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  • Come ogni posizione attiva o passiva del patrimonio di un soggetto, il finanziamento, alla morte del titolare, cade in successione.
  • Dunque, gli eredi saranno chiamati a pagare pro quota il finanziamento, perché, al pari di beni immobili, denaro o altre fonti di reddito, anche il finanziamento viene ereditato in base alle quote ereditarie.
  • Tuttavia, sia grazie ad alcune previsioni legislative sia a pratiche poste in essere dalle imprese finanziarie, oggi vi sono modi per evitare che il debito sia accollato per intero ai creditori.

Il rischio maggiore a cui vai incontro, se stipuli un finanziamento, è che tu non sia in grado di pagarlo. Questo può accadere per varie ragioni: decesso, invalidità, disoccupazione. Nel presente articolo, ci occuperemo di un caso specifico, ossia il decesso del debitore di un prestito.

In tale ipotesi, l’impresa finanziaria potrà rivalersi della somma prestata sugli eredi, in particolare i figli e il coniuge. Ciascun erede, infatti, subentra pro quota nella titolarità del finanziamento. Di seguito, ti diremo chi sono questi eredi, con quali quote subentrano nel finanziamento concluso dal defunto.

Inoltre, ti spiegheremo anche quali sono:

  • i rischi che gravano sugli eredi;
  • gli strumenti che l’ordinamento conosce per tutelare gli eredi in questa circostanza;
  • le assicurazioni in caso di morte e invalidità, oltre che gli istituti successori a tutela degli eredi.

Cosa succede al finanziamento in caso di decesso del debitore?

In caso di decesso di un genitore o di altro parente, i figli sono chiamati a porre in essere una serie di adempimenti e assumono non pochi oneri. Con la morte di un soggetto, infatti, si apre la successione, che costituisce un fenomeno necessario affinché sia possibile distribuire il patrimonio del soggetto tra gli eredi.

Viene così definito (cioè fenomeno necessario) perché è stata una preoccupazione del legislatore quella di stabilire quale sia la sorte del patrimonio, anche per evitare eventuali disordini pubblici. Pensate a cosa potrebbe accadere se un grande patrimonio fosse lasciato alla libera disponibilità di chiunque. 

Con patrimonio si intende l’universalità di posizioni attive e passive di cui il defunto è titolare. Quindi, nel patrimonio rientrano anche i debiti, come eventuali finanziamenti che sono stati erogati in favore del deceduto.

Che sia un banca o qualsiasi altro istituto di credito, infatti, è necessario che i debiti, anche dopo la morte, siano adempiuti. Chi deve pagare il finanziamento in caso di morte?

Come ogni elemento del patrimonio, anche il finanziamento, in qualità di voce passiva del patrimonio, cade in successione secondo le relative regole predisposte dalla legge. Quindi, viene attribuito:

  1. secondo le quote riservata dalla legge, in base alla regole della successione legittima;
  2. secondo le quote individuate dal testamento, ove, invece, si applichi la disciplina della successione testamentaria.

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Quali quote spettano ai figli?

Quindi, come è desumibile dal paragrafo precedente, i principali soggetti chiamati a pagare le rate del finanziamento del defunto sono i figli e il coniuge. Salvo che il defunto abbia differentemente disposto con testamento, i debiti, così come le voci attive del patrimonio, sono attribuite ai figli in base al sistema del riparto per quote.

Le quote sono una porzione ideale del patrimonio, nel senso che, quando si apre la successione ereditaria, a seguito dell’accettazione della chiamata all’eredità, l’erede non diviene immediatamente titolare di un quantitativo di beni, materiale o immateriali che siano. 

Prima della divisione ereditaria, l’erede è titolare di una porzione che non corrisponde già a specifici beni. Solo successivamente, quando le parti procedono alla divisione, questa quota ideale è “trasformata” in una quota materiale, consistente in una serie di beni specifici, di situazioni giuridiche positive o negative, cioè di voci che producono guadagni o perdite.

Le quote sono, in primo luogo previste dalla legge, anche se il titolare del patrimonio può modificarle, nel rispetto di certi limiti imposti dalla tutela dei legittimari, cioè alcuni eredi a cui il legislatore garantisce una specifica quota, detta di riserva. Tali quote riservate dalla legge corrispondono anche alla quota di partecipazione nel finanziamento. Quindi, ciascuno degli eredi si accolla parte del finanziamento pro-quota.

Quote successione ereditaria

Le quote sono state riassunte nella tabella qui in basso.

