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Tra i tanti Festival (dall’economia alla letteratura, dalla filosofia alle patate) non sorprende che ci sia spazio per un Festival del Medioevo.

Forse sorprende di più il titolo che quest’anno è stato dato alla decima edizione di questo evento che si svolgerà a Gubbio dal 25 al 29 settembre: “Secoli di luce”. Ma come? Si è sempre parlato di secoli bui, di spirito medioevale per indicare giudizi negativi, di un periodo contrassegnato da ingiustizie e prevaricazioni, dal potere dei prìncipi e dalle incursioni dei barbari.



A questa visione hanno certamente contribuito alcuni manuali di storia desiderosi di magnificare da una parte le grandi civiltà greca e romana e dall’altra un’epoca moderna con la vittoria della ragione e la rivoluzione industriale. Salvo poi scoprire, guardando con un minimo di attenzione, che nella storia dell’uomo sono sempre esistite, e purtroppo esistono tuttora, le guerre, le epidemie, le violenze del potere, le ingiustizie sociali.



Il Medioevo allora come “Secoli di luce” perché, come sottolinea il programma del Festival, è stato “un lungo tempo di innovazioni e trasformazioni, e di continui ‘rinascimenti’ in tutti i campi del sapere, dall’arte alla politica, dalle istituzioni pubbliche alla vita quotidiana. Mille e più anni di grandi viaggi, pellegrinaggi e commerci fra mondi lontani e diversi caratterizzati da una miriade di innovazioni e scoperte”. Ne sono dimostrazione non solo le grandi cattedrali e le magistrali trasformazioni generate dal monachesimo, ma anche le università, le banche, le istituzioni. Così come si può, e si deve, guardare al Medioevo come un’età di grandi viaggi, nonostante la precarietà delle strade e l’esiguità dei mezzi a disposizione. Eppure i pellegrinaggi, così come i commerci, hanno unito popoli diversi, fatto conoscere arti e mestieri, posto le basi per quella che enfaticamente è stata chiamata globalizzazione.



E allora vale la pena scoprire un Medioevo viaggiando non solo nella storia, ma anche riscoprendo i segni che in questa nostra Europa ancora ci possono parlare di un’età tutt’altro che buia. È quanto hanno fatto, in sella alle loro biciclette, due giornalisti che hanno tracciato e percorso una via inedita da Assisi a Bruges, 33 tappe per 2.315 km. Roberto Antonini, a lungo responsabile dei programmi culturali della Rete Due della Radio della Svizzera italiana, e Antonio Ferretti, ciclista professionista prima di diventare giornalista sportivo per la stessa Rsi, uniti dall’amore per la storia, la cultura e i viaggi, hanno fortunatamente voluto lasciare una testimonianza della loro fatica. Ne è nato un libro (Roberto Antonini e Antonio Ferretti, Viaggio nel Medioevo. In bicicletta attraverso l’Europa delle meraviglie, Salvioni, 2024) con prefazione di Marta Morazzoni e introduzione di Federico Fioravanti, inventore e animatore di quel Festival di Gubbio da cui ha preso avvio questa recensione.

Un libro che è insieme un manuale di storia, una guida di viaggio, un racconto appassionato di un’esperienza di vita. Da Assisi, la città di Francesco, il santo simbolo della cristianità, a Bruges, capitale delle operose Fiandre, il cui centro storico medioevale è patrimonio dell’umanità. Un itinerario che permette di incontrare cattedrali e castelli, monasteri e palazzi, segni di un cammino di una civiltà che ha ancora tanto da insegnare. E anche segni di un intreccio tra fede e cultura, tra devozione e vita quotidiana, tra grandi personaggi e uomini semplici in una continua contaminazione tra ideali, valori ed esperienze.

Nel libro ci sono tutte le informazioni per chi voglia, anche solo in parte, ri-pedalare su questo itinerario, Per ogni tappa, oltre a illustrazioni e una sintetica cartina, c’è anche un Qr code che permette di scoprire i particolari delle diverse strade. Ma quello che emerge con maggior forza è la ricerca per far venire al lettore la voglia di scoprire, la curiosità per far riemergere un passato nascosto, la volontà di non fermarsi alle apparenze superficiali. Magari anche uscendo dall’itinerario e facendo una salita in più, come quella per la splendida, quanto nascosta, chiesa romanica di Negrentino, in val di Blenio poco oltre Bellinzona. Solo un esempio tra i mille di questo libro, un libro che è una delle migliori introduzioni ai “secoli di luce”.

 

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