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L’Intelligenza artificiale dà, l’Intelligenza artificiale toglie. Per Elon Musk, che sta investendo soldi ed energie nella sua xAI come se non ci fosse un domani per competere con OpenAI di ChatGpt, l’IA ruberà a tutti noi il lavoro nel giro di pochi anni, dunque è meglio iniziare a predisporre fin da subito un reddito di cittadinanza universale.

E com’è noto non è il solo a pensarla così, dato che nell’imbarazzo dei Grandi della Terra forse troppo poco sul pezzo per riuscire a intervenire in modo tempestivo, si moltiplicano lettere e appelli di scienziati, tecnici, giuristi e studiosi affinché i legislatori arginino algoritmi sempre più smaliziati e intraprendenti.

Google, è noto, è tra le Big Tech che più investe nelle varie forme di IA in sviluppo, ma contemporaneamente apre un bando “per finanziare in Europa progetti di organizzazioni no profit in grado di fornire formazione sull’AI ai lavoratori a maggior rischio di esclusione”. Ma andiamo con ordine.

IL BANDO DI GOOGLE PER LE NO PROFIT

Per usare le parole che Diego Ciulli, Head of Government Affairs and Public Policy di Google Italy, ha usato nella chiamata a raccolta attraverso i suoi social al nuovo bando a favore delle no profit: “L’Intelligenza Artificiale – potenzialmente – è democratica. E’ una tecnologia sempre più disponibile per tutti, a basso costo e incredibile impatto. Ma il grande fattore di discriminazione tra chi ne trarrà benefici e chi no sta nella capacità di usarla, in particolare sul lavoro.”

Per questo, fa sapere Ciulli, Google ha “creato un fondo da 15 milioni di euro per finanziare – in Europa – progetti di organizzazioni no profit in grado di fornire formazione sull’AI ai lavoratori a maggior rischio di esclusione”. Quindi la call fo action vera e propria: “Amici sindacalisti, attivisti, educatori: cosa aspettate a candidarvi? Scade tra 2 settimane!”

I DETTAGLI

In collaborazione con il Centre for Public Impact, Google fa sapere che intende sostenere “i lavoratori di tutta Europa che sono maggiormente colpiti dalle transizioni della forza lavoro causate dall’IA”.

Per questo intende raggiungere “un’ampia gamma di organizzazioni non profit e della società civile che si occupano di questi lavoratori”. “I candidati selezionati riceveranno una formazione approfondita e personalizzata nelle lingue locali, basata su corsi fondamentali sull’IA progettati da Google e da partner esterni, e un sostegno in denaro”.

Insomma, il funzionamento è questo: Google vuole passare dalle no profit per reskillare chi sarà lasciato a casa a causa dell’avvento dell’AI. Col piccolo e forse un po’ beffardo particolare che il terremoto sociale in atto sarà concausato dalla stessa Google.

L’AI Opportunity Fund è “un’iniziativa di qualificazione nell’ambito dell’IA progettata per fornire ai lavoratori, soprattutto a quelli che hanno bisogno di maggiore sostegno per aggiornarsi, le conoscenze e gli strumenti fondamentali dell’Intelligenza artificiale necessari per ottenere risultati professionali positivi a lungo termine”.

Nella pagina del bando è possibile leggere: “Le organizzazioni che raggiungono questi lavoratori sono invitate a richiedere il sostegno di questo fondo da 15 milioni di euro; i candidati prescelti riceveranno un finanziamento e una formazione completa in lingua locale basata sui corsi di IA di Google e di enti esterni. È prevista l’opzione di un ulteriore supporto personalizzato per facilitare la formazione, che può includere tutoraggio continuo, buoni per l’assistenza all’infanzia e stipendi”.

UN AI WASHING?

Anche Microsoft, il concorrente numero uno di Google nella corsa all’intelligenza artificiale, principale finanziatore di OpenAI, sta spendendo milioni più o meno in tutto il mondo, dagli Emirati Arabi Uniti al Giappone, passando per Indonesia, Germania, Francia, Spagna, per iniziative simili idonee a formare e forgiare la forza del lavoro di domani.

E l’impressione è che questi colossi si stiano già preparando alle critiche di chi li accuserà di aver creato strumenti che sottrarranno il lavoro a milioni, se non miliardi, di persone in tutto il globo e in tutti i settori scudandosi dietro l’esistenza di fondi per il sociale.

