Dieci anni fa ha creato una pagina apripista che oggi conta oltre 170mila followers. Mazzone è stato a Napoli e si è ritrovato da solo nei siti di maggior pregio. «Ho visto una città sfruttata e svilita dalla foodificazione di massa»
Sui social napoletani sta circolando un post arcicondiviso (virale, dal titolo «Napoli, turismo insensato») che sembra scritto da qualsiasi partenopeo che non abbia interessi nel settore alberghiero e che tiene particolarmente alla sua città, anche dotato di una certa cultura e conoscenza degli angoli di Napoli più remoti. E invece lo ha scritto un milanese, o meglio, un giovane di talento trapiantato a Milano che dieci anni fa ha inventato una pagina apripista, «Milano Segreta», di quelle che invitano a scoprire bellezze e fondamenta di casa propria e che oggi conta oltre centosettantamila followers. Si tratta di Angelo Mazzone e facendo lo slalom tra i quartieri di Napoli, tra chiese millenarie e vicoli dei Decumani irrimediabilmente rovinati dalla «foodificazione di massa», ecco cosa scrive.
«Ho passato 6 giorni a Napoli, e mi sento di fare alcune considerazioni da lavoratore nel settore turismo, senza peli sulla lingua. Il turismo a Napoli, fa schifo. È qualcosa di mortificante, sia per la città che per gli abitanti. Il turismo napoletano è ridotto ad un parco giochi dove andare a caccia di qualche personaggio pittoresco da poter fotografare, di un video mentre si beve la famosa “limonata a cosce aperte” mentre il tizio urla, del cantante col mandolino che passa tra i tavoli parlando in dialetto, come in una sorta di zoo, dove i napoletani del centro storico mentre urlano o sfrecciano senza alcuna regola con motorini e auto tra stradine che dovrebbero essere pedonali, sono fenomeni da circo pittoresco da fotografare. Sorvolo sugli innumerevoli palazzi fatiscenti che dovrebbero essere un gioiello, datosi il Patrimonio Unesco, ma che a quanto pare è bello così perché “pittoresco”… così si usa dire. Io non ci vedo nulla di bello, il bello di Napoli è ben altro. Ho visto un turistificio dove tutti sono in coda sì, ma nelle solite 4 o 5 mete più mainstream, pur di dire “ci sono stato, l’ho visto”, giusto per il Cristo Velato e nulla più. Le persone chiedono info su dov’è Sorbillo, il murales di Maradona e a Capodimonte, tra i luoghi più iconici per i capolavori ero solo, idem in altri musei come l‘Archeologico Nazionale, il più bel tripudio di sculture mai visto in vita mia».
«Tutto si riduce – continua Mazzone – a mangiare una pizza, un babbà e a un paio di siti culturali. Il famoso bar Poppella col suo “fiocco di neve” aveva più coda del Monte di Pietà dal Caravaggio. Non vi è alcuna voglia di ricerca del bello, di uscire da questi schemi, di scoprire la vera essenza della città che non è per nulla pizza, “limonata a cosce aperte” e Cristo Velato solo perché è il più famoso, ma tutt’altro… Sono stato per esempio tra i tanti luoghi alla Farmacia degli Incurabili, luogo storico assurdo! Ero da solo. La signora addirittura era stupita ci fosse un visitatore all’interno del Museo delle Arti Sanitarie (un patrimonio incredibile della storia della medicina italiana). Nell’ultimo report delle associazioni delle agenzie di viaggio, il murales dedicato a Diego Armando Maradona ai Quartieri Spagnoli è stato il secondo sito d’interesse più visitato in Italia. Secondo le stime, sono stati oltre 6 milioni i visitatori arrivati fino al largo dedicato al Pibe de Oro, più di quelli entrati agli Scavi di Pompei o alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Via dei Tribunali era un tempo sede di botteghe storiche, piccole librerie e artigiani che hanno lasciato spazio a centinaia di friggitorie, pizzerie e limonate varie in un vortice infernale. Interi quartieri ridotti ad una mangiatoia per turisti, con cibi e odori ovunque».
