Sta finendo un altro anno all’insegna dell’incertezza per uno storico brand italiano che rischia di scomparire: si tratta di La Perla, marchio di lingerie di lusso nato a Bologna e simbolo della qualità del Made in Italy in tutto il mondo.
È una storia travagliata quella del marchio, fatta di passaggi di proprietà, vendite a imprenditori stranieri e finanza speculativa. Oggi, la crisi è più profonda che mai e il suo esito ancora molto incerto.
La lotta delle lavoratrici italiane per preservare il proprio posto di lavoro continua incessante da circa un anno, tra proteste a Bruxelles e presidi dinanzi al ministero delle Imprese e del Made in Italy. La crisi La Perla è complessa e viaggia tra Italia e Regno Unito, in cerca di un nuovo progetto imprenditoriale e industriale in grado di rilanciare questo gioiello della qualità e unicità italiana.
La Perla rischia di scomparire per sempre: la crisi del brand della lingerie di lusso
Parte da lontano la storia di La Perla, le cui origini risalgono al laboratorio artigianale di corsetteria che Ada Masotti fonda a Bologna nel 1954. Il figlio Alberto, insieme alla moglie Olga, prendono in mano l’attività sartoriale e la trasformano nel brand dell’intimo di lusso diventato iconico nel mondo.
La famiglia Masotti dà quindi l’impronta al marchio che oggi conosciamo, conquistando clienti celebri come Claudia Schiffer, Cher, Sharon Stone e facendosi conoscere a livello mondiale come esempio di haute couture italiana nella lingerie.
Nel 2008 arrivano i primi cambiamenti importanti per La Perla. Nel contesto della crisi finanziaria mondiale, l’azienda passa alla società americana di private equity JH Partners, il cui proprietario è il finanziere John Hansen con esperienza nel settore del lusso.
Dopo soli cinque anni segnati da cassa integrazione e difficoltà nelle vendite, nel 2013 l’azienda cambia ancora proprietà e la sua gestione è affidata a Silvio Scaglia (fondatore, tra l’altro, di Fastweb).
L’acquisizione avviene attraverso la holding Pacific Global Management e vale 69 milioni di euro. La sede legale si sposta all’estero per convenienze fiscali, ma anche questo assetto ha vita piuttosto breve.
Nel 2018, infatti, La Perla è venduta alla Sapinda Holding (che diventa Tennor nel 2019). La società olandese ha sede a Londra e fa capo al finanziere tedesco Lars Windhorst, conosciuto più come un procacciatore di affari che come un imprenditore. I suoi investimenti, infatti, spaziano dalle miniere estrattive alle squadre di calcio fino ai cantieri navali e la mancanza di un interesse e di un piano concreto per La Perla mostra i suoi disastrosi frutti.
La produzione della lingerie di lusso a Bologna subisce il colpo della cattiva gestione di Tennor: in cinque anni vengono mandate a casa oltre 1.000 lavoratrici. Per il brand inizia il periodo di crisi più buio, che coinvolge tutte e tre le aziende afferenti al gruppo: La Perla Managment, il quartier generale di Londra; La Perla Manufacturing, progettazione e design di Bologna e La Perla Italia, la rete di vendita al dettaglio.
Nel novembre 2023, la sede di Londra viene messa in liquidazione. La mole di debiti della società madre del marchio costringe anche al congelamento degli stipendi per mesi. Stefania Pisani, sindacalistica della Filctem-Cgil di Bologna, dichiara a inizio 2024, nel pieno della crisi, che: “La strategia di Windhorst è questa: portare le lavoratrici allo stremo per avere mani libere nella cessione del marchio dopo averlo spolpato. L’ennesimo capolavoro di speculazione finanziaria.”
Nel frattempo, l’italiana La Perla Manufacturing passa in amministrazione straordinaria, con l’unica piccola svolta arrivata il 5 settembre 2024, quando i liquidatori britannici di La Perla Global Management UK e i curatori e commissari delle controllate italiane siglano un’intesa provvisoria in un incontro tenuto al Mimit. L’accordo consente la ripresa della produzione e quindi della vendita di lingerie con il marchio La Perla, detenuto dalla casa madre inglese.
Tra gli ostacoli da superare c’è quello della necessità di coordinare procedure diverse, quella inglese e quella italiana, alla luce anche del post-Brexit.
Le trattative non si fermano al ministero italiano delle Imprese e del Made in Italy, anche se finora una concreta soluzione e un piano chiaro per la ripartenza della produzione e della vendita dell’intimo La Perla non ci sono state. Si cerca un imprenditore seriamente interessato a rilevare un’azienda caduta nella trappola della finanza speculativa, più che in una crisi di profitto.
Quale sarà il destino di La Perla
Le ultime novità sulle trattative per la rinascita del marchio risalgono al 22 ottobre, quando al tavolo del ministero delle Imprese e del Made in Italy si sono riuniti le rappresentanze sindacali, del Governo, della Regione Emilia Romagna e della Città Metropolitana di Bologna.
L’obiettivo urgente era raggiungere un protocollo comune a Italia e Regno Unito, con lo scopo di favorire liquidazione e vendita condivisi tra i commissari straordinari curatori di La Perla Italia e i liquidatori inglesi di La Perla Global Management. L’esito della riunione di ottobre è stato, però, ancora una volta negativo lasciando in bilico il destino dell’azienda.
L’unica consolazione, al momento, è di aver riaperto a settembre la produzione a Bologna con circa 50 lavoratrici, dopo la chiusura durante tutta la prima parte del 2024. Per tutti gli altri dipendenti, circa 200, gli ammortizzatori sociali sono in scadenza e il futuro è più incerto che mai.
La crisi di La Perla si sta trasformando nell’ennesimo duro colpo al Made in Italy e all’imprenditorialità di successo italiana.
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