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Immagine distribuita da Rawpixel con licenza

Si è svolto, ieri pomeriggio, il webinar organizzato dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale per approfondire e commentare i dati della sua ultima ricerca “La sfida della Sostenibilità Digitale: Environment”, i cui principali risultati sono già stati presentati in anteprima qui, su Tech Economy 2030, in occasione dell’ultima Giornata Mondiale dell’Ambiente. “La Fondazione svolge attività di ricerca nell’ambito delle interdipendenze tra tecnologia e sostenibilità nella percezione del cittadino, andando ad analizzare settori verticali specifici”, ha spiegato in apertura Luciano Guglielmi, Direttore del Comitato di Indirizzo della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. “Quest’anno, in particolare, ci si è focalizzati sulle differenze esistenti, in questa direzione, tra grandi e piccoli centri del nostro territorio”.

Lo studio – basato sull’indice DiSI – offre quindi una importante panoramica su come gli italiani percepiscano le nuove tecnologie per l’ambiente e su quanto siano orientati al loro utilizzo, mostrando quanto queste percezioni possano variare in base ai diversi contesti, e in particolare tra i residenti dei grandi o dei piccoli centri del nostro Paese. E, più in generale, come essi percepiscano temi sempre più importanti come l’inquinamento e il cambiamento climatico. “Il digitale è uno dei migliori strumenti che abbiamo a disposizione per gestire le complesse sfide poste dal cambiamento climatico”, ha spiegato Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. “Dai dati raccolti nel 2024 dal nostro Osservatorio sulla Sostenibilità Digitale, emerge come solo un italiano su tre sia in grado di capire realmente le conseguenze pratiche delle proprie convinzioni. Ciò significa che spesso ci riteniamo ‘sostenibili’, ma nei fatti non lo siamo. E, per completare il quadro, ben un italiano su quattro è convinto che inquinamento e cambiamento climatico siano temi importanti, ma che abbiamo tutto il tempo di affrontare. Come a dire: sì, è importante, ma che se ne occupino i nostri figli”.

C’è quindi ancora molto da fare, tanto per capire la reale portata dei problemi che ci troviamo oggi ad affrontare, quanto per comprendere l’importanza di utilizzare, secondo princìpi di sostenibilità, quegli strumenti che più di tutti possono oggi aiutarci a risolverli. “Non ci può essere transizione ecologica e transizione energetica senza l’utilizzo del digitale”, ha commentato Carlo Bozzoli, Global Chief Information Officer di Enel Group. “Adesso, però, è fondamentale capire come rendere sostenibile la tecnologia di cui necessitiamo per rendere sostenibile, a sua volta, questa transizione. Basti pensare che, ad oggi, il 4% delle emissioni globali di CO2 sono provocate proprio dal settore IT: ciò significa che il digitale è uno strumento che dobbiamo approcciare con cura, applicando ad esso i princìpi di sostenibilità in tutte le sue dimensioni, per far sì che possa guidare una transizione energetica pulita, efficiente e inclusiva”.

Infatti, se è vero che il digitale è un importante alleato per la salvaguardia ambientale, lo è altrettanto il fatto che il suo impatto energetico non può essere trascurato. In questa direzione, la ricerca ha mostrato come la maggioranza degli italiani percepisca l’impatto dei servizi digitali sui consumi energetici come abbastanza forte, con percentuali simili rilevate sia nei piccoli che nei grandi centri del nostro territorio. “C’è una sostanziale omogeneità rispetto alla percezione dell’impatto energetico dei servizi digitali, e questo è apparentemente un dato positivo”, ha spiegato Giulia Parenti, Head of Digital Development & Solutions di Plenitude.  “È importante, però, distinguere tra ciò che è il dichiarato dei cittadini e ciò che è la realtà, che possono essere significativamente diversi: e questo si vede molto bene guardando tutti i dati della ricerca. Per questo motivo bisogna lavorare sull’educazione per colmare questo divario, con l’obiettivo di far comprendere il valore dei nuovi strumenti e di trasformare queste percezioni in reali comportamenti”.

