E’ fissato per il prossimo 19 novembre davanti ai giudici della Corte d Cassazione l’ultimo atto del processo dell’inchiesta «I Pubblicani» condotta dai Carabinieri. I reati contestati a vario titolo vanno dallo spaccio all’estorsione, alle lesioni. Erano state le difese degli imputati a impugnare la sentenza della Corte d’Appello di Roma emessa il 21 febbraio del 2024. In secondo grado i magistrati avevano accolto la proposta di concordato per Amine Harrada e Roberto Ciarelli, rispettivamente la pena è di tre anni, 8 mesi e dieci giorni e sei anni e 4 mesi. Sempre in Corte d’Appello era stata rideterminata la pena per Cristina Giudici in due anni e 10 mesi di reclusione e di quattro anni e 6 mesi e 20 giorni per Gianluca Pezzano. Erano state confermate le condanne per gli altri imputati: sette anni e 4 mesi per Giuseppino Pes, cinque anni e 10 mesi per Adriano Sarrubbi. Infine tre anni e 8 mesi per Pietro Finocchiaro. Il collegio difensivo composto dagli avvocati Oreste Palmieri, Leonardo Palombi, Giuseppe Calderazzo, Giuseppe Accapezzato, Pasquale Cardillo Cupo una volta lette le motivazioni della sentenza ha depositato il ricorso e tra pochi giorni è fissata l’udienza. L’inchiesta – coordinata dai Carabinieri del Nucleo Investigativo, diretti dal tenente colonnello Antonio De Lise – aveva portato all’emissione dei provvedimenti restrittivi. Nel corso dell’indagine «I Pubblicani», gli investigatori erano riusciti a ricostruire alcune spedizioni punitive per il mancato pagamento di debiti di droga e altri episodi tra cui una persona era stata sottoposta ad un sequestro di persona. I provvedimenti cautelari erano stati firmati dal gip Giorgia Castriota su richiesta dei pubblici ministeri Martina Taglione e Andrea D’Angeli. Gli accertamenti degli uomini dell’Arma risalgono al 2020 e l’attenzione investigativa si era concentrata su una serie di aggressioni e anche su un sequestro. Tra gli altri reati contestati anche l’estorsione aggravata, le lesioni personali aggravate dall’uso delle armi e la detenzione e il porto illegale di armi in luogo pubblico. Grazie ad una serie d pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali, gli investigatori hanno ricostruito i fatti a partire dalle lesioni e dalle minacce nei confronti di chi non saldava i debiti di droga. Anche al Riesame le accuse avevano pienamente retto. Lo scorso luglio è stato condannato alla pena di sei anni, Alessandro Artusa che aveva scelta la strada del rito ordinario. Tra pochi giorni l’udienza.
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