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La direttiva Ue sull’efficienza energetica degli edifici prevede una riduzione del 16% del consumo energetico delle case entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035

La Direttiva sull’Efficienza energetica degli edifici (EPBD) rappresenta un’iniziativa cruciale per l’Italia, mirando a trasformare il settore immobiliare e a ridurre significativamente il consumo energetico. Questa direttiva si inserisce in un contesto più ampio di sostenibilità ambientale e di risposta ai cambiamenti climatici, stabilendo obiettivi ambiziosi ma necessari per il 2030 e oltre. Le misure previste dalla direttiva, come la riduzione del consumo energetico e la ristrutturazione degli immobili, non solo contribuiranno a migliorare l’efficienza energetica ma stimoleranno anche l’economia attraverso investimenti nel settore delle costruzioni e della riqualificazione. Inoltre, l’obbligo di realizzare edifici a emissioni zero stimolerà l’innovazione e l’adozione di tecnologie pulite.

Il successo di queste iniziative dipenderà dalla capacità dell’Italia di integrare queste direttive con politiche nazionali efficaci, che dovranno essere attentamente pianificate e attuate. Il piano nazionale richiesto dall’UE sarà un documento fondamentale, che delineerà le strategie e le azioni specifiche che l’Italia intenderà adottare per raggiungere gli obiettivi stabiliti. Sarà essenziale che tale piano sia il risultato di un processo inclusivo, che coinvolga tutti gli stakeholder rilevanti, inclusi governi locali, industrie e cittadini, per garantire che le misure adottate siano sostenibili e ben accette. L’impatto di queste politiche sul mercato immobiliare sarà significativo, con potenziali benefici in termini di valore degli immobili e di attrattività per gli investitori, ma anche sfide, come la necessità di formare professionisti qualificati e di superare eventuali resistenze al cambiamento. La trasparenza e la comunicazione saranno elementi chiave per assicurare che le comunità comprendano i benefici a lungo termine di queste riforme e partecipino attivamente al processo di transizione energetica.

Per il raggiungimento degli obiettivi, la direttiva prevede una serie di misure, tra cui:

  • Riduzione del consumo energetico: Una riduzione media del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035 per gli edifici residenziali.
  • Ristrutturazione degli immobili: Il 55% della riduzione dovrà essere ottenuta attraverso la ristrutturazione del 43% degli immobili con le prestazioni energetiche peggiori.
  • Edifici a emissioni zero: Tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030.

Gli interventi necessari per rendere più efficienti gli edifici esistenti e ridurre i consumi energetici sono simili a quelli già previsti dal Superbonus. Tra questi troviamo:

  • Isolamento termico: installazione di un cappotto termico per impedire la dispersione di calore in inverno e l’ingresso di calore in estate.
  • Sostituzione di infissi: sostituzione di finestre e porte con modelli più performanti dal punto di vista energetico, in grado di garantire un migliore isolamento termico e acustico.
  • Impianti di riscaldamento: sostituzione delle vecchie caldaie con modelli a condensazione o pompe di calore, che garantiscono un’elevata efficienza energetica e riducono le emissioni di CO2.

Il costo degli interventi varia in base alle dimensioni e alle caratteristiche dell’immobile. Tuttavia, è importante sottolineare che gli investimenti in efficienza energetica possono portare a significativi risparmi sulle bollette energetiche nel lungo periodo, oltre a migliorare il comfort abitativo e la qualità dell’aria interna.

Oltre agli interventi sopracitati, è possibile valutare anche altre soluzioni come l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda sanitaria o l’adozione di sistemi di domotica per la gestione intelligente dei consumi energetici.

Quanto costerà rendere efficienti gli edifici in Italia?

Secondo una stima del Centro studi di Unimpresa, la spesa complessiva per rendere più efficienti energeticamente gli edifici italiani potrebbe ammontare a circa 270 miliardi di euro. Questa cifra tiene conto di un investimento che varia per singolo immobile da 20.000 a 55.000 euro. Alcune stime più pessimiste ipotizzano addirittura un costo fino a 60.000 euro per unità immobiliare. Tali cifre evidenziano la portata dell’impegno economico necessario per adeguare il parco immobiliare italiano agli standard energetici richiesti dalla direttiva Epbd. Tuttavia, è importante sottolineare che gli investimenti in efficientamento energetico possono generare significativi risparmi sulle bollette energetiche nel lungo periodo, oltre a migliorare il comfort abitativo e la qualità dell’aria interna. Inoltre, sono previsti incentivi e agevolazioni fiscali per chi decide di riqualificare il proprio immobile, rendendo gli interventi più accessibili. Per avere una stima più precisa dei costi e dei benefici per il proprio immobile, è consigliabile rivolgersi a un professionista qualificato che possa effettuare una valutazione energetica e consigliare gli interventi più opportuni.

La direttiva introduce una serie di strumenti e orientamenti fondamentali per avanzare verso la decarbonizzazione e per modernizzare il patrimonio immobiliare. Questo porterebbe a vantaggi significativi per gli abitanti, i proprietari degli edifici e l’economia nazionale, nonché per la sicurezza energetica e la salute pubblica.