E qui Mazzone conia un termine, che spiega come mai un turista paghi un pizza a portafoglio tre o quattro volte il suo prezzo invece di visitare una chiesa magari con la stessa somma: la «foodificazione di massa. L’ossessione per il cibo e le tradizioni culinarie ancor prima che un Caravaggio o un Bernini. Una città “fritta”, che è culla d’arte, e che non dovrebbe abbandonarsi a questo tipo di turismo. Ma questo tipo di turismo non è solo napoletano. A Lecce ho visto lo stesso turismo come a Roma. Sono i tempi che oramai sono brutti, poco interesse per l’arte e troppo per il cibo. Forse, a Milano ancora ci salviamo perché la cucina meneghina non è proprio famosa per lo street food né lo prevede.Tempi sempre più bui per arte/cultura in generale. L’odore di fritto si sente e si spiega anche con il fatto che diversi locali non hanno cappe a norma, addossati l’uno all’altro a centinaia per accogliere la richiesta ossessiva del cibo. Ho visto una città stuprata, sfruttata, svilita. E spero che le cose possano cambiare. Grazie».
Raggiungiamo il Ceo di «Milano Segreta» per fargli due domande.
Angelo sei evidentemente un milanese doc ma in realtà hai un nome cognome beneventani, lo sai?
«Lo so bene, in realtà siamo in tanti di Mazzone ma in Puglia, sono arrivato a Milano vent’anni fa e mi occupavo di tutt’altro, di vendite nel settore moda e sono stato catapultato nel settore turistico, oggi mi occupo con storici dell’arte di visite guidate. Milano Segreta era nata come una semplice pagina per far scoprire altri luoghi di Milano che non fossero Duomo e Castello e gli storici mi hanno avvicinato credendo in un vero e proprio progetto. Sono da sempre appassionato d’arte e Storia, ma i miei studi sono tutt’altro, c’è una azienda familiare di florovivaismo ma ho sempre coltivato le mie passioni».
In molti di primo acchito hanno creduto che fosse un colto napoletano a scrivere il tuo post, in città crescono movimenti e preoccupazioni dal diritto alla casa alla sicurezza. In alcune strade nemmeno si riesce a camminare e qualche volta diventa davvero pericoloso.
«Immagino adesso sotto le feste, io ci sono stato la settimana scorsa e via dei Tribunali era cosi, non oso immaginare a Natale ma il problema sta riguardando tute le grandi città, la stessa Milano, Roma col Giubileo, spero saranno in grado di gestirlo. Leggevo di Pompei, delle limitazioni agli ingressi come si sta facendo anche Venezia. Napoli ha un grosso problema perché vi sbarcano anche navi da crociera e vedi queste fiumane che si riversano nella città come cavallette, in queste vie storiche che quasi hanno perso ogni tradizione artigiana per diventare mangiatoie a cielo aperto con centinaia di friggitorie e ristoranti, non si capisce nemmeno dove finisce il tavolo di uno e comincia quello dell’altro, credo che la cosa stia sfuggendo di mano».
E’ un atto d’amore per Napoli il tuo, sulla tua pagina prima scrivi che “Milano non è come Napoli, la bellezza a Milano la devi andare a cercare”. Poi ti sconvolge l’arrivo a Napoli e parli di città stuprata.
«Ci sono stato sei giorni e non due o tre come nella media, mi sono fatto un’idea anche parlando con colleghi che su Napoli svolgono lo stesso lavoro di guide turistiche: si è ridotta l’immagine di Napoli, città millenaria, a qualcosa di prettamente folkloristico cioè il murale di Maradona, il pregiudicato ai domiciliari che ti fa la serenata al balconcino… ma che roba è? Si è ridotto tutto ad un folklore grottesco. L’immagine di Napoli torna ad essere associata a pizza e mandolino e poi rimproveriamo gli americani che ci vedono così, ma cosa facciamo per far emergere una cultura e testimonianze dalla notte dei tempi?».
