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Assessori e parlamentari si spartiscono il bottino per ricavarne consenso. Regione in panne, addio sviluppo

Più che un assessore al Bilancio “dimezzato” (la Programmazione è rimasta a Schifani e la gestisce, materialmente, Armao), Alessandro Dagnino sembra il titolare della nuova delega al “clientelismo di massa”. Non ce ne voglia il neo assessore: lui ha già trovato la tavola apparecchiata. Ma il quadro emerso dall’ultima manovrina da 220 milioni, approvata qualche sera fa dall’Ars, è disarmante. Certo, stupiscono (in negativo) i 300 mila euro destinati al Trapani F.C., neo promosso nel campionato di Serie C di calcio, nel cui organigramma societario svetta la figura del figlio del governatore Schifani, in qualità di general counsel; e i 150 mila euro riservati all’associazione Terzo Millennio, direttamente riconducibile ad Andrea Peria, cioè l’ex sovrintendente della Foss, che ha curato la campagna elettorale per Renato Schifani e che si ritrova tuttora a capo del Corecom, il garante regionale della comunicazione. Queste voci hanno generato proteste (di pancia) perché collegate a personaggi più o meno noti: che siano congiunti o pagnottisti poco importa.

Si calcola, inoltre, che a ogni deputato di maggioranza sia stato “riconosciuto” il corrispettivo di 950 mila euro, a fronte dei 650 mila euro riservati a quelli d’opposizione. Una lottizzazione in piena regola. Ma l’altra faccia della medaglia è che l’unico strumento rimasto in mano alla Regione – inteso come l’insieme di governo e parlamento – per giustificare la propria esistenza in vita, è la mancia. La santissima mancia. Di cui nessuno, oramai, si vergogna a parlare. I contributi erogati dall’Assemblea in assenza di una precisa regolamentazione – una volta c’era la Tabella H – rende ogni sessione finanziaria ghiotta e surreale al tempo stesso. Tutti sanno che da qualche parte, fra le pieghe di un emendamento, si nascondono le marchette più disparate, che avranno un ritorno a livello di consenso per le prossime elezioni, e che magari leniranno le ferite di un particolare gruppo d’interesse (come i produttori dei succhi d’arancia, beneficiari di un regalino da 7 milioni lo scorso febbraio); ma molti fingono di non vedere che il medesimo strumento, applicato a una platea più ampia, finisce per generare una “donazione una tantum” senza che nulla torni indietro in termini di sviluppo alla Sicilia e ai siciliani.

Le misure pensate dal governo, travestite da ristori o bonus, non sono altro che forme di assistenzialismo. Il meccanismo è ben collaudato, come dimostra l’ultima manovra. Come definire i 20 milioni messi a disposizione degli allevatori sotto forma di voucher per l’acquisto di foraggio, se non un tentativo strenuo, e disperato, di placare la loro ira di fronte ai danni milionari provocati dalla siccità? E che dire dei contributi da 200 euro alle famiglie che acquisteranno le lavastoviglie “al fine di contrastare la crisi idrica e promuovere l’uso razionale dell’acqua”? La dotazione complessiva è di 200 mila euro, pertanto ne usufruiranno mille famiglie al massimo. Ogni singola misura, se sviscerata per bene, rivela una mancanza o un difetto pregresso. E si rivela un tentativo – costosissimo – per provare a rimediare a qualcosa che la politica ha tralasciato per anni, come la manutenzione delle reti idriche e dei pozzi.

Il concetto di vision, di pianificazione, di futuro si è rivelato fatale per gli ultimi presidenti. Musumeci ha scaricato la colpa dell’inadeguatezza siciliana sui suoi predecessori, un modellino replicato alla perfezione anche da Schifani. Utilizzando questo alibi – cioè la nullità dei governi degli ultimi vent’anni – hanno trovato una scusa per microinvestimenti che nella maggior parte dei casi serve ad azionare le leva del consenso nei collegi elettorali e la custodia del potere di trattativa politica. Lo ha detto anche Raffaele Lombardo, leader degli Autonomisti, in un’intervista recente: “Mi risultano consiglieri comunali a cui è stato promesso il finanziamento per cambiare partito. E’ una vergogna. Si eviti questo mercato delle mancette che non è degno di una regione a statuto speciale”.

