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È noto che l’Italia è uno dei Paesi in cui la pressione fiscale è più alta. I contribuenti italiani, infatti, sono obbligati a pagare una lunga lista di tributi, alcuni dei quali alquanto bizzarri.
Del resto, l’obbligo, a carico dei cittadini, di contribuire al sostentamento delle spese dello Stato è previsto espressamente all’interno della Costituzione.
art. 53 Cost., infatti, recita testualmente: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
La norma si rivolge, quindi, non solo ai cittadini, bensì a “tutti”. L’obbligo di contribuire alle spese statali deriva dalla necessità di finanziare le spese che gravano sullo Stato per l’erogazione dei vari servizi offerti.
Ognuno, inoltre, è tenuto a contribuire in forza di criteri di progressività, per cui ciascuno è chiamato a concorrere alla spesa pubblica in base alle proprie risorse, tenendo conto di determinate soglie economiche.
 
Il tributo forse meno apprezzato dagli italiani è il bollo auto, anche definito tassa regionale automobilistica. Trattasi di un tributo regionale il cui versamento grava su tutti i proprietari di un’automobile, che sia iscritta nel Pubblico Registro Automobilistico (PRA).
Il pagamento del bollo è annuale e l’obbligo sussiste a prescindere dalla circolazione del veicolo.
 
Un altro tributo particolarmente inviso agli italiani è il canone Rai. Esso costituisce un canone di abbonamento alla TV ed è dovuto da chiunque disponga di un apparecchio televisivo; è soggetto a tassazione annuale e una sola volta per nucleo familiare.
 
Tuttavia, al di là di questi due tributi che, per quanto malvisti dagli italiani, possono definirsi come “necessari”, ve ne sono altri di gran lunga più assurdi e insensati.
Sono tutti tributi che, ad oggi, sono inutili e – a dire il vero – anche anacronistici. Infatti, c’è la possibilità che una futura riforma fiscale provveda a cancellarli.
 
Una prima “tassa” è quella sui morti. Sebbene in Italia non sia prevista effettivamente una tassa sui morti, è pur sempre vero che morire, paradossalmente, ha un costo.
Infatti, in caso di decesso, non è necessario versare alcuna tassa; tuttavia, i familiari del soggetto deceduto sono comunque tenuti ad affrontare una serie di spese, tra le quali ad esempio il costo per l’emissione del certificato di constatazione del decesso, che è di competenza dell’Asl.
Tra le spese da affrontare rilevano anche i diritti che spettano al Comune per lo svolgimento dei funerali, le spese per la cremazione o la sepoltura.
 
Un’altra imposta “particolare” è la Tosap, ovvero la tassa per l’occupazione del suolo pubblico, disciplinata dal d.lgs. 507/1993. Si tratta di un tributo corrisposto a favore di Comuni e Province. La tassa incide sulle occupazioni di beni demaniali e rientranti nel patrimonio indisponibile di Comuni e Province. Vi possono altresì rientrare i beni appartenenti a privati, che siano gravati da una servitù legale di pubblico passaggio.
 
Un’altra tassa assurda è quella sull’ombra. Essa grava su tutti coloro che installino una tenda all’esterno che faccia ombra sul marciapiede. Secondo la legge italiana, infatti, si tratterebbe comunque di occupazione di suolo pubblico. L’applicazione di tale tassa, tuttavia, rientra nella discrezionalità dei Comuni, quindi non è applicata a livello nazionale.
Sono tassati altresì i balconi e i ballatoi, che facciano ombra sulla pubblica via. La tassa vale anche in presenza di tende o insegne pubblicitarie.
L’art. 38, comma 1 del d.lgs. 507/1993 dispone testualmente che: “Sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province”.
Ai sensi del comma 2, invece, vige l’obbligo di pagare la Tosap anche per l’occupazione di suolo pubblico, escludendo “balconi, verande, bow-windows e simili infissi di carattere stabile, nonché le occupazioni sottostanti il suolo medesimo, comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa”.
 
Una sorta di tassa viene pagata anche per chi abbia intenzione di raccogliere i funghi. Non si tratta di una vera e propria tassa, bensì di un’imposta di bollo che dev’essere corrisposta per l’ottenimento del permesso necessario alla raccolta dei funghi. Ciò significa che chi abbia intenzione di raccogliere funghi debba, prima di tutto, seguire un corso, utile a scoprire quali siano i funghi commestibili e quali no, dopodiché gli verrà rilasciato un permesso, la cui emissione è subordinata al pagamento dell’imposta di bollo.
 
Una tassa ormai indubbiamente anacronistica è quella sulle paludi, prevista da un R.D. del 1904. La norma prevede l’obbligo di corrispondere una tassa per la bonifica delle paludi tramutate in terre coltivabili.
Ad esempio, gli abitanti della città di Napoli, residenti in Poggioreale, Ponticelli, centro e stazione versano un contributo di 17 euro all’anno.
Ci sono, poi, Comuni più piccoli, come San Giovanni Valdarno (in provincia di Arezzo), in cui il comitato di bonifica contatta tutti gli anni i proprietari di immobili con una missiva contenente bollettini postali che, se non pagati, generano cartelle esattoriali.



 

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