030 sulla base dei progetti annunciati, quasi il 30% in più rispetto all’anno precedente.
Ma quanto si sta puntando davvero sulle potenzialità di «un veicolo fondamentale per la decarbonizzazione e rappresenta una grande opportunità per l’Italia», come l’ha definito, lo scorso ottobre, il ministro Gilberto Pichetto Fratin?
Investimenti, progetti, mercato: le incognite sullo sviluppo dell’idrogeno verde
Premesso che l’H2 rinnovabile è una soluzione promettente per decarbonizzare i settori industriali hard to abate, i trasporti, le costruzioni, rappresentando un elemento imprescindibile per la transizione energetica, tanto per la produzione di energia verde quanto per lo storage, ci sono varie incognite sullo sviluppo dell’idrogeno verde.
La prima è costituita dagli elevati costi elevati di produzione, derivanti dal costo di fornitura di energia elettrica, che rendono l’idrogeno rinnovabile non competitivo rispetto alle alternative fossili.
Lo ha messo in evidenza Stefano Clerici, consigliere delegato AGICI in occasione del convegno organizzato da Prospecta Formazione, quale tappa di avvicinamento a KEY – The Energy Transition Expo (Rimini, 5-7 marzo 2025). Un utile momento di confronto, per illustrare mercato, nodi critici e prospettive, in Europa e in Italia.
«L’idrogeno rinnovabile deve diventare una commodity energetica internazionale, com’è oggi il gas. Contare su mercati di produzione, di importazione, infrastrutture, nonché volumi importanti, ruoli ben definiti è l’unica via per abbattere i costi»
Lo stesso Clerici ha ricordato che l’Europa al 2030 dovrà essere in grado di consumare circa 20 milioni di tonnellate d’idrogeno l’anno, metà del quale prodotto in UE e l’altra metà importata da Paesi extra UE.
Se, a livello internazionale, si nota una forte discrepanza tra le iniziative annunciate e l’effettiva pipeline dei progetti ad uno stato avanzato (su oltre 1900 progetti tra produzione e infrastrutture, 1080 dei quali in UE, solo 510 si trovano a uno stadio avanzato) nel contesto europeo, si è assistito all’introduzione di strumenti di policy concreti e finanziamenti dedicati per l’attuazione delle strategie nazionali H2, che hanno mobilitato risorse per oltre 40 miliardi di euro.
Il ruolo dell’Italia
Il nostro Paese «può giocare un ruolo di hub di transito tra il Mediterraneo e l’Europa – ha aggiunto il consigliere delegato AGICI –. A oggi si contano tanti piccoli progetti avviati col PNRR, ma stentano a partire». Si è in attesa della Strategia nazionale sull’idrogeno, annunciata per il prossimo 26 novembre, che permetterà di allineare gli obiettivi italiani in tema di idrogeno verde alla Strategia europea, permettendo di delineare un contesto chiaro per promuovere gli investimenti e offrire a chi investe una visione di lungo termine nello sviluppo dei progetti volti a promuovere produzione, distribuzione, infrastrutture, tecnologie.
Ci sono vari ostacoli sul percorso di sviluppo dell’idrogeno verde. Li ha illustrati Francesco Elia, responsabile Hydrogen Unit di AGICI. Il primo è proprio l’assenza di strategia e meccanismi incentivanti indispensabili per lo sviluppo di un mercato nazionale competitivo: mancano strumenti incentivanti per la produzione H2 e il fuel switch della domanda; ci sono ritardi nell’adozione di un chiaro indirizzo strategico sul ruolo dell’Italia nel mercato H2; si ravvisano limiti sulle misure PNRR, che resta il principale strumento incentivante sui progetti di green hydrogen. A ciò si aggiungono i vincoli del quadro normativo UE, che rischiano di rallentare ulteriormente l’avvio di progetti e investimenti.
Malgrado tutto è possibile cogliere elementi di speranza: «oggi in Italia abbiamo operatori che si stanno muovendo – rileva Clerici –. Il mondo dell’impresa è pronto, è estremamente pronto e non da oggi, da tempo, per muoversi verso la direzione di giusta. Occorre che vengano definite in maniera chiara le regole». Elia ha aggiunto che in questa situazione di incertezza non vi è solo l’Italia. «Il nostro Paese ha un grande potenziale dal punto di vista geografico (il ruolo di hub nel Mediterraneo assume caratteri strategici), ma può contare su un’elevata esperienza costituita dalla filiera».
Un elemento essenziale per decarbonizzare i settori hard-to-abate
Il settore industriale può trarre grandi benefici dallo sviluppo dell’idrogeno verde. Lo ha ricordato Alessandro Marangoni, economista e Ceo di Althesys, concentrando l’attenzione sulle opportunità aperte nella decarbonizzazione dei settori hard-to-abate.
Ha sottolineato, in particolare, che le politiche UE di neutralità climatica al 2050, con il sistema ETS sempre più stringente, «spingono a puntare sull’idrogeno verde per difendere la competitività europea nonostante il meccanismo Carbon Border Adjustment Mechanism».
