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Convertire ad uso abitativo parti comuni esistenti comporta aumento di carico urbanistico

Negli interventi di recupero e riqualificazione degli edifici si devono distinguere le varie tipologie di superfici accessorie da quelle primarie: ciò diviene essenziale per quantificare le volumetrie e superfici ai fini urbanistici, e per versare il contributo di costruzione.

La questione diventa di vitale importanza quando si effettuano interventi che coinvolgono più unità immobiliari, o addirittura quando si opera sull’intero edificio, rendendo superfluo mantenere certe parti a comune tra singole unità immobiliari. Pensiamo al caso di una piccola palazzina a due piani fuori terra, in cui l’accesso agli appartamenti superiori venga spostato dalla scala interna ad una scala/ballatoio esterni esistenti: la volumetria del vano scala interno diventa recuperabile ad uso abitativo, ad esempio interponendo un nuovo solaio per tagliarlo orizzontalmente e accorparlo alle unità adiacenti.

Tuttavia questo intervento edilizio comporta creazione di volumetria o superficie utile “per la prima volta”, e contestuale conversione funzionale di spazi comuni a servizio di altre unità, e pertanto di riqualificazione volumetrica in senso urbanistico. E di conseguenza, creazione di superficie utile lorda ai fini urbanistici e di dimensionamento delle urbanizzazioni necessarie.

Interventi simili comportano innegabilmente l’insediamento di un maggior numero di persone, con conseguente necessità di un più intenso utilizzo delle urbanizzazioni esistenti: ciò configura intervento comportante aumento di carico urbanistico, e pertanto in linea generale diviene assoggettato a permesso di costruire, fatto salva diversa disposizione regionale (art. 10 c.2 e c.3 del D.P.R. 380/01).

Sul blog ho riportato anche altre casistiche di interventi che comportano incremento di carico rientranti in permesso di costruire, anche senza realizzare fisicamente nuovi ampliamenti e parti costruttive fuori sagoma:

Detto ciò, quando si convertono ad altre funzioni le parti comuni di edifici condominiali, oppure a servizio accessorio o pertinenziale di altre unità immobiliari autonome, è opportuno verificare se comporti aumento di superfici o volumi ai fini urbanistici. Generalmente le parti a comune configurano fin dall’origine spazi ad uso accessorio, di servizio o pertinenziale verso le singole unità, pertanto conviene riportare l’elenco delle parti a comune previsto dall’articolo 1117 del Codice Civile:

«Art. 1117. – (Parti comuni dell’edificio).
Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:
1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche».

Nel Regolamento Edilizio Tipo nazionale 2016 le anzidette parti comuni sono classificate come superfici accessorie, espressamente escluse dalle superfici utili, e alla voce n.15 del suo Allegato A viene espressamente stabilito che:

• le parti comuni, quali i locali di servizio condominiale in genere, i depositi, gli spazi comuni di collegamento orizzontale, come ballatoi o corridoi. Gli spazi comuni di collegamento verticale e gli androni condominiali sono esclusi dal computo sia della superficie accessoria sia della superficie utile.

Concludendo, rendere abitabili spazi accessori in edifici esistenti, come anche le parti comuni, comporta aumento di carico urbanistico e richiede Permesso di Costruire (salvo norme regionali).

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