Tuttavia, all’interno di questa direttiva emergono due punti che richiedono una riflessione più approfondita:

  • Nuovi criteri per le classi energetiche e per gli attestati di prestazione energetica: gli Stati membri dovranno ridefinire le classi energetiche degli edifici, passando da una scala che va dalla A (edifici a emissioni zero) alla G.
  • Nuovi obiettivi per gli edifici residenziali e del terziario: la direttiva introduce nuovi obiettivi da raggiungere per gli edifici residenziali e del terziario.

Nelle precedenti versioni della bozza di direttiva, l’appartenenza alla classe G veniva definita in base al 15% degli immobili con le prestazioni peggiori. Nella versione attuale, la classe G viene definita come quella che corrisponde agli edifici con le prestazioni peggiori del parco immobiliare nazionale al momento dell’introduzione della scala.

Impatti delle decisioni sui criteri di classificazione energetica

L’assegnazione alle varie classi energetiche dipende dalla soglia identificata per quella peggiore e dal criterio di distribuzione, che la direttiva richiede sia “adeguato”. Questo lascia ampio spazio per decisioni che possono avere un impatto significativo sugli obiettivi nel settore residenziale.

Per quanto riguarda quest’ultimo, gli obiettivi prevedono una riduzione del 16% del consumo medio di energia primaria dell’intero parco immobiliare residenziale entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035.

Considerando che molti attestati di prestazione energetica (Ape) sono compilati in modo conservativo, più per adempiere al requisito di redazione che per fornire una vera guida all’acquisto di una casa, è evidente che un aggiornamento con criteri più precisi potrebbe, paradossalmente, avvicinarci all’obiettivo con relativa facilità. In ogni caso, il raggiungimento della riduzione dei consumi sembra essere possibile con interventi limitati.

Nuove classifiche energetiche per il residenziale: verso obiettivi più abbordabili e realistici

Entrambi gli obiettivi, tuttavia, richiedono che il 55% della riduzione del consumo medio di energia primaria sia ottenuto tramite la ristrutturazione del 43% degli edifici residenziali con le prestazioni energetiche più basse. Questo obiettivo dipenderà significativamente dalla definizione della classe G, che potrebbe includere un numero più o meno ampio di immobili.

I due obiettivi al 2030 e al 2035, il secondo dei quali è addirittura espresso come intervallo di valori, sono notevolmente più realistici rispetto alle versioni precedenti della direttiva.

Per gli edifici non residenziali, il criterio è differente. Gli Stati membri devono stabilire due soglie di prestazione energetica “massime”, in modo che rispettivamente il 16% e il 26% del parco edilizio non residenziale le superi. Si prevede che entro il 2030 tutti gli edifici non residenziali siano al di sotto della prima soglia e entro il 2033 al di sotto della seconda. Anche in questo caso, analizzando i dati disponibili sugli Ape nella banca dati Siape, i target non sembrano insormontabili.

È importante sottolineare che sono previste esenzioni per entrambi i gruppi di immobili, residenziali e non, in virtù del loro valore storico-architettonico e per altri motivi specifici, come, per fare alcuni esempi, edifici di culto, case con utilizzo annuale limitato, edifici industriali e agricoli a basso consumo energetico e fabbricati temporanei.

Cinque proposte per interventi pubblici efficaci

Per migliorare l’efficienza energetica degli edifici in Italia, è necessario un approccio strategico che combini interventi mirati con un utilizzo efficiente delle risorse pubbliche. In questo contesto, lo studio di Bankitalia offre spunti di riflessione preziosi per la definizione di politiche pubbliche efficaci.

Di seguito i cinque aspetti chiave a carico del bilancio pubblico individuati dallo studio:

  • Selezione dei beneficiari e degli immobili: priorità alle famiglie bisognose (es. ISEE) e alle abitazioni meno efficienti occupate stabilmente. Incentivi fiscali rafforzati per locazioni private ad alta efficienza energetica. Finanziamento integrale o parziale per l’edilizia residenziale pubblica.
  • Mix di strumenti di intervento: integrare detrazioni e crediti d’imposta con sussidi diretti e sostegno all’accesso al credito, come già avviene in altri paesi.
  • Compartecipazione ai costi e modulazione dell’incentivo: coinvolgere i beneficiari per ridurre il rischio di comportamenti opportunistici. Modulare l’incentivo in base al risparmio energetico atteso, al costo dell’intervento e alle caratteristiche socioeconomiche dei beneficiari.
  • Finanziamento degli interventi: identificare fonti di finanziamento adeguate e certe, prioritariamente da tagli ai sussidi ambientalmente dannosi e dall’introduzione di un sistema di carbon pricing complementare all’EU-ETS, se si desidera aumentare le risorse rispetto al Superbonus.
  • Stabilità e certezza dell’incentivo: garantire un quadro normativo stabile e chiaro per favorire la pianificazione degli interventi e la fiducia dei cittadini.

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