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VENEZIA – Lo scuolabus, la mensa scolastica, lo sfalcio dell’erba, gli aiuti alle famiglie disagiate. Tutti questi servizi erogati dai Comuni rischiano di sparire per mancanza di fondi. Nella migliore delle ipotesi, il che vale per trasporti e mense, i servizi resteranno, ma i costi saranno ancora di più a carico degli utenti, cioè ancora più cari. Il motivo? I tagli statali a Comuni, Province, Città metropolitane. Stiamo parlando di 250 milioni complessivi a livello nazionale per quest’anno. E altrettanti per il 2025, il 2026, il 2027, il 2028. Per il Veneto la somma è cospicua: solo quest’anno i Comuni dovranno fare a meno di 34.432.921 euro che si riducono a 25.490.200 euro perché ci sarà un “rimborso” di quasi 9 milioni (8.942.721) per le spese sostenute per il periodo pandemico. Venticinque milioni e mezzo in meno, un taglio che inciderà non poco sui bilanci degli enti.


Tagli ai Comuni

Alcuni esempi? Quest’anno il Comune di Venezia avrà un taglio di quasi 3 milioni di euro, per la precisione 2.999.399. Padova avrà un taglio di 1.347.275 euro. Treviso dovrà fare a meno di 337.473 euro. Rovigo dovrà far quadrare i conti senza 256.948 euro. E per Belluno il taglio sarà di 135.308 euro. Sforbiciate analoghe per la Città di Metropolitana di Venezia (dovrà rinunciare a più di un milione e mezzo) e per le sei Province venete.

La protesta dei sindaci

L’aspetto singolare è questi tagli non sono stati accettati dai Comuni, ma saranno applicati lo stesso. Spiega Carlo Rapicavoli, direttore dell’Anci del Veneto: «La Conferenza Stato-Città e Autonomie Locali, nella seduta di giovedì, ha esaminato lo schema di decreto di approvazione del riparto del concorso alla finanza pubblica da parte degli Enti locali, previsto dalla Legge di bilancio 2024, pari a 250 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028, di cui 200 milioni a carico dei Comuni e 50 milioni a carico delle Province e delle Città metropolitane. Sono chiamati ad assicurare tale contributo alla finanza pubblica tutti gli Enti, con l’esclusione di quelli in dissesto finanziario o in procedura di riequilibrio finanziario e, quindi, subiscono i tagli 6.838 Comuni, 78 Province e 13 Città metropolitane». Per quanto riguarda i fondi Pnrr, sono stati esclusi i contributi relativi al Piano per asili nido e scuole dell’infanzia. Sui tagli gli enti locali hanno puntato i piedi, anche se inutilmente. «Su tale proposta – dice infatti Rapicavoli – non è stata sancita l’intesa». Solo che in base alla Legge di bilancio, l’intesa non è obbligatoria: dopo 20 giorni “il decreto è comunque adottato”. E quindi il riparto dei tagli è da considerarsi definitivo. Rapicavoli ammette: l’assegnazione dei fondi residui Covid attenua in parte l’entità del taglio, stiamo parlando di circa il 45%, ma se passa il principio di “colpire” sempre Comuni e Province, i primi a rimetterci saranno i cittadini che si troveranno con meno servizi e tariffe più care. Di qui il “messaggio politico”: «La mancata intesa da parte dell’Anci – dice il direttore dei Comuni veneti – rappresenta la formalizzazione della non condivisione della scelte di tagliare le risorse correnti in un periodo già di grande difficoltà per gli Enti locali e un segnale politico in vista della discussione sulla nuova legge di bilancio 2025 che sarà inevitabilmente condizionata dalla reintroduzione del patto di stabilità. È chiaro che non si può pensare a nuovi tagli a Comuni e Province». Della serie: gli enti sono già al limite, il Governo non può pensare di proseguire su questa strada. 



 

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