Chiamati a succedere per legge Quote del patrimonio ereditario spettanti 
1 Solo il coniuge Tutto
2 Il coniuge e un figlio Metà a testa
3 Il coniuge e due figli 1/3 al coniuge e 2/3 ai due figli 
4 Il coniuge e piu’ di due figli  1/3 al coniuge e 2/3 a tutti i figli 
5 Solo il coniuge, fratelli e sorelle 2/3 al coniuge e 1/3 ai fratelli e sorelle
6 Solo il coniuge fratelli, sorelle e genitori  2/3 al coniuge, 1/3 altri (ai genitori almeno ¼) 
7 Solo un figlio Tutto
8 Solo piu’ figli  Tutto suddiviso in parti uguali 
9 Solo un genitore Tutto
10 Solo due genitori Metà a testa
11 Solo genitori, fratelli e sorelle Suddiviso in parti uguali (ai genitori almeno ½)

Puoi approfondire l’argomento leggendo anche: Quote ereditarie: tutto quello che c’è da sapere

Come evitare che il finanziamento gravi sugli eredi?

L’ipotesi in cui il finanziamento venga a gravare, almeno integralmente, sugli eredi, non è un’evenienza così diffusa. Infatti, gli operatori del settore, quindi gli intermediari, e il legislatore hanno ideato strumenti per “alleggerire” il peso del finanziamento che verrebbe a gravare sull’erede

In che modo? Gli istituti di credito o di finanziamento concedono i prestiti previa stipulazione di una polizza assicurativa. Tramite suddetto contratto sarà possibile proteggere l’assicurato dall’eventuale rischio di insolvenza

Cioè, ove si dovessero verificare specifici eventi, che rendono impossibile o molto difficile al debitore adempiere al pagamento delle rate del finanziamento (nel nostro caso la morte stessa del debitore), sarà l’impresa assicuratrice a pagare le rate restanti del debito.

In questo modo, il finanziamento non viene a gravare esclusivamente sugli eredi del defunto, ma anzi grava su un soggetto esterno. Proprio questa previsione ha reso possibile anche innalzare l’età limite per concedere i finanziamenti. Infatti, banche ed altri istituti finanziari erano tendenzialmente sfavorevoli a concedere prestiti a coloro che avessero già un’età avanzata.Tramite il sistema assicurativo si consente, invece, un più ampio accesso al credito.

Altri eventi coperti dall’assicurazione

Tali assicurazioni, poi, non tutelano solo contro il rischio dell’eventuale morte del debitore, ma anche da altri eventi, naturali o meno, che possono inficiare la capacità di adempiere al pagamento delle rate del mutuo.

Per esempio, la copertura assicurativa si estende anche a:

  • infortunio o malattia che provochino invalidità totale permanente maggiore o uguale al 50%;
  • infortunio o malattia che provochino inabilità temporanea totale dell’Assicurato lavoratore autonomo di almeno 30 giorni;
  • malattia grave dell’assicurato;
  • disoccupazione di almeno 30 giorni dell’assicurato lavoratore dipendente;
  • ricoveri ospedalieri previsti in polizza dell’assicurato lavoratore del pubblico impiego o non lavoratore.

Potrebbe anche interessarti leggere: Cosa succede se non pago le rate del finanziamento personale

Assicurazione in caso di decessoAssicurazione in caso di decesso

Come possono tutelarsi gli eredi?

Nell’ipotesi in cui, però, il defunto non abbia programmato le conseguenze della propria morte, anche rispetto al finanziamento (ipotesi ad oggi rara, in quanto sono gli stessi intermediari a proporre l’assicurazione), la legge consente agli eredi di tutelarsi, seppur limitatamente.

Preliminarmente, ci sembra opportuno premettere che, se l’erede non dovesse ricorrere a nessuna precauzione, egli sarà chiamato a rispondere del debito contratto dal defunto con il patrimonio del defunto stesso e con il proprio. L’accettazione dell’eredità, infatti, produce quello che viene definito fenomeno di confusione, cioè il patrimonio ereditato e il patrimonio pregresso dell’erede diventano una sola massa indistinta. Quindi, eventuali creditori potranno rivalersi sull’intera massa.

Tuttavia, l’erede può anche prevenire suddetto fenomeno mediante l’accettazione con beneficio dell’inventario. Altro strumento messo a disposizione dell’erede è, poi, la rinuncia all’eredità. Questa ipotesi, d’altra parte, ha conseguenze molto più severe della precedente. Vediamo quali.

Ti consigliamo anche di leggere: Come funziona l’eredità: tutto sulla successione

Accettazione con beneficio dell’inventario

L’accettazione con beneficio di inventario è una dichiarazione di accettazione dell’eredità da parte dell’erede, il quale, tuttavia, si riserva la possibilità di sottrarre il proprio patrimonio all’eventuale azione dei creditore. Quindi, in caso di finanziamento, l’istituto finanziario potrà solo rivalersi sulla parte, cioè la quota, che il soggetto in questione ha ereditato.

