Rapporto Banca d’Italia
di Roberta Bassan
inviata a Venezia
Cala il gelo sulla manifattura veneta: la produzione continua a ridursi e l’export nei primi 3 mesi 2024 perde il 5,5%: crollo (-11,3%) del mercato tedesco. «Diversificare»
Banca d’Italia: Al centro Pier Luigi Ruggiero, direttore della sede di Venezia
Banca d’Italia: Al centro Pier Luigi Ruggiero, direttore della sede di Venezia
Scende il gelo sulla manifattura veneta. Indebolimento, riduzione, ridimensionamento sono i vocaboli più gettonati: venti volte nelle prime due pagine delle oltre cento del rapporto “L’economia del Veneto” presentato ieri (mercoledì 19 giugno) in Banca d’Italia a Venezia dal direttore Pier Luigi Ruggiero e dal capo economista Vanni Mengotto.
La produzione segna -2% nel 2023: risulta cresciuta solo la meccanica, ristagna il comparto alimentari e bevande, calo nella moda. Il grado di utilizzo degli impianti è sceso in «modo significativo». Le difficoltà sono ancora più evidenti al capitolo export: -3% in volumi nel 2023 e -4,4% nei primi tre mesi del 2024 (in calo meccanica e moda), -5,5% a prezzi correnti. Incide il crollo di esportazioni verso la Germania, primo mercato di sbocco: -11,3% che, in soldoni, corrisponde ad una perdita di circa 270 milioni in tre mesi.
«Bisogna avere la capacità di diversificare i mercati» è l’indicazione arrivata ieri da Banca d’Italia alle imprese che, di fatto, hanno i motori ancora caldi. Ma che, alla domanda sulle previsioni di investimento, fanno prevalere il gelo: debolezza congiunturale, rallentamento del commercio internazionale, calo degli ordini, tassi d’interesse ancora alti risultano deterrenti.
I conti
Eppure i risultati economici delle aziende venete si confermano sui livelli «elevati» del 2022: nove su dieci hanno chiuso l’esercizio 2023 in utile o in pareggio. E questo – è stato evidenziato – nonostante l’onerosità del debito bancario (aumentato di circa il 20% nel 2022, ma con incidenza «modesta» sui margini), legato soprattutto alla quota elevata di finanziamenti a tasso variabile: a fine 2023 oltre il 60% delle società di capitali venete aveva oltre la metà dei finanziamenti indicizzati.
Emerge che il settore produttivo veneto, anche per effetto della selezione dalle crisi degli ultimi 15 anni, si ritrova di fatto con una struttura finanziaria più solida rispetto al passato, più patrimonializzato, meno indebitato, con più redditività e «consistenti» riserve di liquidità. Non emergono neppure segnali di deterioramento del credito. Ma alla parola «investimenti» prevale la cautela.
La ricchezza
Le riserve non mancano. La liquidità a disposizione delle aziende è cresciuta in termini nominali nel 2023. Ammontano a 53 miliardi (+8,7%) i depositi, di cui 46 miliardi in conto corrente. Se si sommano imprese e famiglie il tesoretto è a quota a quasi 155 miliardi con una particolarità: i titoli di stato funzionano da calamita. I depositi delle famiglie a 101,7 miliardi a marzo 2024 (-2%) vedono una “ricomposizione” del portafoglio per cercare rendimenti più elevati: i titoli a custodia aumentano del +30% nel 2023, raddoppia l’investimento nei titoli di stato italiani. Fa sempre un certo effetto poi il valore della ricchezza delle famiglie venete, al netto delle passività, pari 950,8 miliardi (dato 2022, ultimo disponibile).
La ricchezza reale, in prevalenza rappresentata da immobili, ammonta a circa il 54%, mentre la parte finanziaria è ripartita per il 44% in titoli, 31% circolante e depositi, 25% riserve assicurative. Ma, tirando una linea, la ricchezza delle famiglie risulta diminuita in un anno (-1,8%) sotto il peso dell’inflazione che ha eroso il valore della ricchezza immobiliare e finanziaria.
Andrà meglio? Il settore edile risulta nel limbo tra la crescita del 2023 spinta dai bonus e le speranze sul 2024 legate al Pnrr. I nuovi prestiti per acquisto di abitazioni sono in calo (-26%). Si vedrà tra un anno.
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