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L’INIZIO di luglio si è aperto con un avvenimento significativo per le politiche ambientali ed energetiche italiane. Il primo del mese, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno presentato alla Commissione europea il testo definitivo del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec). Questo documento stabilisce gli obiettivi e le misure che l’Italia intende adottare per rendere maggiormente sostenibili le proprie politiche energetiche e industriali, con lo scopo di raggiungere i target europei legati alla transizione verde. Il testo trasmesso a Bruxelles è un aggiornamento del primo Pniec presentato nel 2019. La nuova versione si è resa necessaria alla luce dell’impegno dell’Unione ruropea, stabilito nel 2020 con il Green Deal, di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050

Il Piano contiene, innanzitutto, un chiaro messaggio politico sulla visione del Governo rispetto alla transizione energetica. Nel testo e nelle dichiarazioni annesse, l’esecutivo pone, infatti, l’accento sull’importanza di un approccio tecnologicamente neutro, che privilegi cioè la definizione degli obiettivi, anziché la scelta mezzi da utilizzare per conseguirli. Secondo questa linea, per raggiungere i target della decarbonizzazione, occorre valutare tutte le tecnologie disponibili senza mettere paletti normativi che ne favoriscano alcune a scapito di altre. L’attuale Governo ha sottolineato più volte tale concetto, in contrapposizione all’approccio verso la transizione ecologica perseguito da Bruxelles. Anche nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, le misure energetiche per il futuro appaiono condizionate dalle necessità economiche e politiche attuali.

Si legge, infatti, che “occorre coniugare le politiche di decarbonizzazione con quelle volte a mantenere la qualità della vita e dei servizi sociali, la lotta alla povertà energetica, e il mantenimento della competitività e dell’occupazione, data la struttura del tessuto produttivo e manifatturiero italiano”. Se, da un lato, queste righe si collocano nel solco di quel “pragmatismo” utilizzato spesso come strumento politico per rimandare azioni concrete che avrebbero forti conseguenze sull’economia, dall’altro il Piano riconosce che la transizione verde richiede decisioni complicate e nette capaci di rivoluzionare lo status quo politico e industriale. Si evidenzia, in questo senso, la necessità di “un sostanziale mutamento degli stili di vita e di consumo verso comportamenti caratterizzati da maggior efficienza energetica e minori emissioni”.

Nel testo, quindi, il Governo sembra riconoscere che per affrontare la sfida della decarbonizzazione saranno necessari sforzi sociali e culturali, oltreché economici. Tra gli obiettivi energetici delineati nelle quasi cinquecento pagine di dati, proiezioni e misure, due elementi legati alla produzione di energia destano particolare interesse. Il primo riguarda la necessaria accelerazione nell’installazione di rinnovabili. Si tratta di un’area in cui l’Italia ha già ottenuto ottimi risultati, ma lo sforzo da compiere rimane importante. Il Piano conferma, infatti, che l’obiettivo è raggiungere una capacità installata da fonti rinnovabili di 131 Gigawatt nel 2030. Attualmente l’Italia è a una capacità totale di circa 66 Gigawatt, con 5,8 GW installati nel 2023, il che significa che, a questo ritmo, servirebbero più di dieci anni per centrare l’obiettivo. Consapevole degli sforzi economici e politici necessari, nel documento il Governo elenca una serie di iniziative per supportare piccoli e grandi impianti. Per la prima categoria, si tratta soprattutto di misure inerenti alla regolamentazione degli incentivi e al supporto alle comunità di energia rinnovabile e all’autoconsumo. Per i grandi impianti, oltre agli incentivi economici, l’attenzione è concentrata sulla semplificazione delle procedure di autorizzazione.

In particolare, viene espressa la necessità di prevedere alcuni principi, in un quadro di totale collaborazione con le regioni, per armonizzare le procedure e stabilire norme limite che evitino l’adozione di procedure di autorizzazione più rigide di quelle nazionali. Il secondo elemento di interesse è l’inserimento di scenari che comprendono l’impiego di energia nucleare, tecnologia completamente esclusa dal primo Pniec. Una sezione descrive alcune ipotesi di scenari al 2050 sviluppate nell’ambito dei lavori della Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile. Il documento riporta che, secondo il modello sviluppato, le tecnologie nucleari risultino sia economicamente sia energeticamente convenienti. Nel 2050 l’energia prodotta da fonte nucleare potrebbe soddisfare l’11% del fabbisogno elettrico del Paese, con un margine di miglioramento fino al 22%. Inoltre, si fa riferimento ai piccoli nuovi reattori modulari a fissione, indicando la direzione che il Governo sembra intenzionato a percorrere. Va, tuttavia, sottolineato che questa sezione riporta solo alcuni scenari e il Piano non assume l’uso del nucleare per raggiungere gli obiettivi.

Inoltre, la tecnologia Smr dei mini-reattori nucleari a oggi non è pronta all’uso su scala. Di conseguenza, questa tecnologia non contribuirà agli obiettivi per il 2030 ed è ancora incerto il suo potenziale contributo per quelli al 2050. In conclusione, dall’aggiornamento del Pniec emerge un Governo determinato a implementare alcuni cambiamenti strutturali per raggiungere gli obiettivi climatici, seppur sempre alla ricerca di un equilibrio pragmatico. L’efficacia di questo approccio andrà misurata con l’avvicinarsi delle scadenze degli obiettivi previsti dal Piano.

* Ricercatore, Luiss Hub for New Industrial Policy (LUHNIP)

 

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