Non sono soltanto mancette, ma anche mance più grosse. Nessuno toglie a Edy Tamajo il merito di essersi guadagnato sul campo 121 mila preferenze (anche se il seggio all’Europarlamento gli è stato sfilato sotto il naso). Ma vi siete chiesti quanti soldi amministra l’assessorato regionale alle Attività produttive? Gli ultimi quattrocentomila euro sono finiti nelle casse del Comune di Palermo per l’organizzazione del Festino di Santa Rosalia: tutti i devoti possono essergli riconoscenti. Ma è lungo, infinito l’elenco dei contributi previsti per le imprese: con l’ultimo Avviso di inizio luglio sono stati messi in palio 68,2 milioni per “sostenere la creazione di nuove infrastrutture di ricerca e l’ampliamento delle esistenti”. La Regione ha finanziato anche dieci proposte progettuali, per 5,6 milioni, per “sviluppare luoghi di innovazione, fisici e virtuali, come incubatori, acceleratori, spazi di co-working, dedicati all’insediamento di nuove imprese”. Con la misura Fare Impresa in Sicilia, curata dall’Irfis, verranno stanziati 26 milioni destinati all’avvio di nuove attività (sono un migliaio le istanze pervenute la scorsa primavera).

Alcune iniziative potrebbero apparire più utili di altre, e talvolta risultare lodevoli. Ma la Regione, spesso, si traveste da missionario e va in soccorso degli enti ammalorati, ad esempio i Consorzi di Bonifica di Enna e di Palermo. Anziché riformare il settore – aspetto di cui si parla da tanti anni – si preferisce intervenire direttamente per pagare gli stipendi dei lavoratori. In questa tornata sono stati impegnati oltre 12 milioni, provocando la reazione di Cateno De Luca: “Avete trasformato il consorzio di Palermo in uno stipendificio – ha detto il leader di Sud chiama Nord -, avete assunto in continuazione e non avete previsto le somme per svolgere poi le attività dei consorzi e tenete a guinzaglio questi lavoratori che sono costretti periodicamente a chiedere il miracolo.  E il miracolo in che cosa consiste? Consiste nel continuare ad avere in interventi straordinari dalla politica per il pagamento degli stipendi. Questa situazione è il frutto di anni di cattiva gestione e di una visione politica miope”. Anche questo è un grido di allarme destinato a cadere nel vuoto. I lavoratori dei Consorzi sono esseri umani e tendono, come tutti, a portare il pane a tavola. Fra l’uovo oggi e la gallina domani, tendenzialmente, scelgono il primo. E sapranno come ricambiare il “favore”.

Nell’ultima manovrina di Schifani, cui ha assistito anche Dagnino, è stato introdotto un nuovo voucher per dare modo ai giovani di frequentare le palestre, sono state destinate risorse per la crisi idrica e l’agricoltura (rimasta senza assessore) e previsti nuovi aiuti per le imprese femminili, giovanili e alle start up. “Abbiamo dato risposta ad alcune delle più pressanti emergenze – ha commentato Schifani -, guardando anche allo sviluppo economico della Sicilia”. Ma quale sviluppo, esattamente? Spargere moneta – l’unica facoltà rimasta ai politici siciliani – non significa pensare alle future generazioni, ma soltanto a se stessi: e quindi viva le sagre, le feste di paese, le fondazioni (come quella del Lago di Pergusa, ormai prosciugato) e le riparazioni delle chiese. Almeno ci resta un luogo in cui pregare.



 

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