Un obiettivo, questo, fondamentale per diffondere conoscenza rispetto agli impatti e al potenziale valore, ad esempio, di tecnologie come l’Intelligenza artificiale. Uno strumento il cui ruolo nel miglioramento dei consumi energetici viene ancora sottostimato da oltre un italiano su quattro, ma che in realtà, come sottolineato da Fabrizio Locchetta, CIO di Siram Veolia, se utilizzato in maniera consapevole può radicalmente cambiare l’approccio verso le tematiche ambientali. “L’Intelligenza artificiale, che oggi è sulla bocca di tutti, non è una novità. Noi la utilizziamo già da diversi anni, e siamo riusciti a implementare delle soluzioni che guidano la gestione degli impianti di riscaldamento di grandi complessi in maniera intelligente, con dei risultati sorprendenti. Ecco perché sono convinto che la consapevolezza, la cultura e la capacità di diffondere, in eventi come questo ma anche partendo dalle scuole, cosa significhi usare il digitale in maniera consapevole possa fare un’enorme differenza”.

Sostenibilità, quando si parla di ambiente, non significa però soltanto gestione efficace dei consumi energetici. Significa allo stesso modo ottimizzare l’uso dell’acqua, anche e soprattutto in un periodo storico in cui, nel nostro Paese, il tema della scarsità di questa risorsa tanto importante quanto fragile si fa sempre più pressante. Ambito, questo, rispetto al quale il contributo del digitale può essere assolutamente decisivo, ed è proprio per questo che la Fondazione per la Sostenibilità Digitale si è impegnata attivamente attraverso l’attivazione, ad inizio 2024, di un gruppo di lavoro dedicato proprio a questo tema.

Dal punto di vista del consumatore, ha evidenziato Franco Masenello, CEO di B.M. Tecnologie Industriali spa Società Benefit – AlmavivA, ciò significa, in primo luogo, avere oggi a disposizione strumenti in grado di rivoluzionare l’approccio ai propri consumi. “Negli ultimi tre anni sono stati installati circa tre milioni e mezzo di smart meter. Attualmente permettono, anzitutto, un recupero di mancata lettura del 20% rispetto a quelli meccanici, riuscendo a leggere portate molto più basse, oltre che fatturazioni molto più frequenti. Quello che voglio evidenziare però è che i nuovi strumenti digitali abilitano nei cittadini una maggiore consapevolezza dei consumi che si hanno. E in un periodo in cui ogni goccia conta, credo che le informazioni e i dati possano quindi servire a indurre l’adozione di comportamenti virtuosi”.

Tra gli altri strumenti utili, in questa direzione, troviamo ad esempio le app che controllano la qualità dell’acqua, che però la ricerca mostra come siano ancora sostanzialmente trascurate da parte della popolazione italiana: emblematica, infatti, la percentuale pari a circa un terzo dei rispondenti che, pur conoscendole, dichiarano di non farne uso. Tra i vari possibili motivi di questa mancanza, come la non disponibilità del servizio in alcune zone del Paese, una diversa interpretazione è stata offerta da Marco Barra Caracciolo, CEO & Chairman di Bludigit: “è chiaro che tutte le utilities devono mettere a disposizione del cliente una serie di informazioni, come la qualità dell’acqua. Tuttavia, oggi con le commodity i cittadini si aspettano di avere meno contatti possibili: è un qualcosa di cui tutti hanno bisogno, ma dal quale ci si aspetta di avere un servizio eccellente. Questo mi spiega perché, oggi che tutti noi usiamo moltissime app, anche per lavoro, questo tipo di strumenti non vengono utilizzati. Ciò non significa che non servono questo tipo di app, ma credo che bisognerebbe rivedere il servizio che si dà agli utenti immaginando che la maggior parte di essi vorrebbero un servizio con cui non ci sia la necessità di interagire”.

Insomma, per far sì che il digitale possa realmente diventare uno strumento strategico, e di uso comune, per la salvaguardia dell’ambiente, c’è ancora molto da fare. E, dalle diverse visioni fornite dagli esperti del settore in questo pomeriggio, emerge un punto in comune: serve creare consapevolezza diffusa, che è la base per lo sviluppo di quelle competenze necessarie ad animare dei comportamenti più sostenibili. Ed è per questo motivo che la Fondazione per la Sostenibilità Digitale continuerà, nel corso del 2024 e del 2025, ad esaminare come i cittadini percepiscano questi temi nei più diversi settori – dalla mobilità al turismo, passando per il commercio e l’agrifood – con l’obiettivo di creare quelle occasioni di confronto utili allo sviluppo della sostenibilità digitale nel nostro Paese.



 

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