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TRENTO. La Federazione medie piccole imprese (Fmpi) del Trentino-Alto Adige denuncia “l’effetto boomerang del superbonus”. In ginocchio, secondo quanto riferisce la Fmpi, ci sarebbero centinaia di aziende edili trentine e altoatesine con milioni di euro di crediti nel cassetto, ma senza liquidità immediata.

“Negli ultimi anni il superbonus 110% ha rappresentato un’opportunità straordinaria per il settore edile, promettendo un significativo rilancio attraverso la riqualificazione energetica degli edifici. Tuttavia, nonostante le buone intenzioni, moltissime aziende trentine e altoatesine (e italiane in generale) si trovano ora in una situazione critica con milioni di euro di crediti nel cassetto, ma senza liquidità immediata”, spiega Salvatore Grimaldi, responsabile regionale Fmpi.

“Questa catena di problemi – prosegue Grimaldi – non solo mette a rischio la sopravvivenza di numerose imprese, ma ha anche ripercussioni dirette sulle loro relazioni commerciali e sulla reputazione finanziaria. Molte imprese infatti, hanno investito tempo, risorse e risparmi nel superbonus, ma la lentezza burocratica e le difficoltà nella cessione dei crediti d’imposta hanno generato ritardi nei pagamenti. Questi mancati incassi stanno avendo un impatto devastante sulla liquidità, costringendo gli imprenditori a rivedere le loro strategie operative e, in alcuni casi, a sospendere le proprie attività”.

Per Fmpi, conclude Grimaldi, “servono politiche di sostegno mirate, come la semplificazione burocratica per le cessioni di crediti e controlli più rigorosi. Affrontare questa situazione è cruciale per garantire un futuro sostenibile alle aziende del settore edile e per evitare un’ulteriore crisi senza precedenti. La salvaguardia di questo comparto è fondamentale non solo per l’economia italiana, ma anche per il benessere di milioni di lavoratori e famiglie”.

Le novità restrittive sui crediti sono state introdotte dopo l’adozione della riforma contenuta nel decreto legge di marzo 2024 e convertita in legge a maggio.

La principale novità è che le spese per il Superbonus sostenute dal primo gennaio 2024 (ora al 70% e nel 2025 scenderà al 65%) potranno essere portate in detrazione in 10 anni anziché in 4: in ballo c’è un ammontare di detrazioni fruibili di quasi 12 miliardi tra il 2024 e il 2025.

Viene allungata a 10 anni (dagli attuali 5) anche la detraibilità per il sismabonus e il bonus barriere. Quello che cambia per le banche è che dal 2025 tutti gli istituti finanziari non potranno più compensare i crediti del superbonus con debiti previdenziali, assistenziali e i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, pena il recupero del credito con interessi e una sanzione.

Per Eurostat, che si è espressa il mese scorso, il superbonus maturato dopo l’adozione della riforma, va “registrato nei conti pubblici come credito d’imposta non pagabile nel 2024”, salvo per le eccezioni previste dalla legge.

Lo si legge nel parere inviato all’Istat sulla contabilizzazione dei crediti. Confermata invece la classificazione come “credito di imposta dovuto” per il Superbonus attivato negli anni 2020-2023. Si deduce quindi che per gli anni passati l’effetto sul deficit rimarrà concentrato negli anni stessi di attivazione del credito, mentre a partire dall’adozione delle ultime norme l’impatto del Superbonus sull’indebitamento sarà spalmato negli anni successivi. 



 

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