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ANCONA L’interporto prova ad espandersi, ma le velleità della società gestore dell’infrastruttura si infrangono contro il no secco di Svem (partecipata al 100% dalla Regione, che detiene oltre il 96% delle quote di Interporto Spa) su mandato proprio di Palazzo Raffaello. E così, il piano industriale 2025/2029 che avrebbe dovuto dettare le linee di sviluppo dopo un risanamento lacrime e sangue, finisce in stallo e viene approvato solo in parte dall’assemblea dei soci. Una battuta d’arresto per quello che – nei piani della giunta Acquaroli – dovrebbe diventare il cuore della piattaforma logistica (composta anche da porto e aeroporto) per la movimentazione delle merci. Il cortocircuito si è consumato lo scorso giovedì, giorno stabilito per la discussione del piano in assemblea.

La dinamica

Il vertice era stato preceduto da una nota della Regione – a firma del dirigente del dipartimento Infrastrutture Goffi – con cui si tirava già il freno a mano: «Al fine di scongiurare l’assunzione di rischi di natura imprenditoriali sia a carico di Interporto Marche Spa, sia di Svem Srl, sia di Regione Marche, è indispensabile che il nuovo piano industriale dia priorità al completamento degli investimenti infrastrutturali nelle aree già di proprietà di Interporto Marche Spa, anche allo scopo di garantire la piena coerenza con l’operazione di risanamento». Poi il monito: «In via generale si ricorda che gli investimenti debbono essere esclusivamente vincolati a quelli di natura logistica senza ricomprenderne altri e garantire la piena sostenibilità finanziaria». Una precisazione dovuta al fatto che uno dei punti del piano contempla l’ipotesi di acquisizione dei terreni dell’ex Sadam, il fu zuccherificio nei pressi di via Coppetella. Una superficie complessiva di 421.717 mq per acquisire la quale Interporto ha stimato «un esborso di 2,9 milioni nel corso del 2024 e l’accensione nello stesso anno di un finanziamento oneroso (mutuo) di 2,5 milioni con durata 6 anni e tasso al 5,5%», si legge nel piano. Mossa considerata troppo azzardata dalla Regione, che per evitare il default di Interporto, nel 2021 ha dovuto sborsare 8 milioni di euro. Così, dà mandato al suo braccio operativo Svem (partecipata al 100% di Palazzo Raffaello che rappresenta il socio di maggioranza di Interporto spa con il 96,7% delle quote) di mettere dei paletti a garanzia delle casse pubbliche. All’assemblea di giovedì, dopo la presentazione del piano da parte del presidente di Interporto Massimo Stronati, il presidente di Svem Andrea Santori ha dunque espresso le perplessità del Palazzo: «Il piano industriale di crescita, centrato però solo sull’acquisto dell’ex area Sadam, non deve essere finanziato con risorse di fonte esterna ma esclusivamente con risorse proprie», si legge nel verbale della seduta. E chiede, se necessario, «di presentare un nuovo piano, specificando le necessità finanziare destinate all’ordinaria amministrazione e quelle destinate agli investimenti». Santori ribadisce poi «la necessità di escludere l’intervento del finanziamento bancario, anche nel rispetto delle prescrizioni della Corte dei Conti», che ogni anno bacchetta la Regione proprio sulla gestione delle risorse all’Interporto. Una posizione, quella di Santori, sostenuta anche dal presidente del collegio sindacale Albonetti. Al cda di Interporto non è rimasto che prendere atto degli scudi levati. E all’assemblea dei soci non approvare quella parte del piano. Nell’idea di Stronati&co, la nuova area sarebbe servita a realizzare magazzini e nuovi piazzali. Ma i sogni di gloria sono stati ridimensionati: sì alla realizzazione di due nuovi binari e allo sviluppo dell’intermodalità; no ad operazioni che potrebbero mettere a rischio i conti così faticosamente risanati. Anche a costo di uno sviluppo a metà.



 

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