Inoltre, l’Europa ha un ruolo guida nell’incoraggiare la produzione di idrogeno a basse emissioni. Sono stati messi a disposizione ingenti finanziamenti governativi secondo diversi schemi e modalità. Le novità normative giocano a favore dell’idrogeno verde: ha ricordato, a proposito, il Regolamento delegato UE 2023/1184, che definisce i criteri per considerare l’idrogeno rinnovabile e il Regolamento delegato UE 2023/1185, che stabilisce il metodo per calcolare le emissioni di gas serra lungo il ciclo di vita dei combustibili rinnovabili e dei carburanti a base di carbonio riciclato. «Il quadro normativo si completa con il terzo IPCEI Hy2Infra del 2024, che promuove progetti infrastrutturali per l’idrogeno, con finanziamenti per supportare produzione, trasporto, stoccaggio e uso finale dell’idrogeno verde. Nel quadro IPCEI gli Stati erogheranno finanziamenti fino a 6,9 miliardi di euro, a cui si aggiungerebbero 5,4 privati», per complessivi 12,3 miliardi di euro. Per integrare l’idrogeno verde, l’industria europea deve affrontare significative trasformazioni tecnologiche, con investimenti in nuovi impianti e adattamenti dei processi esistenti. «Queste trasformazioni necessitano di ingenti investimenti in ricerca, sviluppo e aggiornamento degli impianti per consentire una transizione efficace verso l’uso dell’idrogeno verde».
Su cosa serve puntare
Certo, poi occorre tradurre queste opportunità normative e queste possibilità di investimento in una capacità di produzione energetica da fonti rinnovabili adeguata.
Serve puntare sull’innovazione tecnologica, fondamentale per garantire che l’idrogeno verde diventi una leva competitiva. Per contare sullo sviluppo dell’idrogeno verde occorre attuare quattro presupposti: una riduzione dei costi, possibile con lo sviluppo di economie di scala; un sostegno della domanda; un aumentato fabbisogno di rinnovabili e infrastrutture più sviluppate. «Prima di tutto è necessario dare priorità all’idrogeno verde nei settori hard-to-abate dove non esistono alternative», ha sottolineato Marangoni. «Inoltre, occorre porre grandissima attenzione all’efficienza d’impiego delle risorse e ai costi-benefici, tenuto conto che la decarbonizzazione non va per compartimenti stagni, come la CO₂ non segue i confini nazionali. Bisogna, quindi, a livello complessivo di sistema, fare una riflessione attenta sui sistemi più efficienti. E oggi l’idrogeno verde non è sicuramente ancora tra questi».
L’utilità dell’idrogeno verde per le Pmi
Lo sviluppo dell’idrogeno verde può essere di grande beneficio anche alle Pmi. È bene ricordare che il tessuto industriale e produttivo dell’Italia conta su una stragrande maggioranza di Piccole e medie imprese. Esse stanno aumentando la loro presenza nel settore dell’idrogeno, ma spesso affrontano difficoltà legate ai costi e alla complessità tecnologica associati a questo settore.
Lo ha ricordato Francesca Santoni, ricercatrice ENEA e responsabile del progetto europeo H2Excellence, mirato a creare le condizioni di formazione e informazione alle Pmi in materia di idrogeno verde.
«La versatilità dell’idrogeno lo rende un vettore energetico di straordinaria importanza, utilizzabile in vari settori, dalle aziende manifatturiere, come le imprese che si occupano della lavorazione del vetro, della ceramica o di tutti quei processi artigianali che richiedono calore e i quali possono utilizzare l’idrogeno come combustibile per andare a ridurre le loro missioni. Questo è particolarmente utile per migliorare la reputazione ambientale dell’impresa e andare a ridurre i costi operativi legati all’energia».
Ma come riuscire ad avvicinare le PMI alle opportunità fornite dall’idrogeno verde? «Come ENEA intendiamo fornire conoscenza, mettendo a disposizione delle aziende formazione e informazioni inerenti al comparto, tramite reti di imprese dedicate. Inoltre, tramite H2Excellence possiamo metterle in contatto con altre realtà imprenditoriali ed enti di ricerca per creare a loro volta delle reti per partecipare a progetti di interesse».
I benefici per le città e per la mobilità
Lo sviluppo dell’idrogeno verde potrà avere benefici effetti anche sulle città. Un esempio, a questo proposito è quello fornito da Modena, al centro dello sviluppo di IdrogeMO, progetto fulcro dell’hydrogen valley locale che sarà sviluppata da Hera e Snam. Le due società si occuperanno di realizzare un polo che produrrà, a regime, fino a 400 tonnellate di idrogeno da elettrolisi, grazie all’energia elettrica prodotta dal parco fotovoltaico di 6 MW di potenza collegato a un elettrolizzatore (da 2,5 MW).
Come hanno illustrato Giovanna Pozzi (Director H2 project development di Snam) ed Enrico Piraccini (responsabile Innovazione della business unit Energie Rinnovabili HERA), un progetto di questo genere richiede diversi elementi di complessità e sfide, a partire da quelle autorizzative fino a quelle tecnologiche, ma le opportunità aperte e gli impatti positivi per la città non mancheranno. L’idrogeno prodotto dall’impianto di Modena potrà, inoltre, rifornire l’azienda di trasporto pubblico locale, che con fondi PNRR ha già avviato le procedure per l’acquisto di 12 bus.
Sempre in tema di mobilità ci sono i progetti che si stanno sviluppando, alcuni dei quali condotti da MOST, il Centro nazionale per la mobilità sostenibile.
Bianca Maria Vaglieco, Direttrice STEMS-CNR, e Marco Torresi, docente del Politecnico di Bari, hanno illustrato le opportunità connesse con la mobilità a idrogeno per la decarbonizzazione dei trasporti, declinandole concretamente nei progetti di ricerca che stanno seguendo sia per l’impiego dell’idrogeno nei veicoli con motore a combustione interna, anche mediante l’impiego di fuel cell, e nel settore ferroviario.
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