Che ne pensi della precarietà di chi si laurea e specializza nei beni culturali, poi finisce per fare pure lodevoli iniziative come la tua ma senza larghe prospettive?
«E’ un disastro e il mercato è una giungla, su Milano è da anni che non si aprono bandi regionali per poter accedere al patentino di guida, a Napoli ho visto molti abusivi senza il patentino appeso al collo, sono i famigerati free tour che tolgono i clienti magari chi ha studiato tanto o si è abilitato. Accalappiano i turisti come i portagente davanti ai ristoranti. E tornando al cibo piuttosto penso alla mega cena organizzata dagli operatori turistici questa estate sul lungomare di Polignano a Mare, dove sono arrivate persone da tutto il mondo “per assaporare la Puglia”: ma vogliamo dare un’altra idea dell’Italia?».
Come difendersi da questa gentrificazione ignorante? Hai già notato la svolta di Pompei, con ingressi contati e biglietti nominativi. E ancora, perché ad esempio l’Archeologico, che pure era in cima alle classifiche mondiali per promozione e rilancio quando c’era Giulierini, torna a svuotarsi?
«Non posso avere una ricetta sulla gentrificazione, che interessa tutte le cittá nessuna esclusa purtroppo, mi intendo solo di turismo. E riguardo a questo, in Italia chi gestisce la promozione dei siti culturali lo fa in maniera obsoleta e stantia, con un approccio datato alla cultura e all’arte che non convince i giovani. Esistono soprattutto all’estero musei diventati virali sui social con battute, video curiosi, dinamici, freschi o irriverenti. Se da un lato i social vengono demonizzati dall’altro possono essere una grossa vetrina per promuovere l’arte “a portata di social” senza risultare noiosi. Vedasi il caso della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma, tutti in fila per il selfie da scattarsi sotto la sua bellissima volta affrescata da Andrea Pozzo, diventata virale su Instagram. Si è vero, vanno magari per scattarsi solo una foto ma intanto hanno imparato il nome di una chiesa o di un artista, hanno ammirato arte e hanno fatto la fila per questa anziché mettersi in coda per mangiare una pizza. Per alcuni sarà finita lì, per altri sarà uno stimolo una volta tornati a casa per fare una ricerca su quegli affreschi e sull’artista, anche solo su Google. A Napoli a parte il Cristo Velato e Napoli Sotterranea, non ho visto assolutamente promozione. Cappella San Severo ci sa fare, attraggono anche con performance e sono attivi sui social. Il resto zero! Di questo abbiamo bisogno, di persone che sappiano fare marketing con l’arte, e attenzione, non è una cosa facile. E non so cosa sia successo all’Archeologico di Napoli, so che ci sono andato di domenica ed ero solo ad ammirare collezioni di sculture che neanche a Roma ho mai visto e devo dire che la cosa mi ha sconvolto. Tra l’altro gli unici siti culturali con le file erano appunto Cappella San Severo e Napoli Sotterranea, ma nella stessa strada c’è un Caravaggio, solo, e fuori il mondo intero che mangia».
Ci tornerai a Napoli ovviamente ?
«Sicuramente sì, in realtà ci ho vissuto prima di trasferirmi a Milano. Devo dire sinceramente che mi ricordo alcuni quartieri molto più problematici di oggi, ai Quartieri Spagnoli ad esempio non potevo entrare con lo scooter indossando il casco, mi fermavano chiedendomi di toglierlo. Ma c’è ancora tanto da fare. Napoli ovviamente mi è piaciuta per certi versi ma è questo genere di assalto turistico che mi ha sconvolto, tuttavia spero di tornarci perché molte cose non sono riuscito a vederle nemmeno in una settimana. E Napoli ha veramente tanto».
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