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Merita di essere definitivamente chiarita l’ipotesi (peraltro già smentita dal governo) della progettazione di una tassa addizionale, anche nella forma di un cosiddetto contributo di solidarietà, a carico degli asseriti extra profitti di banche, assicurazioni e altre imprese. Anche nell’ambito della maggioranza si manifestano dissensi o preoccupazioni per la strumentalizzazione che sarebbe stata operata, secondo alcuni, facendo giungere nelle cronache una ipotesi che sarebbe priva di fondamento. Da diverse parti si manifestano contrarietà. Bisogna evitare un “bis in idem” rispetto allo scorso anno e, semmai – se proprio si ritenesse di riaprire questo fronte – partire dalla conclusione del confronto che portò a un approdo soddisfacente evitando una tassazione che sarebbe stata in conflitto con la normativa comunitaria e con gli indirizzi della nostra Consulta. Questa ipotesi è anche un diversivo rispetto ai problemi veri del credito e della finanza. Se ne indicano solo alcuni. Ogni volta in cui si verifica una situazione di dissesto di un intermediario non bancario o di soggetti che abusivamente raccolgono risparmi attirando clienti con l’assicurazione di ingenti remunerazioni, ci si ripromette di adottare nuove regole o rafforzare quelle vigenti insieme con il consolidamento dei controlli.

L’ultimo caso è ora quello delle due assicurazioni Fwu Life Insurance – e siamo in presenza di soggetti ” vigilati” – con sede rispettivamente in Lussemburgo e in Austria che hanno come clienti circa 100 mila italiani, una parte dei quali residenti nel Lazio. Per la prima di queste imprese, è stato dichiarato dal Tribunale di Monaco lo stato di insolvenza; per l’altra, l’Authority austriaca ha vietato di sottoscrivere nuovi contratti – vita. Di qui le preoccupazioni dei clienti sottoscrittori di polizze “unit linked” e la necessità che ci si adoperi anche in Italia per i risarcimenti. Si pone comunque il problema della diversità di normative e di controllo nella stessa Euroarea. Ma si tratta di un caso e neppure il peggiore. Uno studio della Consob mette in evidenza come sia aumentato il rischio di subire frodi finanziarie o di effettuare investimenti senza un’adeguata consapevolezza. Salgono i social nelle fonti di informazione, superando la carta stampata, per prendere decisioni di investimento, e cresce l’intervento dei giovani, mentre nelle famiglie è il componente con il reddito più alto che decide un po’ per tutti. Internet risulta il canale più usato per tali decisioni. Il rischio di decisioni sbagliate è elevato.

Tra il 2022 e il 2024 la percentuale degli investitori in criptovalute è aumentata dall’8 al 18 per cento. Si tratta di “strumenti” che solo ora si è iniziato a regolamentare e non ancora in maniera soddisfacente. Queste innovazioni insieme con i casi di default improvvisi dove ha agito il “Ponzi scheme” – il metodo per truffare promettendo alti rendimenti che vengono versati, sulle prime, con i denari dei nuovi investitori, come anche un eclatante caso romano ha messo in evidenza – rilanciano il tema della tutela dei risparmio che deve essere assicurata ai diversi livelli: quello della politica economica e di finanza pubblica del Paese – e con esso dell’Unione per la parte di competenza – quello della Banca centrale e della politica monetaria. Poi vi sono il livello della disciplina bancaria, finanziaria e assicurativa e il ruolo delle Autorità di supervisione. Segue, quindi, l’uso consapevole del denaro da parte del risparmiatore – investitore. Nei confronti del risparmiatore non professionale e dell’investitore non specializzato non si può invocare il principio “caveat emptor”, si guardi il cliente, considerato il ruolo del risparmio costituzionalmente protetto (art.47 della Carta) nonchè la sua funzione per il sostegno degli investimenti.

Mentre assumono un ruolo sempre più importante la tutela del consumatore anche in ambito bancario e finanziario ad opera della specifica normativa e degli organi preposti – la Banca d’Italia e la Consob, in particolare – e la comunicazione in questo campo diventa fondamentale, si fa ancor più importante lo sviluppo e l’estensione dell’educazione finanziaria che dal prossimo anno scolastico, a meno di variazioni, entrerà nei programmi scolastici come parte dell’educazione civica. La prospettiva deve essere la configurazione di questo insegnamento come materia autonoma nelle scuole di ogni ordine e grado. Si aggiunge a tutte le altre iniziative di banche, assicurazioni, organismi di categoria, istituzioni, associazioni di consumatori volte a promuovere questa essenziale educazione, iniziative che bisognerebbe meglio coordinare. Tutti questi livelli concorrono a una protezione essenziale anche per il sostegno dell’economia. Ma non va sottaciuto il peso che stanno acquisendo le truffe finanziarie attuate con l’impiego delle nuove tecnologie le quali pongono il problema di uno stretto coordinamento tra banche, organi di controllo, forze di polizia insieme con la capacità di rafforzare a tutti i livelli del sistema la competenza digitale. In questo quadro, vengono in primo piano il ruolo dei lavoratori del settore e la funzione che possono svolgere in questo campo, a partire in particolare nelle banche, dai contatti diretti con la clientela. Esistono altre leve da azionare in questi comparti, non una straordinaria e giuridicamente dalla debole tenuta, leva di aggravamento fiscale che può diventare un “boomerang”.



 

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