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Abbiamo avuto quattro anni d’oro e entriamo nel quinto meglio di come tutti avevano previsto che avvenisse. Maciniamo record nella crescita di turismo e servizi, le famiglie consumano, le imprese italiane sono quelle che si sono innovate di più nei processi produttivi e fanno meglio di tutti i big europei nelle esportazioni. Abbiamo una posizione finanziaria netta positiva che vuol dire detenere più crediti internazionali che debiti e siamo con la Germania i soli, tra i grandi Paesi, a potere esibire una simile performance. Che è frutto della crescita del Nord produttivo e della “intensità” della crescita del Sud produttivo. Che è, a sua volta, la vera sorpresa determinata da cambiamenti strutturali avviati negli anni di cui si fa colpevolmente fatica a prendere atto. Abbiamo raggiunto il primato storico dell’occupazione da quando i dati sono rilevati e oggi possiamo anche dire senza essere smentiti di avere meno disoccupati della Francia. Soprattutto, possiamo dire che nella nuova occupazione prevalente, a tempo indeterminato, il Mezzogiorno è dopo decenni un attore protagonista.

Tutto questo sta avvenendo in un contesto geopolitico segnato da due grandi guerre che procedono sull’orlo di un conflitto allargato e dovendo fare i conti con gli effetti di una pandemia che ha rivoluzionato le catene della logistica, ha cambiato gli assi strategici dello sviluppo globale e ha contribuito a fare in modo che l’Europa facesse per la prima volta gli eurobond sostenendo la crescita dei Paesi della sponda Sud del Vecchio Continente, a partire dall’Italia. 

Tutto questo sta avvenendo perché la politica economica del governo Meloni non solo non ha fatto i danni che molti preconizzavano, ma ha tutelato la reputazione economica del Paese e proseguito nel percorso di sostegno alla crescita in un quadro complicato di finanza pubblica. Perché ha avviato una revisione degli obiettivi e una riorganizzazione della macchina operativa del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) che riscopre le priorità strategiche e sta aprendo realmente i cantieri garantendo quel flusso di investimenti produttivi, infrastrutture e sostegno tecnologico alle imprese, che sono i soli a fare crescita sana, sostituiva della droga del Superbonus ai ricchi. Il credito internazionale dell’Italia, confermato dal giudizio delle agenzie di rating e dal miglioramento delle prospettive, è la base solida su cui costruire un consenso che permetta di riconoscere ulteriormente i valori ignorati della nostra economia per ridurre il costo di finanziamento del nostro debito sovrano. 

Questi sono i fatti. Dispiace constatare come vengano strumentalizzate per paventare paure e rischi le prime Considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, che invitano giustamente a rafforzare l’efficacia della amministrazione e a rendere credibile la prospettiva di riduzione del debito, ma dentro un quadro di evidente richiamo alla fiducia patrimonializzando il valore della crescita post Covid che ha riguardato “intensamente” anche il Sud e puntando a orientare sempre più la spesa in favore dello sviluppo e della eliminazione delle inefficienze.

Per tutto questo noi ripetiamo: fiducia, fiducia, fiducia. Serve fiducia in modo assoluto e il più possibile contagioso per ridare protagonismo effettivo e consapevolezza della strategicità del suo ruolo alla dirigenza amministrativa, centrale e territoriale, dentro la nuova cornice, fatta di tempi da rispettare e poteri di supplenza, voluta dal ministro Fitto. Servono tutti gli interventi di struttura che garantiscono al Paese una giustizia equa finalmente efficiente e una capacità decisionale crescente nell’azione di governo. Servono interventi di struttura che fanno di Caivano un modello nazionale di rigenerazione urbana che costruisce il futuro facendo le cose promesse invece di continuare a promettere. 

Servono stabilità di governo e un’azione di sistema Paese che rafforza chi ha la responsabilità di decidere e legittima ad ambire a prenderne il posto chi dall’opposizione agisce in modo costruttivo. Bisogna affrontare con serietà, a livello internazionale e interno, il problema demografico. Occorrono subito risposte operative alla domanda insoddisfatta di mano d’opera con un adeguato piano casa e serve un impegno collettivo per superare le strozzature logistiche che rallentano la disponibilità di macchinari. Sono necessari per fare le opere e migliorare la qualità del processo produttivo manifatturiero. Questo significa tutelare l’interesse nazionale e farlo con scelte appropriate. Questo significa consolidare la crescita possibile in un contesto geopolitico denso di insidie rilevanti per potere contare sempre di più in Europa, e con l’Europa contare nel mondo. 



 

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