Insomma, così come il “green washing” ha fatto sì che molte aziende inquinanti ripulissero la propria immagine con operazioni di marketing finalizzate a non essere boicottate, per diversi osservatori nel settore dell’IA starebbe avvenendo un “AI washing”, con fondi ad hoc per il welfare che però non sono nulla (pensiamo all’apporto di 15 milioni di euro da spartire in tutta Europa) se comparati coi finanziamenti per lo sviluppo degli algoritmi di Intelligenza artificiale. Si tratterebbe dunque di iniziative che rischiano di essere solo la proverbiale goccia nel mare. Un mare oltretutto agitato come non mai dalla rivoluzione in atto, rapidissima e incontrollabile.

L’Head of Government Affairs and Public Policy di Google Italy si arrischia al più a dire che “l’AI è potenzialmente democratica” e parla solo di “rischi di discriminazione” tra chi saprà usarla e chi no. Con tutti i soldi che Mountain View ha messo sull’Intelligenza artificiale, sarebbe del resto curioso se il colosso del Web usasse altri termini o, peggio, citasse alcune delle ricerche più pessimistiche sull’impatto dell’Intelligenza artificiale nel mondo del lavoro divulgate finora.

I BENEFICI SONO CALCOLATI AL CENTESIMO (1.2 TRILIONI), MA I RISCHI?

Allo stesso modo, la pagina del bando per le no profit di Google si limita a descrivere così lo spirito dell’iniziativa: “I recenti progressi dell’IA, in particolare dell’IA generativa, hanno il potenziale di aumentare le dimensioni dell’economia dell’UE di 1,2 trilioni di euro e di far risparmiare al lavoratore medio oltre 70 ore all’anno. Tuttavia, se da un lato l’IA presenta immense opportunità di aumento della produttività e della crescita, dall’altro dobbiamo lavorare insieme per garantire che siano davvero disponibili per tutti e che non lascino indietro nessuno”. Come si vede, le parole sono soppesate col bilancino del farmacista: i rischi vengono appena accennati mentre massima enfasi è posta sui benefici da 1,2 trilioni di euro.

Ma la realtà è che, oltre alle lettere e agli appelli degli scienziati, si moltiplicano un po’ in tutto il mondo fattispecie che lasciano pensare che l’AI sia causa di un numero crescente di licenziamenti. Secondo il report di Rest of World in Cina la ricerca di illustratori professionisti per videogiochi è diminuita del 70% a causa delle intelligenze artificiali.

Secondo uno studio francese circa 800.000 posti di lavoro potrebbero essere distrutti dall’intelligenza artificiale generativa in Francia entro la fine del decennio – e le donne saranno tra le più colpite.

Lo studio francese, che ci interessa perché, aprendo uno spaccato sulla Francia, tratta un mercato del lavoro molto simile al nostro – non solo vicino dal punto di vista geografico -, sostiene che i più colpiti saranno i lavori amministrativi (199.000), i servizi di contabilità (140.000), gli impiegati (100.000) e i receptionist (80.000) tra quelli che hanno maggiori probabilità di essere automatizzati.

La stessa Google peraltro nell’ultimo periodo ha ridotto l’organico nonostante l’incredibile ritmo di crescita. Il colosso guidato da Sundar Pichai, impegnato in una strenua competizione con il Bing di Microsoft potenziato dall’IA di ChatGpt, sta ottimizzando la propria organizzazione, automatizzando numerose mansioni di tipo amministrativo e creativo.

IL BANDO ANALOGO PER L’ASIA

Soltanto pochi giorni fa sempre Google aveva allocato una cifra analoga per il proprio vivaio di forza lavoro sull’AI in Asia. In collaborazione con l’Asian Venture Philanthropy Network e sostenuto dalla Banca asiatica di sviluppo, si legge, il fondo sosterrà le organizzazioni a impatto sociale attraverso formazione sull’intelligenza artificiale e sovvenzioni in denaro, affrontando le sfide e le opportunità locali dell’intelligenza artificiale.

Nessuno sa se l’Intelligenza artificiale porterà con sé più rischi o più benefici. Nessuno, nemmeno Gemini o ChatGpt, può dire oggi se gli scienziati che chiedono di bloccarne lo sviluppo si riveleranno cassandre inascoltate oppure ilari Don Chisciotte incapaci di comprendere i benefici del progresso.

Nel dubbio, i sindacalisti, gli attivisti e gli educatori chiamati a raccolta da Google farebbero bene non solo a iscriversi a tutti i bandi analoghi (iniziative lodevoli che speriamo di veder moltiplicate), perché potrebbe esserci un gran bisogno di formare milioni e milioni di persone non più giovanissime, ma anche a conservare il proprio pensiero critico su tecnologie potenzialmente idonee a rubare il posto di lavoro all’uomo.

 

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