Oltre cinquemila persone sgombrate, 250 feriti: il 25 ottobre del 1954 piovve ininterrottamente per 24 ore. Case spazzate via dall’acqua, frane e voragini
Dalle ore 13 del 25 ottobre 1954 al giorno successivo, sulla città di Salerno e sulla Costiera Amalfitana si scatenò l’inferno. Tutto iniziò con una pioggerellina, per una perturbazione proveniente dalla Liguria. Poi si trasformò in un nubifragio. Che, soprattutto durante la notte, trascinò via tutto: case, strade, ponti. E vite umane. Tante. In quell’alluvione di 70 anni fa morirono 318 persone, 250 i feriti e oltre 5.500 gli sgombrati da abitazioni trasformate in scheletri di fango. Dopo il Vajont, è la più grande tragedia italiana collegata a questo tipo di eventi climatici. I danni furono stimati in 50 miliardi di lire.
Una notte da incubo
In quella tragica notte, le nubi cariche di acqua si fermarono lungo il crinale dei colli salernitani e i monti della Costiera, scaricando un impressionante quantitativo di pioggia. In meno di 24ore circa 500 millimetri. I terreni si gonfiarono di acqua e in men che non si dica, inesorabilmente cominciarono a scivolare verso valle trascinando tutto ciò che incontravano sul loro cammino, case e persone comprese. Le devastazioni furono immense. A Salerno, le zone più colpite furono i rioni di Canalone, Annunziata, Olivieri e Calata San Vito. Nella zona dell’Annunziata, una voragine squarciò letteralmente in due la strada mentre l’acqua arrivò fino alle insegne dei negozi. Poco lontano, i torrenti Olivieri, Fusandola e Rafastia si riempirono d’acqua tracimando con una massa enorme di fango e detriti che trascinò con sé un intero edificio. Si salvò solo chi riuscì, miracolosamente, a tenersi ad appigli improvvisati, come le ringhiere dei balconi.
Un villaggio spazzato via a Vietri sul Mare
Una frana dal fronte particolarmente esteso, staccatasi dal pendio di un monte da poco disboscato, spazzò via l’intero villaggio di Molina, a Vietri sul Mare, distruggendo un ponte monumentale dell’acquedotto, chiamato “Ponte del Diavolo”. Tutto il materiale proveniente dai torrenti Bonea e Cavaiola, andò a depositarsi sulla riva del mare, creando la base di quella che oggi conosciamo come la spiaggia di Marina di Vietri. Di fatto, tutta la costa, dopo quegli eventi cambiò il suo aspetto. Danni e vittime anche in Costiera Amalfitana. A Maiori i principali danni vi furono nelle zone alte ma anche nel centro storico. Il torrente Reginna, completamente ostruito dai detriti finì per destabilizzare le fondamenta di alcuni palazzi lungo il suo corso, facendone crollare le facciate. La portata del dramma si percepì quando all’ospedale Vernieri, arrivarono centinaia e centinaia di feriti.
Le vittime
Nella città di Salerno le vittime furono 107, oltre 100 anche a Vietri sul Mare, 37 a Cava de’ Tirreni e 37 anche a Maiori, 35 a Tramonti. Distrutti ponti, strade e ferrovie, case e monumenti, per circa 50 miliardi di lire di danni. Erano gli anni del boom economico. L’espansione edile procedeva senza sosta a nord e sud senza che nessuno tenesse in considerazione elementi ambientali, gli argini dei fiumi che in alcuni casi furono tombati, o la pulizia dei canaloni. Anche il presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, volle testimoniare la vicinanza alla popolazione salernitana. Tre giorni dopo, fece visita ai luoghi dell’alluvione. Persone a lui vicine raccontarono che il Presidente era rimasto particolarmente scosso da quanto visto.
Gatto e Afeltra
All’indomani della tragedia Alfonso Gatto, sulle pagine di Epoca scrisse «sono note, scritte in fretta in questa notte. Il giornale deve uscire e io sono nato a Salerno, conosco piazza Luciani e Porta Catena, quel palazzo Olivieri che dalla strada di Vietri come un piccolo grattacielo scende al mare di via Ligea: sono i luoghi del nubifragio ed erano i luoghi dell’amore, delle prime malinconiche affacciate con la testa sulle mani alla terrazza del golfo. Mi hanno telefonato molti amici. Salerno sono io, Amalfi è Afeltra intento al Corriere a pensare grandi titoli di lutto per la sua piccola repubblica…».
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