Come abbiamo evidenziato nel precedente paragrafo, l’accettazione con beneficio dell’inventario previene il fenomeno della confusione tra i due patrimoni, quello ereditato e quello dell’erede. In sostanza, l’istituto realizza una separazione patrimoniale, quindi il creditore – in questo caso l’impresa finanziatrice o la banca – non possono aggredire l’intero patrimonio dell’erede.

Come si procede all’accettazione con beneficio dell’inventario? L’accettazione con beneficio dell’inventario è disciplinata all’art. 484 c.c. e si realizza in 3 fasi:

  1. l’erede procede ad una dichiarazione scritta, nella forma di atto pubblico, che esprime la volontà di accettare l’eredità, presso notaio o depositata alla cancelleria del tribunale del territorio dove si è aperta la successione (che ricordiamo si apre nel momento e nel luogo ove il soggetto titolare del patrimonio decede). La dichiarazione resa è inserita nel registro delle successioni, che è conservato presso il tribunale;
  2. la trascrizione della dichiarazione, la quale è a cura del cancelliere, presso l’ufficio dei registri immobiliari del luogo dove si è aperta la successione (comma secondo) e deve avvenire entro un mese dall’inserzione nel registro delle successioni. Questa operazione deve sempre essere compiuta, anche se nel patrimonio ereditario non vi sono beni immobili. L’obiettivo di suddetta previsione è quello di rendere noto ai creditori il beneficio dell’inventario. Se non assolto l’adempimento, però, non si avrà inefficacia dell’accettazione;
  3. la redazione dell’inventario, adempimento che può essere compiuto prima o dopo la dichiarazione (entro il termine di un mese, se effettuato dopo la dichiarazione). L’adempimento dovrà essere annotato nel registro, a cura del pubblico ufficiale, con la data in cui l’inventario è stato fatto.

Ti consigliamo di approfondire l’argomento leggendo anche: Accettazione eredità con beneficio di inventario: termini e procedura

Accettazione con beneficio dell'inventarioAccettazione con beneficio dell'inventario

Rinuncia all’eredità

La rinuncia all’eredità è una scelta molto più drastica della precedente. Infatti, con l’accettazione con beneficio d’inventario, in sostanza, si crea una mera separazione patrimoniale, mentre la rinuncia all’eredità comporta che l’erede perda qualsiasi diritto sul patrimonio del defunto

Quindi, scegliere di rinunciare all’eredità piuttosto che accettare con beneficio, è un’estrema evenienza a cui si ricorre ove il patrimonio del defunto sia composto, in prevalenza, da voci passive. È necessario, quindi, operare una valutazione di opportunità, prima di decidere di rinunciare all’eredità e ricorrere ad essa solo se il finanziamento risulti eccessivamente svantaggioso, a fronte di un patrimonio non particolarmente cospicuo.

Come si rinuncia all’eredità? L’art​​ 519 c.c. dispone che:

La rinunzia all’eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni.

Quindi, è necessaria una dichiarazione presso la cancelleria del tribunale, che è quello competente in base al luogo in cui si trovava l’ultima residenza in vita del defunto.

Dovranno essere presentati i seguenti documenti:

  • la carta d’identità e il codice fiscale dei dichiaranti;
  • il codice fiscale del defunto;
  • se ci sono minori, tutelati o amministrati, una copia conforme dell’autorizzazione del giudice tutelare;
  • una copia conforme del testamento, se presente;
  • l’originale del certificato di morte.

Questi documenti devono essere presentati nel momento in cui si effettua la dichiarazione, che, una volta resa, viene registrata a cura del cancelliere o del notaio presso il registro delle successioni.

Puoi approfondire l’argomento leggendo anche: Rinuncia all’eredità: termini, come funziona e quanto costa

Successione e finanziamento – Domande frequenti

Chi paga le rate del finanziamento in caso di decesso del debitore?

Le rate del finanziamento sono pagate dagli eredi pro-quota, quindi, anche il finanziamento cade in successione ereditaria, come qualsiasi altra voce del patrimonio del defunto.

Come evitare che il finanziamento gravi sull’erede?

Il titolare del finanziamento, per evitare che alla sua morte il finanziamento gravi sull’erede, può stipulare un’assicurazione. In questo caso, le rate residue sono pagate dall’agenzia assicurativa.

Come possono tutelarsi gli eredi in caso di morte del titolare di un finanziamento?

Gli eredi possono tutelarsi dagli effetti negativi che la successione del finanziamento produce tramite l’accettazione con beneficio di inventario e la rinuncia all’eredità.

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